Roma 27-28 novembre 2002/ Direttivo nazionale FILCAMS
Traccia della relazione di Marinella Meschieri, Segreteria Nazionale FILCAMS CGIL
Siamo in piena stagione contrattuale.
Nell’ultimo anno e mezzo, sono stati siglati i contratti nazionali degli Agenti Immobiliari; Sostentamento per il Clero, Studi Professionali e Amministratori di condominio.
E’ stato appena chiuso il CCNL Farmacie Private che coinvolge in Italia 16.000 imprese e riguarda 35.000 dipendenti.
Da qualche tempo, invece, sono aperti i tavoli per il rinnovo del CCNL turismo. Le trattative, già difficili in partenza, si sono nel tempo ulteriormente complicate, tanto è che è stato dichiarato lo sciopero nazionale per il 6 dicembre. (di questo parlerà dettagliatamente Caravella).
E ancora, stiamo predisponendo le piattaforma per il rinnovo CCNL Portieri e Terziario privato e cooperativo.
Il rinnovo dei contratti, si colloca all’interno di un complesso quadro economico, politico e sindacale.
Intanto, gli attuali rapporti tra le confederazioni sindacali, com’è del tutto evidente, non aiutano a creare condizioni ottimali per la riuscita dei tavoli: l’accordo separato prima sui contratti a termine al quale è seguita una legge e il patto per l’Italia sono elememti forti di divisione.
Come se non bastasse, siamo in presenza di un quadro legislativo in movimento – che non da certezze. Ad esempio la legge delega sul mercato del lavoro stravolgerà le regole che conosciamo.
Per giunta, il quadro congiunturale mondiale-europeo evidenzia una dinamica di stagnazione dello sviluppo. Grazie alle politiche del governo, l’Italia è la nazione che sta “peggio”.
Si avvertono inequivocabili segni di crisi: la recessione è dietro l’angolo. In passato, il calo dell’occupazione dell’industria era compensato dall’aumento degli occupati nei servizi. Oggi assistiamo ad un’inversione di tendenza.
Da Giugno si moltiplicano le richieste d’apertura di procedure di mobilità nazionali, alle quali si aggiungono decine e decine di procedure ex art. 47 che al momento non presentano esuberi, ma che in prospettiva potrebbero avere ricadute negative.
A luglio i dati per l’occupazione parlavano già chiaro: nel settore industriale 28.000 unità in meno rispetto allo stesso mese del 2001. Un calo era registrato anche nei servizi (- 3.300). E anche la new-economy, miraggio di molti economisti, dopo un primo momento di “ebbrezza” ha svelato un volto deludente (Matrix e non solo).
Oggi, con la vicenda Fiat, oggi sono a rischio 50.000 lavoratrici e lavoratori.
Contemporaneamente, nella nostra categoria, 1.500 lavoratori occupati in Puglia, Calabria e Sicilia presso la società CEDI-PUGLIA e controllate- rischiano di trovarsi senza lavoro.
L’azienda ha aperto la procedura di mobilità, noi abbiamo chiesto l’utilizzo della cassa integrazione e sono in corso incontri con possibili acquirenti.
A questi si aggiungono 15.000 LSU + 1.000 collaboratori exLsu-Ata, impiegati a vario titolo nelle scuole, ai quali arriverà la lettera di licenziamento nelle prossime settimane.
Questi lavoratori hanno rinunciato al sussidio, seppur scarso ma garantito, per giocarsi l’opportunità di essere inseriti realmente nel mondo del lavoro.
La loro prospettiva, oggi, è quella del licenziamento senza cassa integrazione, perché il settore (come altri dei nostri) non la prevede.
Nonostante il governo avesse assicurato la copertura economica, la finanziaria non stanzia le risorse necessarie: 300 milioni circa di euro per il 2003. Dal primo di gennaio, quindi, l’intero settore delle pulizie in appalto nelle scuole, sarà cancellato.
