Care compagne, cari compagni, bentrovati,
apriamo la nostra assemblea di oggi con un abbraccio e esprimendo la nostra vicinanza, ideale ma che più forte non potrebbe essere, alle 5 vittime, ai 26 feriti della strage di Calenzano, l’ennesima.
Ancora un episodio della guerra insensata che questo paese conduce contro il lavoro e i lavoratori. Ancora lo sgomento, l’orrore, il baratro della perdita che si apre per le famiglie, gli amici, i colleghi. E poi la contabilità delle persone uccise, la ricerca e lo scarico di responsabilità, le notizie che sbiadiscono col passare dei giorni. Questi non sono incidenti, sono il vero volto ricorrente della barbarie e dell’insensibilità in cui è sprofondata la nostra società. E non basta più né pregare, né chiedere, né denunciare. Dobbiamo continuare a mobilitarci anche su questo fronte: sicurezza e diritto alla vita, prima di tutto, per tutte e per tutti.
Fra pochi mesi, a marzo del prossimo anno, la nostra Filcams, la nostra comunità di donne e di uomini, compirà 65 anni.
A dire il vero, la nostra storia la conosciamo bene; veniamo da una catena di esperienze, di lotte, di conquiste molto più antica, che risale addirittura alle società di mutuo soccorso di un paio di secoli fa.
Lo dico, lo diciamo, perché queste tre parole – questi tre concetti di società, di mutualità, di soccorso esprimevano già allora, e hanno sempre espresso, e ancora oggi esprimono le ragioni stesse del nostro esistere.
Perché sono cambiate le forme di prevaricazione e di riscatto, le modalità dello sfruttamento e quelle delle liberazioni, si sono evolute le tecniche e si sono affermate le tecnologie, ma l’aspirazione e la volontà di difendere e affermare la libertà e la dignità di chi lavora non sono mai venute meno.
Società, mutualità, soccorso.
Società.
Oggi delle cupe e violente tendenze anti sociali, ormai diventate virulente forme di nuovo fascismo, stanno logorando e divorando proprio la civilissima forma di convivenza associata che il lavoro dovrebbe garantire.
Vincolo sociale e lavoro, oggi, sono sotto attacco proprio perché chi si avvantaggia dello sfruttamento economico lo fa anche creando isolamento ed emarginazione delle persone, creando degrado delle relazioni umane, imbarbarimento, dissoluzione delle garanzie elementari.
Mutualità.
Chi oggi si organizza per dominare l’economia e distruggere i vincoli sociali cerca proprio di ledere la mutualità, il riconoscimento dello scambio e della solidarietà come forma fondante della storia umana.
Chi pensa che il progresso economico e sociale sia merito e privilegio del più forte, del più prepotente – o anche del più furbo – favorisce ovviamente l’egoismo e la sopraffazione, l’individualismo più feroce spacciato per libera iniziativa, il tutti contro tutti come motore della competizione sociale. È un’idea aberrante e distorta non solo dell’economia, ma dei vincoli stessi che ci tengono insieme e ci rendono umani.
Soccorso.
Ricordiamo che l’idea stessa di lavoratori che vengono in soccorso di altri lavoratori, di donne e di uomini, che si organizzano e imparano a far crescere la rappresentanza viene sempre irrisa, svalutata, attaccata da chi pensa che il lavoro sia solo prestazione dovuta, meccanica e individuale esecuzione di un dovere, obbedienza e cieca adesione alle ideologie del profitto.
Ebbene: proprio per questo noi esistiamo, ci siamo sempre stati e ci saremo ancora.
Noi siamo una società, una società di persone libere, unite in un vincolo di mutuo soccorso, e questo ci porta ad avanzare insieme, opponendo la nostra progettualità, la nostra forza e la nostra convinzione alle cupe falangi dei vecchi e dei nuovi fascismi, dello sfruttamento, dell’ingiustizia.
Continuiamo e continueremo sempre a ragionare di lavoro e a lottare per il lavoro, o meglio per l’umanità del lavoro, che è il vero valore che ci interessa difendere e affermare.
E lo facciamo anche in queste settimane, in questi mesi, in questi anni bui e difficili.
Perché è evidente che lo sconvolgimento e le atrocità dei conflitti in corso, l’avanzata delle destre sempre più aggressive, i tentativi ogni giorno più frequenti di condizionare e imbavagliare la libertà di parola e di stampa, il disperato movimento di milioni e milioni di migranti, di profughi di guerra, di diseredati in fuga rendono il nostro compito necessario, sempre più necessario, talvolta disperatamente necessario.
