Tweet bombing di lavoratori e delegati per chiedere di non ampliare l’uso del voucher Oltre 1,5 milioni di cittadini hanno firmato con la Cgil per dire #ByeByeVoucher Ora @luigidimaio perché volete nuovi voucher? Contro precarietà e sfruttamento diciamo #VoucherNoGrazie È il testo del tweet che lavoratori e delegati hanno inviato al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio per esprimere la propria contrarietà all’ipotesi di ampliamento dell’utilizzo dei voucher in agricoltura e turismo. I voucher sono uno strumento di sfruttamento che rischiano di aumentare la precarietà, mentre il mondo del lavoro ha bisogno di qualità e regole certe per garantire la trasparenza e la stabilità. Anche per questo Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs hanno inviato una lettera unitaria sia al Ministro del Lavoro che ai Presidenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato chiedendo che i voucher non vengano reintrodotti attraverso un emendamento al “decreto Dignità” in questi giorni in discussione alla Camera. Il settore del Turismo prevede già contratti nazionali che disciplinano adeguate forme di flessibilità per rispondere alle variazioni di una domanda ancora troppo condizionata dalla stagionalità. Il settore del Turismo produce il 12% del PIL nazionale e avrebbe bisogno di politiche, investimenti e non di interventi volti a indebolire un mercato del lavoro già di per se stesso fragile. In un recentissimo passato nella ristorazione commerciale e collettiva, nell’ospitalità alberghiera, nelle strutture ricettive all’aria aperta, abbiamo registrato abusi costanti nell’utilizzo di questo strumento che in larga parte serviva alle imprese per evitare assunzioni stabili (e quindi più onerose) o per giustificare il lavoro nero. La Cgil ha raccolto più di un milione e mezzo di firme per abolire quella che stava assumendo i contorni di una “nuova frontiera della precarietà” e nonostante questo i voucher sono stati prima aboliti, poi reintrodotti per aziende e famiglie, e pertanto (anche se nessuno lo dice) sono già presenti nel nostro ordinamento. Allora parlammo di “schiaffo alla democrazia”, uno schiaffo che oggi rischia di venir dato ad uno dei più importanti e strategici settori della nostra economia e a due milioni di lavoratori che vi operano con professionalità e dedizione ogni giorno.