Le acque incerte nelle quali ormai da tanto tempo navigavano le terme di Montecatini sono state raggelate dalla notizia dell'istanza di liquidazione giudiziale presentata dalle banche nei confronti della società. Una cordata capitanata da Bnl che reclama un credito di 27 milioni di euro, somma che rappresenta quasi tutto l'ammontare dei debiti accumulati dalla società Terme, una partecipata per il 67% della Regione Toscana e per il restante del Comune di Montecatini.
"La crisi delle terme di Montecatini risale ai primi anni 2000, con i tagli alle prestazioni sanitarie - racconta Alessandro Cartei, segretario generale Filcams Cgil Pistoia - e da quel tempo non sono state fatte azioni concrete per indirizzare la società verso altre soluzioni".
Di cinque stabilimenti ne restano aperti due. L'unico tentativo di valorizzare e rilanciare il patrimonio termale è stato il sontuoso progetto, firmato dall'architetto Fuksas, che avrebbe trasformato le Leopoldine nello stabilimento di punta, ma i fondi sono finiti a metà di un'opera dai costi insostenibili e il cantiere è fermo da 10 anni.
"Le terme si reggono sull'attività sanitaria, che è poco redditizia, ma non è stato mai sviluppato il comparto benessere, che poteva renderle competitive sul territorio" spiega Luisella Brotini, Filcams Cgil Toscana. "L'indebitamento dei lavori, i bilanci chiusi in negativo, che il futuro fosse drammatico era piuttosto chiaro - aggiunge Brotini - poi con la legge Madia, che voleva bilanci in pareggio e non in perdita, l'impresa non era più nelle linee strategiche della Regione".
"Che sarebbe dovuta uscire dalla società - interviene Cartei - ma non lo ha ancora fatto, perché andrebbe tutto in malora. Basta pensare che non è stato ancora approvato il bilancio del 2020, per capire in che condizioni versa".
Le terme di Montecatini sembrano un crocevia di contraddizioni. Mentre la società accumula debiti su debiti lo stabilimento Tettuccio, uno dei due ancora aperti, è stato dichiarato patrimonio Unesco: gli immobili delle terme, ridotte a vivacchiare sull'attività sanitaria, sono autentici gioielli, che ricordano i fasti di un territorio ricco di strutture ricettive e di visitatori, dove le terme trainavano un'industria turistica florida.
"Negli anni sono stati fatti bandi di gara per la vendita degli immobili, ma non si è presentato nessuno" racconta Cartei. "Quest'estate poi abbiamo letto sui giornali, ormai fonte primaria di informazione sulle intenzioni della direzione, che la Croce Rossa era interessata a un affitto, o forse cessione, di ramo d'azienda". La direzione ha confermato la notizia apparsa sulla stampa e ha assicurato che avrebbe inviato ai sindacati la comunicazione della procedura, che però non è mai stata recapitata. "Dopo le ferie è arrivata invece la notizia dell'istanza di fallimento presentata dalle banche e dell'udienza del prossimo 11 ottobre. Abbiamo convocato un'assemblea dei lavoratori, durante la quale è stato proclamato lo stato di agitazione e deciso un pacchetto di otto ore di sciopero - dice il segretario - e abbiamo chiesto l'incontro che si è tenuto oggi, 16 settembre, con la proprietà e la direzione".
Quello che è emerso dall'incontro è che Regione e Comune stanno tentando una mediazione con le banche, puntando all'alternativa di una proposta di concordato, "che permetterebbe di continuare a lavorare se creditori e giudice la accettano, con un progetto per un rientro".
In ballo c'è il destino di 28 dipendenti e di una trentina di stagionali, sopravvissuti alla progressiva spoliazione del personale, via via mai sostituito, che anni fa, quando gli alberghi erano tutti aperti e sempre pieni, contava 400 addetti tra fissi e stagionali.
Per queste lavoratrici e lavoratori, per il destino delle Terme di Montecatini, lo stato di agitazione continua e il 21 settembre, in vista dell'appuntamento cruciale di ottobre, si terrà una nuova assemblea.