Sentiamo oggi più che mai il dovere di essere un riferimento per chi lavora, di alimentare la speranza degli ultimi e degli esclusi, di incoraggiare la lotta e di difendere la libertà, la dignità e la giustizia non solo di chi un lavoro lo ha, ma di chi lo sta cercando, di chi soffre per l’emarginazione, e di chi neppure sa di avere dei sacrosanti diritti da tutelare.
Non è in questione qui l’essere laici o cristiani, o musulmani o altro ancora, non è in questione l’essere socialisti o libertari, o cosa altro. Perché la pluralità e l’inclusione sono scritte nello stesso codice genetico della rappresentanza, da secoli.
Certo, ci meraviglia oggi dover ricordare, e ammonire l’opinione pubblica sul fatto che le diversità vengano non solo calpestate, ma banalizzate e irrise.
Ci scandalizza che ancora oggi si parli e si scriva di “italianità” con toni che ricordano in modo lugubre le leggi razziali del fascismo, che si alluda a un ideale di purezza della razza che, oltre che essere anti-storico e anti-scientifico, è da sempre stato l’anticamera dell’orrore e della persecuzione.
Sono anni bui e difficili, questi, è vero.
Ma tanto è.
Sono anni difficili e noi ci siamo, resistiamo, lottiamo, proprio per questo, con ancora maggiore determinazione.
Giovani, anziani, donne e uomini, persone di ogni colore, genere, provenienza e orientamento sessuale e religioso sanno, possono ancora sapere, devono sapere che la rappresentanza è la forma più elevata e nobile della democrazia sociale.
Devono sapere che la diversità e la solidarietà della rappresentanza sono la ricchezza stessa su cui si costruisce oggi una nuova umanità.
La chiamiamo umanità del lavoro, proprio perché ci rifiutiamo di accettare, di attribuire, di consentire al lavoro di essere altro, di essere arbitrio, sfruttamento, profitto indiscriminato, dominio dei corpi e delle coscienze.
Ecco non cederemo, e continueremo a dire sempre che attraverso il lavoro si possono costruire forme di nuova convivenza, di nuovo vincolo sociale, di nuova umanità.
E ce ne assumiamo, e ce ne assumeremo sempre, in prima persona, la responsabilità come del resto sempre abbiamo fatto.
Ci sono senz’altro di conforto rispetto a questa nostra ulteriore assunzione di responsabilità l’adesione, significativa, allo sciopero dello scorso 29 novembre e la partecipazione, notevole, alle tante iniziative contestualmente organizzate, nelle quali la presenza della Filcams ha, ancora una volta, fatto la differenza.
Non è certo casuale né scontata la riuscita della mobilitazione, piuttosto l’esito di un lavoro preparatorio, ancora una volta, attento, convinto e determinato, da parte della categoria tutta attraverso la convocazione in poche settimane di migliaia e migliaia di assemblee nei luoghi di lavoro (poco meno di 4mila), delle nostre assemblee generali territoriali e regionali e di attivi e coordinamenti delle delegate e dei delegati.
È indubbio che anche i tanti e importanti avanzamenti sul fronte della contrattazione definiti nel corso del 2024 abbiano impresso uno slancio ulteriore alla riuscita della giornata di lotta; una spinta che porta con sé aspettative, naturali e prevedibili, ma anche attenzione e interesse più diffusi e meno scontati da parte di una platea ampia di lavoratrici e di lavoratori rispetto al raggiungimento dei diversi obiettivi che ci siamo posti e ci stiamo ponendo.
E dunque, venendo a noi, al nostro orizzonte, ai nostri prossimi traguardi, al lavoro che ci attende.
Lo abbiamo evidenziato a più riprese, soprattutto dal mese di luglio in poi, nelle nostre diverse iniziative: per quanto riguarda la Filcams siamo all’avvio di una nuova fase che ci porterà oltre il nostro prossimo congresso; una fase quindi che, considerati i nostri tempi, può essere ritenuta di medio periodo.
Dal nostro ultimo congresso si sono delineati, si stanno delineando compiutamente due passaggi distinti: il primo, il biennio 2023/2024, sostanzialmente di uscita dalla situazione di emergenza contrattuale, il secondo, il biennio 2025/2026, di definizione di una prospettiva per la Filcams.
Non è usuale per una categoria come la nostra, esistenzialmente dedita all’emergenza, alla quotidianità, alla contingenza, porsi l’ambizione di elaborazioni, di pianificazioni, di azioni di medio e lungo periodo ma è quello che faremo.