Le organizzazioni sindacali e i lavoratori si sono mobilitati. Ieri e oggi sono stati organizzati presidi a Roma cui seguirà la manifestazione nazionale del 9 dicembre.
Il quadro diventa davvero preoccupante se si considera che questi lavoratori sono collocati nel Lazio e nelle regioni del sud del Paese.
Insomma, le politiche di questo governo rischiano di consegnare intere regioni dell’Italia a un destino di disoccupazione e povertà e generare problemi anche di ordine sociale (vedi Termini Imprese): di fronte alla disperazione non sempre la ragione prevale.
Lo sviluppo del paese, in particolare del mezzogiorno, sono i temi al centro dell’iniziativa della Cgil.
Venerdì, a Napoli, si terrà la conferenza per il mezzogiorno, per lo sviluppo, per una nuova polita industriale.
Sabato si svolgerà sempre a Napoli, la manifestazione nazionale, alla quale tutti dobbiamo partecipare.
Partecipare oggi ha un valore non solo rivendicativo: non saremo là solo per chiedere politiche in grado di garantire un reale sviluppo economico, ma anche per ribadire che l’Italia è una e indivisibile e che siamo contro la devoluzione così come proposta dal governo.
La finanziaria 2003 apparentemente agevola i redditi più bassi, in realtà colpisce tutti perché colpisce lo stato sociale con i tagli previsti per le regioni e i comuni.
Il patto per l’Italia regge sempre meno. Confesercenti in modo abbastanza esplicito comincia prendere le distanze, le fa eco Confcommercio.
Confindustria, CISL e UIL sempre più spesso chiedono conto al Governo. Inutile dire: l’avevamo detto.
Le opinioni della CGIL sono ampiamente conosciute e non le riprendo per ragioni di tempo.
Il quadro macroeconomico nel quale la finanziaria si incardina conferma lo stato di crisi dei conti pubblici e degli andamenti economici: si presume una crescita attorno allo 0% a fronte di una previsione della finanziaria 2002 del 2,3% e del DPEF del 3,1%.
Il deficit sul PIL sale al 2,2, % rispetto ad una previsione dello 0,5%.
L’inflazione è salita al 2,7% (vedremo la chiusura a fine anno) contro quella programmato all’1,4%.
Mancano nella manovra serie interventi a sostegno della domanda in grado di favorire la ripresa dei consumi che sono in caduta.
Non a caso Billè e Venturi sono “arrabbiati”. I prezzi secondo le stime coop, prevedono una media di incremento per il 2002 intorno al 2,9% e una crescita dei prezzi nell’alimentare del 3,7%.
Sullo sfondo una probabile guerra con le conseguenze relative in termini di vite umane e i riflessi che si avranno in materia di prezzi petroliferi, che appesantiranno ulteriormente il dato economico.
Per la prima volta dal 1993 la spesa degli italiani nel suo complesso è in flessione. Tengono le vendite nell’alimentare (+ 2.4%) e ristorazione (+3%), sono in netta caduta le spese, l’elettronica (-0,8%), la profumeria (-0,7%) l’abbigliamento, elettrodomestici.
La grande distribuzione è riuscita a conseguire una crescita apprezzabile (+3,4%). Per le micro imprese flessione (-1,7%).
Nell’ambito della GDO i risultati migliori sono stati conseguiti dagli hard discount (+4,75%), seguiti dai SMK (+4%) e iper (+3,4%). Se questo trend sarà confermato, la crescita complessiva delle famiglie per quest’anno sarà vicina allo zero.
Alla flessione dei consumi si aggiunge una diminuzione della crescita delle nuove attività commerciali. Nel 2001 il saldo tra aperture e cancellazioni è stato positivo con 8.500 nuove imprese. Il 2002 dovrebbe rimanere attivo ma in misura più contenuta rispetto allo scorso anno.
Il settore distributiva sta attraversando una fase evolutiva ormai costante determinata, da un lato dalla riforma del commercio (liberalizzazione delle licenza, legge Bersani) e, dall’altro, da processi di fusione, concentrazione, acquisizioni.
