Si emoziona ancora Elena quando ricorda il giorno, di quasi nove anni fa, in cui le è stato comunicato che aveva ottenuto un nuovo lavoro, nella Unicoop Firenze da poco aperta a Pisa. Era in macchina quando ha ricevuto la telefonata, ha accostato e ha pianto di gioia.
Prima di quell’approdo di lavori ce ne erano stati tanti, fatica tantissima, difficoltà, umiliazioni, a partire dal luglio del ’94 quando, non ancora ventenne, era arrivata nel nostro paese dall’Ucraina.
“Cercavo un mondo migliore, ma i primi anni non sono stati affatto facili – racconta – e per me, adesso, non esistono più”.
Il primo lavoro duraturo è stato come cameriera in un ristorante a Torre del Lago. “Non è stato facile perché c’erano tanti pregiudizi - ricorda - trent’anni fa una donna dell’Est era un po’ una rarità”. Una ragazza alta, bionda, con gli occhi verdi. “Insomma, questi pregiudizi qui – dice Elena – che però mi hanno portata a diventare forte, a sapermi difendere. E poi, ho sempre lavorato tantissimo”.
La nascita della figlia, il centro della sua vita, poi la separazione e il trasferimento a Pisa.
Dopo il ristorante, una cooperativa di pulimento. “Eravamo sfruttate, ma non potevo permettermi di alzare la testa perché avevo l’affitto da pagare – ricorda – la mattina pulivo le banche a Pietrasanta, la Conad a Viareggio e poi facevo il doppio turno in un ristorante a Pisa. Tra un turno e l’altro tornavo a casa a dare da mangiare alla bambina, la teneva una signora che conoscevo da tempo”.
Poi è arrivato un lavoro di catering, dove però non la pagavano. “Siamo andati in causa, ma sono stata costretta ad abbassare la mia richiesta per chiudere in fretta e avere i soldi per l’affitto”.
Le difficoltà, con lavori instabili e contratti approssimativi, quando c’erano, non mancavano. “Una volta in un ristorante mi hanno detto ‘se ti fai male, devi dire che è successo fuori’, perché lavoravo in nero. Altri mi hanno costretta a firmare dei fogli prima di essere assunta, dove mi impegnavo a non chiedere tredicesima e altri benefit che dovrebbero essere garantiti da un contratto. Quando ho richiesto assegni familiari arretrati mi hanno fatto dei problemi”.
Anche trovare casa è stato un calvario, “di fronte a una donna sola con una figlia non si fidavano”.
Ma la casa giusta alla fine è arrivata, e il tempo ha portato nella vita di Elena anche delle amicizie importanti. E così qualcuno le ha consigliato di fare domanda per quel negozio che doveva aprire, la nuova Coop a Pisa. In quel momento Elena lavorava in due ristoranti e puliva tre case e un B&B.
Nel 2013 quella telefonata, “un filo di luce, finalmente”. Il lavoro alla Coop è un part-time ed Elena ha continuato a fare altri lavori per arrivare a fine mese, ma è stata subito contenta, il nuovo lavoro le piace tanto, le colleghe sono meravigliose. “È stata una grande festa per me essere assunta a 40 anni, dopo tanti alti e bassi e tanto lavoro in nero. Alla Coop mi sento a casa, tra persone che mi vogliono bene”. Nel 2016 Elena si è sposata, tutto piano piano si è sistemato in un nuovo equilibrio.
E poi, da tre anni, è delegata Filcams Cgil. “Un’altra cosa che mi piace tanto, sono soddisfatta quando raggiungo qualche piccolo risultato. Ci deve essere qualcuno che ci crede nella possibilità di avere giustizia, nell’uguaglianza dei diritti, per trasmetterlo anche alle colleghe e ai colleghi”. Elena si batte perché siano riconosciute le difficoltà che si trovano a vivere le donne sole, che faticano a trovare tutto il tempo che ci vorrebbe per crescere i figli, dovendo lavorare tanto per mantenere la famiglia. “Mia figlia – racconta – le chiamava le famiglie normali, quelle dove la madre era più presente. Conosco bene queste difficoltà perché le ho vissute: è fondamentale che la società vada incontro a queste donne”.
L’Italia per Elena è “una seconda mamma, mi ha dato calore, mi ha dato da mangiare. Ma la mia patria è sempre l’Ucraina”.
Il tempo libero adesso lo passa davanti alla televisione, per tenersi costantemente aggiornata su quanto sta accadendo dove vivono sua madre, sua sorella, suo fratello e i nipotini. Quello che prova è un doloroso senso di impotenza. “Li ho sempre aiutati, e adesso non posso fare niente per loro”.