Lo faremo perché è quello che è giusto fare, perché è quello che è necessario fare, perché è quello che è doveroso fare per i milioni di lavoratrici e di lavoratori che rappresentiamo.
E allora, rispetto a questo lasso temporale, in termini di programmazione, sono almeno tre le priorità, in stretta correlazione tra di loro, che abbiamo definito nel corso delle nostre discussioni.
La prima, l’apertura, ad inizio 2025, della prevista vertenza in tema di contrasto alla precarietà e al lavoro povero, di sostenibilità delle condizioni di lavoro e di qualità dell’occupazione nei nostri settori;
Un passaggio cruciale per la categoria, una vertenza che in considerazione della discussione che abbiamo avuto modo di affrontare in termini più complessivi dallo scorso congresso ad oggi, ci pare consequenziale e coerente titolare come “la vertenza dell’umanità del lavoro”;
La seconda priorità, la necessità di cominciare a lavorare già nell’immediato per impedire che la categoria si ritrovi nuovamente in una situazione di “stallo contrattuale”, in una ingestione negoziale caratterizzata da dilazioni continue piuttosto che da intere tornate disattese; una condizione che nel corso dei decenni ha ormai assunto un carattere di strutturalità e che non ha avuto, né ha alcuna giustificazione.
La terza priorità infine, è scontatamente rappresentata dalla prosecuzione della mobilitazione di iniziativa confederale, anche in considerazione delle priorità definite dal documento conclusivo licenziato dall’ultima assemblea generale della Cgil e della prevista manifestazione del prossimo 14 dicembre.
Andando per ordine.
Lo svelamento di queste ore della nostra campagna di comunicazione ci agevola, ci agevolerà, almeno parzialmente, rispetto al compito di definire i dettagli della nostra vertenza; la Filcams, che comincia ad avere un po’ di dimestichezza con la comunicazione, ormai lo ha imparato: un’immagine, una grafica, una vignetta, uno slogan, poche parole d’ordine, chiare e centrate, sono più efficaci dei tanti sofismi nei quali talvolta naufraghiamo e con noi le nostre vertenze.
C’è una stretta interconnessione tra il fare, un certo modo di fare, deciso, concludente ed efficace e il dire, un certo modo di dire, chiaro, sintetico e lineare.
Lo abbiamo compreso e appreso anche attraverso le nostre molteplici campagne di comunicazione, le nostre discussioni, le nostre iniziative “The New Order”, la gestione delle nostre tante e “tipicamente” complicate vertenze, i nostri rinnovi contrattuali e i mancati rinnovi, le nostre lotte, le nostre conquiste e le nostre sconfitte, la nostra storia in sintesi, i nostri 65 anni che poi nei fatti sono 170, quasi tre volte tanto.
E così la nostra categoria, passata per le società di mutuo soccorso, per le unioni di miglioramento, per le grandi conquiste tra XIX e XX secolo, per i conflitti mondiali, per l’adesione all’internazionale sindacale rossa nel corso del III congresso della terza internazionale, per l’opposizione al nazifascismo, per le persecuzioni e le condanne ad opera del tribunale speciale fascista per la difesa dello stato inflitte a molti tra gli attivisti sindacali di una parte di quel che siamo stati, la nostra Filam, è arrivata ad essere la Filcams per come oggi la conosciamo, nel 1960 e la prima categoria tra gli attivi della Cgil, ai giorni nostri.
Ma avremo modo nei prossimi mesi, a ricorrenza del nostro anniversario, di rendere omaggio alla nostra storia e alle tante compagne e ai tanti compagni che hanno reso grande la categoria.
Addentrandoci quindi nei tratti di avvio della vertenza, pur avendo già molto dettagliato nelle nostre precedenti occasioni, da quando abbiamo iniziato a discuterne a luglio, a Napoli.
Una vertenza che coinvolge diversi milioni di lavoratrici e di lavoratori e le loro famiglie, circa dieci milioni secondo le stime più attendibili, una persona su tre nel nostro Paese.
Una vertenza da affrontare tanto sul piano dell’elaborazione quanto su quello dell’azione, in stretta correlazione con la mobilitazione di iniziativa confederale e con l’attività dei sindacati internazionali, in linearità e in coerenza nei rapporti con Fisascat e Uiltucs, in un approccio dialettico, che continui a non fare sconti di sorta, con le controparti, in una logica di confronto con la politica, le istituzioni, l’opinione pubblica, il Paese.
Elaborazione ed azione abbiamo detto.