Stanno cambiando formule e format distributivi; si stanno trasformando le tecniche di vendita introdotte dalle nuove tecnologie, dell’informazione e comunicazione.
Intervengono variazioni nelle centrali di acquisto: alcune hanno carattere internazionale (carrefour), altre in forma associativa (accordo coop/conad, Intermedia, Finiper, ecc.).
Le variazioni intervenute dal 1997 al 1.1.2001
STRUTTURA 19971.1.201
GRANDI MAG.9041.072+ 16,8%
SUPERMERCATI5.4496.413+ 17,7%
IPERMERCATI240349+ 45.4%
TOTALE6.5937.834+ 18,8%
CASCH &.C.283* mancano dati di raffronto
I CENTRI COMMERCIALI
Area19992001
Nord-ovest171198
Nord-est150157
Centro 94109
Sud5873
Totale473537+ 13,5%
Il 66,6% dei centri commerciali è collocato al Nord, il 20% nelle regioni centrali e il 14% al Sud. Il 22% si colloca nella fascia sino a 5.000 mq, il 32,6% tra 5/10.000 mq., il 28,7% tra 10/20.000 mq. mentre i centri di grandi dimensioni con oltre 20.000 mq superano di poco il 16%.
Il censimento 2001 (che mette insieme: commercio, manutenzione e riparazione di autoveicoli e motocicli; commercio all'ingrosso e intermediari del commercio; commercio al dettaglio alimentare e non in sede fissa; commercio per corrispondenza; commercio ambulante (su aree pubbliche); riparazioni di beni), ha rilevato 1.334.791 unità locali e oltre tre milioni e 300 addetti e ha registrato rispetto al 1991 un calo delle unità locali del 3.2% a fronte di un lieve aumento degli addetti pari allo 0,9%.
Le unità locali sono particolarmente concentrate nell’Italia nord occidentale (26.4%) che vede occupato il 31% degli addetti del settore, rispetto al 19.7% del nord est, al 20,6% del centro e al 33,4% delle regioni meridionali (le quali si caratterizzano per la presenza di imprese di piccole dimensioni).
Mentre nel nord si registra un calo delle imprese e contemporaneamente un aumento dell’occupazione, nel sud diminuiscono sia le imprese che gli addetti.
L’andamento del nord e in parte del centro è connesso alla profonda ristrutturazione del sistema distributivo che ha visto la chiusura di piccoli esercizi commerciali a favore di aperture di strutture di grandi e medie dimensioni che hanno comportato un aumento degli occupati.
Diminuiscono i piccoli negozi, aumentano le specializzazioni nel settore non alimentare: catene di giardinaggio, elettrodomestici, profumerie, ecc.
In sostanza nel decennio, ma soprattutto dal 1998 (quanto è entrata in vigore la legge Bersani), a fronte di nuovi modelli di consumo si è accentuata la diversificazione delle formule distributive in tutti i comparti. E’ aumentato il livello di concorrenza tra le imprese commerciali, siano esse di piccole, medie e grandi dimensioni.
Questa concorrenza si è sviluppata in funzione: dei servizi offerti, della localizzazione, delle caratteristiche dell’assortimento, del mix qualità/prezzo e ha teso a scaricare sul personale i costi della competitività.
Gli andamenti della rete distributiva evidenziano soprattutto che il settore è ancora in piena trasformazione con diversi problemi non risolti:
-le imprese minori hanno un basso livello di innovazione e una scarsa diffusione di forme associative,
-le imprese a dimensione nazionale/regionale difficilmente riescono ad operare su scala europea.
-Le imprese italiane nella grande distribuzione, se si escludono le cooperative e Esselunga, sono pochissime. Siamo ormai francesi, tedeschi, ecc.
Acquisizioni e concentrazioni continueranno nei prossimi anni.
Si pensi al Gruppo tedesco REWE che intende acquisire altre imprese, alla Woll Mart interessata ad entrare nel nostro mercato, ecc.
