Terziario, il Sempre Aperto che fa male a tutti. Sono passati 3 anni dall’introduzione delle liberalizzazioni delle aperture domenicali e festive nel Commercio da parte del Governo Monti, e la motivazione della riforma, il rilancio dei consumi e l’incremento dei posti di lavoro, non ha trovato un riscontro positivo.

Parola ad Alessio Di Labio, della Filcams Cgil Nazionale. La posizione contraria della Filcams è rimasta invariata, visti che, come da sempre ipotizzato dal sindacato, le liberalizzazioni non avrebbero risolto i mali del paese. Allo stesso tempo però, le aperture festive di centri commerciali e supermercati è ormai una consuetudine apprezzata dagli italiani, che confondono questi luoghi con spazi sociali di ritrovo, ormai assenti  spesso nelle centri cittadini. Il commercio, però, non è l’unico settore costretto a lavorare durante i festivi (il turismo per citare un esempio di competenza Filcams), quali sono le ragioni della contrarietà della filcams ? Il problema non è semplicemente essere favorevoli o contrari al lavoro festivo e domenicale, la contrarietà della Filcams è ad uno sviluppo insostenibile del commercio. Le conseguenze negative delle liberalizzazioni sono su più fronti: i piccoli commercianti non reggono i costi di gestione di 365 giorni di apertura con il conseguente impoverimento dell'offerta commerciale nei centri abitati e in particolare dei centri storici che si stanno letteralmente svuotando, perdendo il loro ruolo di luogo di aggregazione. Le festività laiche e religiose si stanno impoverendo del loro significato originario riducendosi a semplici giorni di consumismo. E chi lavora nel settore peggiora evidentemente le proprie condizioni di vita. Tutto questo accade in piena crisi recessiva e con un consumatore sempre più debole: una follia! La grande distribuzione, sostenitrice delle liberalizzazioni, non ha avuto i vantaggi sperati, le vendite si sono semplicemente spostate sulla domenica senza aumentare; sono invece lievitati i costi poi scaricati sulle lavoratrici e sui lavoratori, le continue procedure per ridurre il personale e per diminuire il costo del lavoro attraverso l'attacco al salario e ai diritti ne sono la dimostrazione. Quali sono le maggiori necessità e le richieste dei lavoratori del commercio? Le condizioni di chi lavora nel settore sono peggiorate per l'effetto combinato della crisi e delle liberalizzazioni, meno organici per coprire turni su sette giorni e con una retribuzione più bassa. Le lavoratrici e i lavoratori chiedono dignità, nell'organizzazione del lavoro e nella retribuzione. Dopo le liberalizzazioni abbiamo tentato accordi in questo senso ma sono stati tutti accordi di urgenza che hanno avuto il fine di arginare l'impatto sull'anello più debole della catena, se non torniamo ad una regolamentazione delle aperture a livello territoriale, con la crisi che stiamo vivendo e le politiche di austerità, le cose continueranno a peggiorare. E' una battaglia innanzi tutto politica. Quali sono i vostri alleati in questa battaglia, e quali gli antagonisti? Essendo una vertenza appunto politica abbiamo trovato alleanze trasversali e insolite. Dalle associazioni cattoliche che vedono svuotarsi il valore del riposo domenicale e delle festività religiose, alle associazioni di rappresentanza datoriale che hanno una prevalenza di piccoli commercianti tra i loro iscritti. Abbiamo anche aderito alla raccolta firme per la proposta di legge di Confesercenti che ha trovato riscontro in tutte le forze parlamentari, ma la proposta prodotta in commissione attività produttive non è una soluzione ai problemi che abbiamo posto e comunque giace in Senato dopo l'approvazione in parlamento. Inoltre la Filcams fa parte di un'alleanza europea che raccoglie tutte le forze politiche, sindacali e le varie associazioni che condividono l'obiettivo di uno sviluppo diverso del settore, la Sunday Alliance, con loro stiamo facendo pressione sulla commissione europea per avere direttive che ci supportino a livello nazionale. Gli antagonisti consapevoli sono le grandi aziende della distribuzione che hanno sostenuto gli effetti benefici delle liberalizzazioni e che la libertà di impresa passa anche attraverso la libertà di determinare le aperture. Gli antagonisti inconsapevoli sono quella parte di consumatori che si sono fatti persuadere dal fascino del consumismo senza rendersi conto che le loro tasche non sono all'altezza, il consumatore è un lavoratore, se il lavoro è in crisi lo sono anche i consumi! La Filcams Cgil non si arrende, però, e vuole rilanciare l’iniziativa La Festa non si vende, la campagna per una regolarizzazione delle aperture domenicali e festive nel commercio, per trovare soluzioni alternative soddisfacenti ad aziende, lavoratori e consumatori. Quale la proposta concreta della categoria, obiettivo della campagna? Ripartiamo con una campagna che si pone degli obiettivi precisi: denunciare il peggioramento delle condizioni di chi lavora nel commercio; proporre uno strumento contrattuale di riferimento che limiti il lavoro domenicale e festivo; sensibilizzare il consumatore a godere delle feste e delle domeniche in posti diversi; promuovere a livello nazionale una legge che restituisca alle regioni e ai comuni il potere di regolamentare le aperture domenicali e festive attraverso il confronto con le associazioni di rappresentanza. La crisi ha cambiato il rapporto con il consumo e questo cambiamento, probabilmente strutturale, dovrà' essere affrontato anche per rideterminare, a livello nazionale ed europeo, una politica delle aperture degli insediamenti commerciali, degli orari  in un ottica di un commercio e di un consumo che sia sostenibile.