Partendo dal presupposto, lo abbiamo evidenziato a più riprese, che sarà necessario ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione, alcuni di portata più generale e altri riconducibili al perimetro di categoria.
Per un verso, referendum, legge/leggi di iniziativa popolare e per altro verso, contrattazione, mobilitazione, contenzioso, comunicazione, formazione, ed altri ancora che avremo eventualmente modo di definire nelle nostre discussioni.
Rispetto al ricorso ai diversi strumenti in combinazione tra di loro, mi limiterò oggi ad anticipare sommariamente e in termini di suggestione e di prima esemplificazione, solo alcune delle incombenze che ci attendono e che inizieremo ad affrontare concretamente nelle riunioni programmate dal mese di gennaio.
· La riuscita dei sei referendum, a partire dall’obiettivo del raggiungimento del quorum previsto
· La definizione di un nostro contributo in ordine alla predisposizione di eventuali proposte di legge di iniziativa popolare
· La determinazione di una nostra ordinarietà nella rinegoziazione della contrattazione nazionale, a cominciare dai rinnovi contrattuali avviati – detto in altre parole, ci sono diversi contratti aperti dei quali è necessario definire il rinnovo in tempi congrui
(al netto delle vicissitudini del contratto del turismo di Confindustria, rispetto al quale nelle prossime ore saremo nelle condizioni di fornirvi aggiornamenti non escludendo, ad ogni modo, la possibilità di una ripresa della mobilitazione)
· L’estensione, il potenziamento, lo sviluppo della nostra contrattazione integrativa
· La “rifondazione”, la “riconfigurazione”, la “ristrutturazione” – sono certo individueremo il sostantivo più idoneo – cominciando da un primo confronto tra di noi, dell’annosa questione “contrattazione inclusiva, di sito, di filiera, d’anticipo”
Conseguentemente, dedicheremo, nel corso dei primi mesi del 2025, a questi approfondimenti la programmazione di tre riunioni, in videoconferenza, di tutti i segretari generali.
La prima riunione, a gennaio (il 29) in materia di partecipazione, rappresentanza e strumenti – “di gestione della vertenza” e di lotta. Un breve inciso su questo, credo che anche rispetto al tema “strumenti”, a maggior ragione in una fase di mobilitazione pressoché permanente, noi si debba essere in grado, in considerazione delle peculiarità e delle tipicità dei settori che rappresentiamo, di sperimentare, di cimentarci e di metterci alla prova e di confrontarci anche, con la franchezza, la genuinità e la schiettezza che ci caratterizzano, nel rapporto con la Confederazione e con le altre sigle sindacali.
La seconda riunione, a febbraio (il 26), in materia di inclusione e contrattazione.
La terza riunione, ad aprile (il 2), in materia di contrattazione integrativa.
Ci dobbiamo inoltre prendere l’impegno di prevedere:
· In una fase immediatamente successiva, l’estensione della discussione alle delegate e ai delegati, nell’ambito di assemblee a partecipazione estesa sui medesimi temi, anche queste convocate in videoconferenza, indicativamente tra la metà del mese di aprile e la fine del mese di maggio
· E già a gennaio, un approfondimento in ordine allo stato della nostra bilateralità
Certo per sostenere una vertenza di tale portata la Filcams deve essere in una situazione di garanzia contrattuale, non oggi, non fino a domani, neanche fino a dopodomani, ma da oggi per il periodo a venire, in termini di strutturalità.
La questione da affrontare attiene quindi alla determinazione delle condizioni affinché la categoria non si ritrovi più in stato di difficolta dal punto di vista contrattuale.
Oltre a sostanziarsi, come ci siamo detti, nel rinnovo dei contratti aperti, attiene anche, in buona sostanza, alla gestione dei contratti rinnovati nel corso del 2024 che andranno in scadenza nel 2027, che rappresentano un indicatore e per il cui rinnovo, – no, non è prematuro – è necessario già cominciare a lavorare.
Come?
- Attraverso un monitoraggio e una verifica, nel corso della vigenza, della tenuta e dei termini di attuazione degli accordi di rinnovo siglati
- Lavorando già da adesso con gradualità e attenzione alla predisposizione delle piattaforme rivendicative, beneficiando del monitoraggio e delle verifiche svolte
- Preparandosi alla prevista fase di rinegoziazione attraverso l’istituzione e la formalizzazione di delegazioni che abbiano modo di prendere parte alle trattative che ci attendono
Pure queste attività dovranno essere affrontate con un protagonismo delle delegate e dei delegati, ricorrendo ancora alla convocazione di assemblee, sempre in videoconferenza, che garantiscano la più ampia partecipazione, anche con l’obiettivo di riprendere e di definire la discussione in materia di politiche settoriali avviata gli scorsi mesi.