Acquisizioni, fusioni, ecc. coinvolgono non solo la grande distribuzione ma le imprese più in generale ed in particolare il terziario avanzato, si pensi ad es. all’HP- COMPACT.
All’interno di questo quadro si colloca il rinnovo del contratto terziario
Il nostro obiettivo è di consolidare l’attuale contratto, confermandone la struttura, inserendo alcuni elementi nuovi, migliorando nel limite del possibile i diritti collettivi e individuali .
Piattaforma unitaria o separata?
L’indicazione venuta dal precedente direttivo, ma anche dalla Cgil, è tentare dove possibile piattaforme unitarie senza sacrificare in nome dell’unità i nostri principi in materia di diritti, enti bilaterali (vedi documento conclusivo CD Cgil). Non sono secondarie per noi le regole.
Stiamo lavorando, quindi, per una piattaforma unitaria. Vedremo se vi saranno le condizioni, i primi approcci sono positivi.
In molte regioni si è discusso (riunioni con i gruppi dirigenti, in alcune città con i delegati) per mettere in circolo le idee. Da questi incontri sono emersi contributi importanti, che hanno arricchito la segreteria nazionale anche nel predisporre questa relazione.
Quale l’asse portante del rinnovo del CCNL? I diritti
Come coniugare diritti individuali e collettivi senza intaccare i diritti dei giovani, allargarli ai lavoratori precari, sapendo leggere i mutamenti che interverranno nell’organizzazione del lavoro e sul piano legislativo.? (lavori a chiamata, a progetto, contratti a termine, cc.)
Non siamo “nuovi” a questi temi. Ad esempio, pensando all’ultimo CCNL abbiamo concordato alcune flessibilità ma ottenendo in cambio regole e diritti (Flex ma riduzione orario/banca delle ore; sull’apprendistato abbiamo inserito alcuni livelli e aumentato la durata in cambio però della percentuale di conferma, di un sostegno in caso di malattia -unico CCNL-; per non parlare del part-time post maternità, ecc).
Rispetto al quadro legislativo che si prospetta, dovremmo cercare di rafforzare l’universalità dei diritti indipendentemente dalle tipologie di lavoro (dipendenti, COCOCO, ecc.).
Lo strumento più utile ed efficace per centrare questo obiettivo è senz’altro la contrattazione.
Per questo riconfermiano il nostro modello contrattuale: i due livelli di contrattazione
La contrattazione nazionale è, oggi più che mai, l’elemento di solidarietà dalla Sicilia al Trentino
Il secondo livello territoriale-aziendale, perché in grado di rispondere concretamente alle esigenze specifiche dei lavoratori.
Sappiamo esserci punti di vista differenti tra le confederazioni sul peso che questi livelli debbono avere.
Proprio per questa ragione, pensiamo non si debba nemmeno iniziare una discussione sul modello contrattuale: apriremmo la strada a chi la pensa diversamente, a Confidustria.
Dobbiamo essere capaci di ragionare in termini nuovi: non pensare alla piattaforma come il luogo in cui chiedere tutto quello che non si è riusciti ad ottenere nel secondo livello.
Dobbiamo, invece, porci obiettivi forti, sui quali tenere ancorate Fisascat e Uiltucs. Una sommatoria di richieste, credo che possa aiutare le controparti -ma anche Cisl e Uil- a defilarsi.
IL NOSTRI OBIETTIVI SONO:
·mantenere il secondo livello di contrattazione perché uno strumento efficace per i
lavoratori. La contrattazione di secondo livello si è sviluppata più che in passato.
I contratti aziendali di gruppo e-o nazionali che si sono rinnovati da un anno e mezzo e che, poi, sonoro stati approvati dai lavoratori, al momento sono: PAM, BILLA, Gruppo Rinascente , COIN , CASTORAMA, KODAC, SISAL, ATRIPLEX, COFATEX, HOLDING GIOGHI, BO FROST, OBI bricolage che ha regolato anche il franchising, per un totale di 54.850 lavoratrici e lavoratori.
