La ripartenza non ha portato ossigeno al settore della ristorazione collettiva, tra i più colpiti dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria: in primo luogo le mense scolastiche, inattive dall’inizio della pandemia e le mense aziendali, la cui attività è stata azzerata o fortemente ridotta dal ricorso generale allo smart working. Per portare ancora l’attenzione su questa drammatica situazione e chiedere maggiore sostegno ai lavoratori e alle imprese del comparto, i sindacati di categoria – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – unitamente ad Angem, Legacoop, Confcooperative e Agci Servizi, hanno inviato una lettera al Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico e all’Inps, nella quale si fa il punto sulla flessione del settore, che ha visto una contrazione dei volumi e dei ricavi pari al 67% nei mesi di marzo e aprile e migliaia di lavoratori collocati in FIS e CIGD, e si chiede con urgenza un incontro. I numeri parlano di 61 mila lavoratori del settore in sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, di cui più di 37 mila nelle mense scolastiche, di un totale di 1,3 miliardi di euro di mancati redditi lordi e di circa 420 milioni di contributi previdenziali non maturati. La mancata ripartenza potrebbe portare il rischio concreto di un’uscita dal mercato del lavoro per migliaia di addetti, per l’80% donne e per il 50% con un’età media oltre i 50 anni, che per il 90% hanno un contratto a tempo inderterminato, per lo più part-time. Per evitare questa situazione , Si chiedono certezze circa la ripresa a settembre del servizio di ristorazione scolastica, parte integrante dell’offerta formativa, e la partecipazione alla discussione in sede ministeriale dei rappresentanti di imprese e lavoratori. Le parti chiedono poi che si intervenga a favore dei 13mila addetti impiegati nelle mense aziendali che oggi si trovano senza ammortizzatori a causa della condizionalità posta dai committenti, che qualora non abbiano necessità di chiedere l’ammortizzatore per i loro lavoratori diretti impediscono ai lavoratori in appalto, al momento fermi, di usufruirne: un ostacolo che è necessario superare, con una modifica normativa o una circolare esplicativa. A questa difficoltà si aggiunge la prospettiva di un ricorso prolungato allo smart working e di una perdita che potrebbe sfiorare il 40%: si impone una riflessione sulle conseguenze e l’impatto economico del lavoro agile su un’ampia fetta di lavoratori e indotto, una quota importante per l’economia del Paese, che rischia perdita di lavoro e professionalità in mancanza di un valido modello di ripresa. Le Parti Sociali chiedono interventi a sostegno delle lavoratrici, dei lavoratori e delle imprese del settore, a partire dalla richiesta di ammortizzatori sociali con causale COVID per un arco temporale coerente con la previsione di ripresa per sostenere l’occupazione e non disperdere professionalità.