Uscita dalla fase emergenziale della pandemia l'industria del Turismo ha ritrovato i numeri positivi che la caratterizzavano precedentemente ma, insieme a questi, anche le criticità che interessavano il settore già prima del 2020 e che la crisi sanitaria aveva acuito: precarietà, lavoro grigio e nero, condizioni insostenibili e mancanza di un adeguato sostegno nei periodi di pausa dal lavoro resi necessari dalla sua cadenza stagionale.
Ma proprio nel momento in cui il Turismo avrebbe bisogno di un ulteriore supporto per tornare solidamente all'efficienza pre-pandemica, rafforzando gli strumenti che permettono di sostenere il lavoro regolare e di combattere la forte percentuale - circa il 70% - di reclutamento irregolare, il nuovo Governo manifesta l'intenzione opposta, con il progetto di portare la Naspi al di sotto del 50% del periodo di lavoro.
Una scelta che non solo non va nella direzione di una maggiore, auspicata, stabilità, ma che va a colpire le fasce più deboli della filiera turistica, le lavoratrici e i lavoratori stagionali, consegnandoli ancora una volta alla prospettiva di una sussistenza intermittente e al rischio di cadere più facilmente nelle maglie di una regolarizzazione parziale, della contrattazione pirata o della totale assenza di contratto.
L'indennità Naspi ha bisogno di una riforma di segno opposto, che vada a migliorarla, e la manodopera stagionale ha bisogno di maggiori tutele e non di vedere assottigliarsi quelle di cui dispone adesso. E non può essere certo la riduzione dell'ammortizzatore a risolvere il problema della penuria di professionalità richieste dal settore che ha caratterizzato l'ultima stagione lavorativa.
“Occorre, e lo diciamo da tempo, una riforma degli ammortizzatori sociali, Naspi compresa, che tenga conto delle peculiarità del Turismo, – afferma Fabrizio Russo, segretario Filcams Cgil Nazionale – ampliandoli semmai e dando il prima possibile un sostegno adeguato ai lavoratori della filiera turistica. L’ultima modifica apportata alla Naspi è una delle cause dell’impoverimento lavorativo di questo settore: l’ulteriore restrizione dello strumento significherebbe arrestare non solo la ripresa del turismo ma impedirne lo sviluppo.”
Ancora una volta la Filcams Cgil si trova a constatare come l'industria turistica non goda della considerazione che una risorsa così importante per l'economia del paese meriterebbe, e sollecita istituzioni e politica a valutare con la necessaria attenzione le ricadute negative che un tale provvedimento avrebbe in un settore che sta riprendendo quota adesso, dopo una crisi di proporzioni inedite e straordinarie.
“Il lavoro nel Turismo è destinato a crescere, per effetto dell’espansione della domanda, e dovrà crescere soprattutto in qualità – prosegue Russo – Questo vuol dire superare un modello occupazionale non più sostenibile e mettere al centro il lavoro, la qualità dell’occupazione e la sostenibilità delle condizioni di chi opera nella filiera turistica. Per raggiungere questo obiettivo sono necessari strumenti di sviluppo, politiche attive del lavoro, riqualificazione mirata e nuova impresa. Chiediamo quindi, anche alla neo ministra per il Turismo, di attivare un piano straordinario, con politiche di settore concrete, che più che alla promozione guardi alla programmazione, alla formazione, alla legalità e ad un sistema di ammortizzatori sociali che sia veramente di sostegno per le lavoratrici e i lavoratori del settore.”
Fondamentale, in questo scenario, il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro dei diversi comparti del settore. Un rinnovo che tenga conto di tre direttrici fondamentali: professionalità, competenze e appetibilità del settore, per i lavoratori e per i turisti. E’ questa la via da percorrere per sconfiggere precarietà, sommerso e conseguente abbandono del settore da parte dei lavoratori, stanchi di vedere sottopagata la loro professionalità, il loro lavoro.