Ecco, se però ci si dovesse interrogare in ordine a quanto queste misure siano risolutive rispetto alla nostra situazione, difficilmente credo il riscontro sarebbe in termini di certezza.
È per questo che, la discussione l’abbiamo già avviata, siamo dell’opinione sia giunto il momento di riaprire il confronto rispetto alla definizione di un nuovo sistema di relazioni sindacali, e di un nostro, (anche qui nuovo), modello contrattuale e di rappresentanza.
L’assenza di riferimenti aggiornati, chiari, condivisi, puntuali, esigibili, cogenti, rappresenta da anni elemento di contesto delle nostre negoziazioni che si è portato appresso inevitabili ripercussioni, e non certo in positivo, su intere tornate contrattuali.
Il rinnovo della contrattazione nazionale non può più essere affrontato singolo contratto per singolo contratto, o comparto per comparto o settore per settore, come accaduto ad esempio per i dodici rinnovi degli ultimi mesi.
È necessario aggiornare, riqualificare, adeguare alla fase, al contesto, alle trasformazioni e ai cambiamenti che sono avvenuti gli accordi interconfederali sottoscritti da Cgil, Cisl, Uil con alcune delle nostre controparti, Confcommercio, Confesercenti, le associazioni datoriali della cooperazione.
Intese dalla cui sottoscrizione sono trascorsi ormai diversi anni, in tema di rappresentanza, di partecipazione, di contrattazione ma anche di salute e sicurezza e di formazione, questioni che continuano a rappresentare priorità, diversamente non potrebbe essere, della nostra agenda politica.
Proseguiremo ancora nei prossimi giorni il confronto con la Confederazione, firmataria dei diversi accordi, e con Fisascat e Uiltucs in ordine all’opportunità, per quanto ci riguarda alla necessità, di aprire una discussione con Cisl e Uil e quindi con le associazioni datoriali in tal senso.
Ecco crediamo di aver anticipato in estrema sintesi le prime linee guida del piano di lavoro che ci vedrà impegnati nel medio lungo periodo e che avremo modo di precisare ulteriormente e insieme tra oggi e i prossimi appuntamenti programmati.
Concludendo, vero che stiamo andando verso il nostro 65mo anniversario, e che questo si celebrerà in tempi molto difficili, turbolenti, in tempi davvero inquietanti, e bui.
Vero anche che oggi più che mai ci vogliono certo indignazione e ostinazione, e anche un po’ di folle idealismo e di immaginazione, per fare i sindacalisti.
Folle idealismo, perché il nostro lavoro – che forse più che un mestiere è una missione di servizio ad altri mestieri – secondo alcuni sarebbe anche il più anacronistico in apparenza.
E invece noi, così ostinati, così convintamente inclusivi, ragionevoli, responsabili, ma anche forti e determinati, noi perseveriamo nel farlo, ancora oggi.
Perseveriamo nel farlo, nel testimoniarlo, nel rappresentarlo, finché non portiamo a casa i nostri risultati, i nostri riposizionamenti di fase, i nostri avanzamenti.
E quando la stanchezza, o il disgusto per i tempi che corrono, rischiano di prendere il sopravvento, due cose credo ci spingano a rialzarci in piedi e andare avanti.
Gli sguardi desolati di chi non ha difesa, di chi non si vede riconosciuta né dignità, né equità di trattamento, né giustizia, di chi anche immerso nelle moltitudini delle città si sente solo ed emarginato.
E gli sguardi appassionati delle altre compagne e compagni della rappresentanza, che in tutti questi anni non hanno mai rinunciato a fare il loro dovere, neanche per un giorno, neanche un momento.
Dicano dunque, e scrivano quello che vogliono, ma se anche per un momento ci guarderanno negli occhi, sapranno immediatamente chi siamo, e da dove veniamo.
Perché noi siamo sempre stati, e saremo sempre questo: ogni confronto un punto di resistenza, ogni scontro un punto di verifica, ogni meta un nuovo punto di partenza.
Una storia fatta di idealismo ma anche e soprattutto di concretezza e di fatti, senza orpelli retorici, senza concessioni alle mode della comunicazione o alle narrative degli influencer.
Perché è con la concretezza che si fanno avanzare le nostre idee.
È con la concretezza, passo per passo, che si portano a casa i risultati.
È con la concretezza che difenderemo e affermeremo, sempre e ovunque, l’umanità del lavoro.