Sono in corso trattative per altri gruppi e-o imprese nazionali. Non va dimenticato che i contratti naz.li di gruppo sono complessi da gestire perché nell’ambito della stessa impresa, per effetto delle fusioni e/o acquisizioni, convivono più regimi salariali e normativi. Noi scontiamo un’annosa questione che si chiama salario di settore. La storia la conosciamo e non la ripeto.
Al di la delle opinioni su questi accordi, tutte legittime, vorrei sottolineare che il doppio regime non c’è, non è passato e questo per merito della Filcams che ha saputo convincere Fisascat e Uiltucs, evitando così accordi separati. Siamo consapevoli che in futuro dovremo riflettere e valutare possibili soluzioni su queste vertenze, per ora abbiamo tamponato una situazione.
Tornando alla contrattazione territoriale: riteniamo opportuno chiedere che nei territori e-o regioni (le controparti però non hanno questo livello) si sviluppino confronti qualora vi siano nuovi investimenti della GDO e-o processi di mobilità. Così da poter valutare (anche attraverso le analisi che dovrebbero effettuare gli osservatori) eventuali ricadute occupazionali e, quindi, essere in grado di individuare soluzioni alternative anche attraverso processi di formazione/riqualificazione. Penso soprattutto alle donne e agli uomini che, superati i 40 anni, hanno difficoltà (non avendo incentivi) a reinserirsi nel mercato del lavoro nello stesso settore.
·riconfermare l’unicità contrattuale tra grandi e piccoli: la separazione potrebbe
tradursi in una forte penalizzazione dei lavoratori occupati nelle piccole imprese sul piano dei diritti contrattuali;
·rafforzare i diritti di informazione confronto Vanno resi certi i flussi di informazione
in materia di terziarizzazioni, esternalizzazioni, cessioni ramo azienda, ecc. affinché nel 2° livello si discutano le condizioni normative ed economiche nell’ottica di un rafforzamento e mantenimento di quanto previsto dal CCNL.
·introdurre norme che regolino di appalti (vedi pulimento e-o guardie giurate)
·deve essere riconfermato quanto contenuto nel CCNL relativamente al mercato del
lavoro (contratti a termine, interinale) nella consapevolezza che norme migliorative della legge saranno applicate solo dalle imprese associate- non c’è l’erga omnes. Pensiamo inoltre che la contrattazione di 2° livello, debba disciplinare l’utilizzo corretto delle varie tipologie d’impiego (ciò anche alla luce di quanto potrà avvenire in un futuro forse non troppo lontano).
In merito al Part-time: nel commercio, alberghi ristoranti, siamo passati da 181.000 addetti (1997) a 302.000 del 2001 con un incremento pari al 59.93%. Sappiamo benissimo che nella maggioranza dei casi nella GDO, il p-t non è una scelta, l’idea (non nuova) è quella di chiedere un aumento delle ore passando da 16/18 a 20 settimanali. Rendere più cogente il consolidamento delle ore- Chiarire che la percentuale di maggiorazione in caso di superamento del tetto previsto per le ore supplementari, ovvero il 50%, si aggiunge al 35% istituti differiti- (proroga a sett. 2003).
Part-time verticali: oggi le ore effettuate in più’ nei gg. nei quali si lavora a tempo pieno per legge sono straordinarie, ovvero non si consolidano, riteniamo opportuno chiedere che siano considerate supplementari con le relative maggiorazioni e quindi consolidamento.
Clausole elastiche: pensiamo si debba recepire la normativa nel CCNL ma demandarne la pratica attuazione e l’individuazione delle percentuali al secondo livello.
Apprendistato: migliorare diritti/norme
Collaborazioni (in raccordo con nidil): definire le figure professionali medio-alte per le quali sono ammessi i contratti di collaborazione. Definizione di un salario minimo che non può essere inferiore a quanto previste dal CCNL per il livello corrispondente. Diritto a partecipare alle assemblee e individuare regole per l’emersione (es. call center).
