14 febbraio 2012


Sempre aperti. Ma a chi giova?



Pubblicato in Diario Terziario febbraio 2012

Liberi di aprire quando vogliono, nei giorni di festa o tutte le domeniche, dalle 7 del mattino fino a tarda sera. È la rivoluzione lanciata dal decreto Salva Italia emanato dal governo Monti: la liberalizzazione degli orari e delle aperture degli esercizi commerciali.
In barba alle Regioni, che ne avrebbero la competenza in materia; alle organizzazioni sindacali che da diversi anni combattono con le amministrazioni locali per pianificare un calendario delle aperture, e alla faccia di tutte le lavoratrici e i lavoratori del commercio che da un giorno all’altro si ritrovano a dover accettare la modifica dei loro turni orari.
Si alternano le voci dei favorevoli e i contrari a suon di comunicati e dichiarazioni. Si, alla libera concorrenza, che potrà migliorare i consumi (drasticamente in calo) e aumentare i posti di lavoro; No, ad una concorrenza spietata che danneggia i piccoli esercenti, i dipendenti del settore e non aumenterà né consumi, né occupazione.

Alle Regioni è demandata la competenza in materia di commercio; con il decreto invece viene meno questa prerogativa con il rischio che si scateni un “far west di aperture”molto temute dai piccoli esercenti, che con difficoltà riuscirebbero a sostenere i ritmi del “sempre aperto” al quale punta la grande distribuzione, e con conseguenze pesanti sui ritmi di lavoro per i dipendenti.
La Filcams Cgil, smonta i due falsi miti delle liberalizzazioni: l’incremento dei consumi e l’aumento dell’occupazione.
“Abbiamo già avuto un’esperienza concreta relativa agli effetti che la liberalizzazione delle aperture e degli orari ha prodotto - per quanto, fino ad oggi, più regolamentata.” Nessun aumento dei consumi secondo la Filcams Cgil e “sul piano occupazionale gli effetti sono solo di tipo precario, la condizione lavorativa peggiora e con essa anche la qualità del servizio.”
Molte aziende della Grande Distribuzione Organizzata, tra l’altro hanno già fatto capire “che a fronte di aperture “a ciclo continuo”, non potendo sostenere i costi di nuove assunzioni e la gestione “in straordinario” dell’estensione degli orari, le prestazioni dei lavoratori presenti saranno riorganizzare e modellate – senza costi aggiuntivi per l’azienda – per adattarsi alle nuove esigenze e alle tendenze di acquisto che i consumatori determineranno, (prevedibilmente una diminuzione di presenze fino al mercoledì e concentrazione nei fine settimana!).”
Il bisogno di lavoro e le necessità economiche potranno portare tante lavoratrici e lavoratori ad accettare condizioni sfavorevoli, turni su turni, per timore di perdere il posto.
Si è vero, i lavoratori del commercio non saranno gli unici ad avere compromesse domeniche e festività, ma l’attuale organizzazione (o dis-organizzazione) del lavoro costringe molti a lavorare sempre durante i festivi, senza alcuna turnazione e con molte aziende che tentano di ricondurre il tutto a lavoro ordinario per evitare la maggiorazione economica.
Parliamoci chiaro però, i centri commerciali nei week end sono pieni!
La visita al centro commerciale durante le domeniche e i festivi è diventata una consuetudine per gli italiani, è ormai un fattore culturale è il passatempo più quotato da giovani e meno giovani.
Intanto, in ogni dove, si mobilitano le lavoratrici e i lavoratori del commercio: prima i dipendenti del centro commerciale Orio poi Le Gru di Torino, e successivamente lo sciopero del Veneto e tante altre iniziative territoriali. Anche il web diventa un luogo in cui manifestare il proprio disappunto con gruppi su facebook, petizioni online e tanto altro.
E per le aziende il sempre aperto rischia di portare ad un cannibalismo, una concorrenza incessante e sfrenata.
Senza parlare poi dei costi che ogni azienda dovrebbe tener conto di avere nello stare aperti. Costi di gestione, spese delle utenze e costo del lavoro, il gioco vale la candela?

“L’unico effetto concreto delle liberalizzazioni sarà il peggioramento delle condizioni e degli orari di lavoro, in cui il faticoso equilibrio tempi di vita/lavoro non troverà più riconoscimento scardinando così la contrattazione sull’organizzazione del lavoro costruita nelle aziende”ne è convinta la Filcams Cgil. “Si lasciano così inalterati e senza risposta i veri problemi che vedono ancora la contraddizione di un settore che si vuole ad ogni costo falsamente “moderno” e “libero” mentre tutto ciò che lo circonda nelle città continua a vivere seguendo ritmi diversi.”
Il sociologo Domenico De Masi, in un’intervista, ha detto al riguardo: “la riforma non risolverà per niente i nostri problemi economici. Anzi, al danno finanziario si aggiungeranno quelli sulla qualità della vita.”
Secondo il sociologo, infatti ideatore del concetto di “ozio creativo”: “Al di là dell'economia ci sono settori come la salute, la psicologia, la letteratura, la psicolanalisi, l'estetica, che non possono essere assolutamente trascurati. Per vivere meglio non è necessario lavorare incessantemente, produrre incessantemente: occorre anche vivere bene. Non si deve per forza andare al ristorante e spendere tanto denaro: si può mangiare anche a casa, ascoltando della buona musica".


Diario Terziario Febbraio 2012

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