22 dicembre 2011


Filcams Cgil, Natale al risparmio calano i consumi,
qual è l’utilità della liberalizzazione delle aperture e degli orari commerciali?

“La manovra Salva Italia del Governo Monti colpisce fortemente le lavoratrici e i lavoratori. Per il settore del commercio, c’è un’ulteriore aggravante: la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali che tra l’altro non aiuta neppure a combattere il calo dei consumi” ad affermarlo è la Filcams, la categoria della Cgil che rappresenta e tutela le lavoratrici ed i lavoratori del Commercio.
Rimbalzano da ogni dove, i dati sulla contrazione dei consumi, soprattutto in questo periodo, e le previsioni non sono migliori.
Gli italiani cercano di risparmiare, anche sotto il periodo di Natale, magari aspettando i saldi per fare gli acquisti necessari.
Le associazioni dei consumatori stimano un contrazione dei consumi del 7%, dopo quella del 12% del 2010; mentre alcuni studi hanno evidenziato un calo delle vendite vicino al 10%, in particolar modo per le catene in franchising, del food e del non food.

“Non c’è nessun nesso tra l’andamento dei consumi e gli orari d’apertura dei punti vendita” afferma Maria Grazia Gabrielli segretario nazionale della Filcams Cgil “Il calo è dovuto dalla mancanza di disponibilità economica dei cittadini e si riduce la capacità di spesa.”
La quota di reddito destinata ad alcuni tipi di spesa, tra l’altro, continuerà a contrarsi, anche a causa degli interventi previsti nella manovra (aumento dell’Iva, aumento della Benzina).
Secondo le stime diffuse, infatti, le misure del decreto Salva Italia valgono a regime una stangata da 1.129 euro annui a famiglia, e gli italiani saranno costretti a rivedere le loro priorità.
L’esperienza di quei territori hanno deciso di concedere la possibilità di aprire gli esercizi commerciali per tutto l’anno, non si è tradotta in un incremento dell’occupazione.

“L’aumento delle aperture commerciali non produrrà nuovi posti di lavoro, ma solo il rischio di maggiore precarietà” prosegue Maria Grazia Gabrielli. “Quindi nessun impatto positivo sull’occupazione, ma sicuramente un peggioramento delle condizioni e degli orari di lavoro, con effetti pesanti per i dipendenti del settore: circa 1 milione e 600mila lavoratori, di cui l’80% donne.”