Flessibilita’-orario di lavoro: saremmo per riconfermare le normative in essere, sapendo che lo strumento della flessibilità è stato utilizzato pochissimo dalle imprese.
·Lavoro domenicale/festivo: L’attuale CCNL a nostro avviso disciplina abbastanza
chiaramente la materia. La domenica non rientra nel normale orario di lavoro (aggiungere i riferimenti contrattuali/legge). Piu’ problematica la questione per i part-time in quanto sentenze ci dicono che vale l’accordo individuale e se c’è la domenica va bene. Qui scontiamo di tutto e di piu’ anche nostre contraddizioni. La domenica che ci piaccia o no le imprese tengono aperto, le famiglie portano i figli nei centri commerciali. Al di la delle nostre opinioni sulla materia, il mondo purtroppo va così.
Abbiamo sempre sostenuto E CONTINUIAMO A SOSTENERE che la domenica deve essere volontaria sia per i tempi pieni che per quelli a tempo parziale e questa scelta (GIUSTA) ci ha aperto notevoli contraddizioni nel rapporto con i giovani in particolare. Qui e la si è cercato di tamponare le situazioni con accordi locali/di filiale/di azienda che prevedevano espressamente personale assunto alla domenica, in rarissimi casi si sono definite turnazioni. Le percentuali non sempre sono state previste.
In questo quadro, pensiamo diventi complicato effettuare richieste specifiche. Pensiamo si debba ribadire il fatto che la maggiorazione del 30% deve essere corrisposta a tutte le persone indipendentemente dalla loro tipologia di lavoro.
Sull’organizzazione del lavoro occorre rafforzare il confronto a livello di filiale/territorio in rapporto ai calendari di apertura domenicale, ecc.
·Classificazione: rivederla in termini di riparametrazione? È evidente che c’è un
Appiattimento tra i livelli. Sarebbe necessario prevedere una diversa scala parametrale, conglobando paga base e contingenza. I costi, in questa ipotesi, lieviterebbero molto. Noi pensiamo che la richiesta debba incentrarsi maggiormente sull’aumento salariale diretto.
Chiedere di rivedere la sola classificazione? Sappiamo che non’è corrispondente alle novità intervenute da 15 anni a questa parte. Metterci le mani significherebbe anche qui aggiungere costi e tempi molto lunghi (considerato anche che la contrattazione di secondo livello che poteva lavorare su questi aspetti non lo ha fatto..), noi saremmo dell’idea di trattare la classificazione in apposite commissioni ma di settore: es. grande distribuzione, auto, ecc. un po’ come fatto per parcheggiatori, ecc. . Potremmo però chiedere di inserire la classificazione legate al terziario avanzato/new economy e i dipendenti diretti di agenzie interinali fotografando l’esistente.
·Diritti sindacali: riconferma documento unitario a suo tempo discusso con voi e
presentato a Confcommercio
·Bilateralità: per noi resta confermato l’attuale impianto (documento al congresso),
si potrebbe valutare l’inserimento del sostegno al reddito per i settori che oggi sono scoperti da CIGS tra i servizi che erogano gli enti utilizzando apposite casse (vedi fondi artigianato).. Sarebbe necessario un percorso di accorpamento degli Enti Bilaterali. Il livello regionale potrebbe essere l’ideale, ma le ASCON non sono presenti in quel livello e probabilmente anche al nostro interno vi sarebbero problemi. Unificare a livello territoriale i vari enti?
Formazione: raccordo piu’ stretto tra le analisi che dovranno fare gli osservatori
previsti dagli enti bilaterali rispetto ai fabbisogni formativi. Prevedere formazione specifica per le donne e eventualmente uomini, che anche a causa dell’età hanno difficoltà alla ricollocazione nel settore - ciò si lega con i confronti territoriali-regionali. Formazione continua-vedi accordo interconfederale.
