“Ho iniziato a fare questo lavoro quasi per caso, è stato un po’ come un matrimonio combinato”, racconta Germana, che ormai da 16 anni è addetta alla ristorazione nell’ospedale di Enna.
“Avevo sempre svolto lavori di segreteria, non avevo alcuna esperienza in questo settore e pensavo che mi avrebbero affidato le mansioni più semplici, e invece quando sono andata al colloquio ho scoperto che mi sarei occupata di raccogliere le prenotazioni dei pasti per i pazienti e di altre mansioni di area burocratico-amministrativa”. Lo sposo non era poi così sconosciuto.
“All’inizio non è stato facile, questa situazione non la vivevo bene, provavo pena per le persone che stavano male, mi dispiaceva entrare in una stanza e trovare il letto vuoto perché il paziente non c’era più – racconta Germana – c’è stato un momento in cui avrei voluto mollare, perché non mi sentivo capace di fare questa cosa”. Ma il matrimonio alla fine si è rivelato felice. “Ho imparato ad amare questo sconosciuto che era la mia nuova occupazione e a svolgerla bene, e oggi posso dire che il mio lavoro mi piace tanto e lo faccio con amore”.
E questo, tiene a precisare Germana, “con tutte le difficoltà che si incontrano quando si lavora con aziende in appalto. Ho avuto tre datori di lavoro diversi finora e ogni volta è stato come ricominciare da capo: cambiano le modalità di gestione, e cambiano le mentalità”.
Nel privato, dice Germana, le persone sono trattate come numeri. “L’identità e l’animo di una persona non contano più molto. Questo è l’aspetto triste del mio lavoro”.
Le richieste dell’azienda e le misure di controllo a volte si fanno oppressive e la caccia ai tempi morti diventa una limitazione delle libertà fondamentali come, banalmente, il normale uso dei servizi igienici. “Non sono una fumatrice e i miei tempi morti si riducono a quello. Ma la verità è che non importa a nessuno chi sei, cosa hai alle spalle, cosa c’è nella tua vita: devi solo rendere al massimo e il resto non conta”.
In vista della conclusione dello stato di emergenza quella che si profila all’orizzonte è una riduzione dei ricoveri e quindi delle ore di lavoro per Germana e i suoi colleghi. È così che chi dal primo lockdown ha continuato a prestare ininterrottamente la sua opera, peraltro in nuove condizioni di rischio, a breve vedrà assottigliarsi lavoro e stipendio.
Il rapporto con il sindacato è diventato imprescindibile. Alla Filcams Germana è arrivata sull’onda dei colleghi, che le hanno consigliato di iscriversi per garantirsi le tutele necessarie. “All’inizio mi sono iscritta quasi svogliatamente ma oggi, devo dire, sono felice di far parte del sindacato, del mio sindacato. Ho grande stima delle persone che mi rappresentano. È come una famiglia e per qualsiasi problema loro ci sono sempre per me”.