·Salario: va ricordato che nell’accordo del biennio scorso, abbiamo anticipato quote di
quest’anno. Dal 1.1.2003 scatterà l’ulteriore aumento di L. 28.000 al 4° livello. Ricordo che avevamo chiesto 103.500, abbiamo ottenuto 102.500 nel biennio + 28.000 quale anticipo sul 2003.
Noi pensiamo di muoverci nella seguente direzione: utilizzare la solita base di calcolo 4° liv. + 100.000 premio medio + 2 scatti. Recupero dei 2 anni precedenti che corrispondono al 2,41%. Aggiungere una quota per andamento positivo del settore negli scorsi anni (o produttività pregressa facendo attenzione perché rischi contrattaz. 2° livello).
Per i prossimi due anni: attestarci all’inflazione attesa, sapendo che quest’anno l’inflazione è al 2,6-2,7% (cercando di non creare noi meccanismi inflattivi).
·Congedi: definire le modalità/le percentuali di lavoratrici che possono accedere
contemporaneamente ai congedi per formazione, normare quelle per necessità familiari sulla base di quanto previsto dalla legge n. 53. Estendere il loro utilizzo a tutte le tipologie/fattispecie contrattuali. Per gli apprendisti definire possibilità Congedi per esigenze familiari (difficile chiedere per loro quello legato alla formazione essendo loro stessi in formazione). Innalzare le percentuali in caso di part-time post maternità e rendere esigibile il diritto anche nelle imprese al di sotto dei 30 dipendenti.
·Pari opportunità: non pensiamo a richieste particolari. Una riflessione critica però si
impone: intanto al livello nazionale perché non abbiamo mai costituito la commissione/gruppo di lavoro poi a livello locale perché spesso le informazioni che le aziende sono obbligate a fornirci in tema di discriminazioni indirette restano regolarmente nei cassetti dei funzionari e-o delle RSU.
Inutile scrivere belle cose se poi non le gestiamo. Occorre fare un salto di qualità: ci piacerebbe che ragionassimo nel CCNL di molestie sessuali, individuando un codice di carattere generale da inserire nel CCNL quale schema base che può essere perfezionato dalla contrattazione di secondo livello. Aprire anche un ragionamento sul mobbing. Sulle discriminazioni indirette chiedere che le imprese, consegnino annualmente anziché ogni due anni, alle RSU/RSA e-o alle OO.SS. territoriali i dati relativi ai livelli di inquadramento, retribuzioni, responsabilità-mansioni, al fine di verificare eventuali discriminazioni indirette.
·Assistenza integrativa: nell’ultimo CCNL abbiamo ottenuto che questa materia fosse
oggetto di contrattazione del secondo livello. A parte l’accordo territoriale di Roma, alcuni CIA (Renault, Feltrinelli, /Giochi preziosi e SISAL in discussione) non ci risultano altre esperienze. Nel riconfermare che l’assistenza sanitaria è integrativa e non sostitutiva, pensiamo che questa norma debba essere esigibile, siamo di fatto creditori. L’idea sarebbe definire una percentuale nel contratto. I fondi dovranno poi essere territoriali come ora e/o Regionali? rivolgendoci alla QUAS o alle assicurazioni (unisalute) ?
·Previdenza Integrativa: fa fatica a decollare e con i chiari di luna che ci sono sulle
pensioni, pensiamo ci si debba mettere le mani chiedendo una quota aggiuntiva a carico delle imprese anche per rendere più’ appetibile i fondi. Potremmo chiedere di passare dallo 0,55% all’1% a carico delle imprese e inserire gli apprendisti.
·Operatori di vendita: riflessioni in corso per valutare le richieste.
·Quadri: rivalutazione indennità di funzione che è ferma da + di otto anni, abbassare da
55 a 50 anni la tutela contro la mobilità- attuali garanzie, reperibilità: per figure professionali particolari es. manutenzioni apparecchiature elettromedicali-ospedali, produzione energia elettrica, vanno definite regole e indennità. Utilizzare la legge di parità per conoscere il salario erogato ai quadri e primi livelli, al fine di una verifica corretta dell’inquadramento. Inserire nella classificazione il terziario avanzato.
I rapporti unitari - le regole democratiche: potrebbero esserci le condizioni per una piattaforma unitaria perché su alcuni temi siamo avvantaggiati rispetto altre categoria. Ad esempio sui contratti a termine: fisascat e uiltucs a suo tempo si sono dichiarati pubblicamente contrari alle modifiche che poi hanno sottoscritto le loro confederazioni.
Dovremo nelle prossime settimane approfondire ulteriormente alcuni temi quali il salario: Uiltucs propone per il 2003 l’1,9% e per il 2004 l’1,5, Fisascat invece è più’ vicino ai nostri ragionamenti.
Oggi sul mercato del lavoro si trovano d’accordo con noi ma reggeranno nel corso della trattativa? La certezza non l’ha nessuno.
Per noi quindi, definire il percorso e le regole non è di secondaria importanza.
Sappiamo bene che la concezione di democrazia tra le 3 OO.SS. è differente.
Per noi conta il voto dei lavoratori, per loro i gruppi dirigenti.
L’idea nostra intanto è di riconfermare le vecchie regole che trovate nella cartellina. E' previsto un percorso democratico: assemblee unitarie sulla piattaforma, i lavoratori possono presentare emendamenti con alcune regole, assemblea nazionale che valuta gli emendamenti e vara la piattaforma definitiva e assemblee di consultazione sull’ipotesi d’accordo. Vorremmo modificare alcune cose: il numero dei componenti la delegazione trattante e quella plenaria. I problemi comunque si pongono in caso di dissenso qualora qualcuno decida di firmare e qualcun altro no.
L’ideale sarebbe andare alla consultazione unitaria dei lavoratori esponendo le varie tesi e farli votare. Per noi il voto dei lavoratori è vincolante, per gli altri no. Sarebbe un passaggio comunque importante.
In tutti i casi, per quanto ci riguarda, in caso di dissenso nessuno firma e si attivano le regole di democrazia interne avendo il tempo necessario per espletare la consultazione dei lavoratori.
i stiamo lavorando, lavoreremo sino all’ultimo minuto per cercare un accordo unitario, resta inteso che per noi conta il parere dei lavoratori.
I tempi per elaborare la piattaforma non saranno brevi. Dobbiamo continuare gli approfondimenti con fisascat e uiltucs, accertarci che non vi siano divergenze significative di merito. Se tutto va per il meglio, convocare i 3 direttivi e-o l’assemblea nazionale per elaborare una proposta di piattaforma, a cui fare seguire attivi dei delegati nei territori e-o regioni. Procedere con l’effettuazione delle assemblee di consultazione e riconvocare l’assemblea nazionale e/o 3 direttivi o quello che si converrà, per l’analisi degli emendamenti e il varo della piattaforma definitiva. Se tutto va bene arriveremo a fine febbraio.
Le nostre controparti: CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI, COOP CONSUMO.
Nel rinnovo del precedente contratto, abbiamo tentato di unificare i tavoli senza successo. Oggi è ancora piu’ complicato che in passato e il rischio che la cooperazione e la confesercenti siano subalterne al tavolo Confcommercio è un dato reale.
Se i tavoli non saranno davvero autonomi la potenzialità della gente è ridotta.
Mantenere gli attuali diritti, estenderli al lavoro precario e migliorarli dove possibile significa andare contro corrente. Dobbiamo essere consapevoli che il rinnovo di questo contratto non sarà una passeggiata le nostre controparti verranno all’attacco. Per realizzare i nostri obiettivi dovremo scioperare. La posta in gioco è alta.
Relazione M. Meschieri Comitato Direttivo FILCAMS CGIL 27-28/11/2002
di Admin
venerdì 27 novembre 2020