ROMA — «La giustizia ha fatto il suo corso ed è positivo. Ma la vicenda è il frutto del clima di esasperazione creato dalla Fiom»: Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl non attenua le sue critiche nei confronti del sindacato dei metalmeccanici della Cgil. La sentenza del tribunale di Melfi che ha dato ragione ai tre sindacalisti dipendenti dalla Fiat, licenziati in tronco un mese fa non gli ha fatto cambiare idea e giudizio sulla linea di azione della Fiom. Anche se la Cisl ha partecipato con gli altri sindacati al primo sciopero di protesta contro l’iniziativa della casa torinese. Il fatto è che secondo Bonanni per affrontare la crisi della Fiat senza troppi danni bisogna evitare gli estremismi. Occorre insomma cercare di non mettersi di traverso agli accordi, come ha fatto la Cgil per Pomigliano.

Nel caso dei licenziamenti però il giudice ha dato ragione ai sindacalisti della Fiom. Che fa sta con la Fiat?
«Io difendo i lavoratori, sempre. Ma qui parliamo delle responsabilità di un sindacato, quello dei metalmeccanici della Cgil, che ha fatto di tutto per surriscaldare il clima e ha esasperato gli animi. I licenziamenti sono l’effetto di tale comportamento. Noi avevamo avvertito la Fiat di non cadere nella trappola dell’esasperazione, ma non lo hanno fatto».
In pratica, dunque, lei assolve Sergio Marchionne?
«Figuriamoci: la decisione dei giudici è giusta, la Fiat ha sbagliato. Ma è bene non dimenticare che i licenziamenti sono l’effetto di una situazione conflittuale, non ne sono la causa».
Che differenza fa per i lavoratori?
«Molta: l’atteggiamento costruttivo del sindacato è fondamentale in una fase di pesante crisi economica e di forti ripercussioni nel mercato dell’auto, quando c’è in gioco la competitività e lo stesso mantenimento dell’industria italiana del settore e quando c’è un’azienda disponibile ad investire»
Sì, ma la Fiom sostiene che la crisi non può fare abbassare la guardia nella difesa dei diritti dei lavoratori. La Cisl non è d’accordo?
«Gli accordi raggiunti non toccano alcun diritto, in ogni caso la Cisl sostiene che non ci sono diritti da difendere se non c’è una fabbrica e non ci sono dei lavoratori. Il problema è tutto lì. Prenda lo stabilimento della Val di Sangro, in Abruzzo da dove provengo io. Trentacinque anni fa l’unico diritto che avevano i giovani come me era di andare via in cerca di lavoro. Oggi ci sta uno stabilimento Fiat e 7 mila posti di lavoro da difendere. E poi...» E poi? «I sindacati hanno affrontato crisi pesanti come nel tessile e non sono né poche né semplici le vertenze ancora aperte nel tentativo di raggiungere accordi che consentano di non far chiudere aziende e stabilimenti. Ebbene, non è mai successo quello che sta succedendo alla Fiat. Né licenziamenti né azioni estremiste di assoluta minoranza, come quelle della Fiom, che rendono difficile la ricerca di soluzioni.
Prendiamo il referendum sull’accordo di Pomigliano. E’ il primo del genere che vinciamo. La Cisl quando ha perso non ha battuto ciglio nel rispettare il volere della maggioranza mentre ora proteste e scioperi fortemente minoritari vorrebbero delegittimare la grande partecipazione al voto dei lavoratori. E io non sono ovviamente contro la libera scelta di ognuno di scioperare ma contro l’azione del sindacato».
E ora, cambierà qualcosa nei rapporti sindacali dopo la vicenda dei licenziamenti di Melfi?
«Rincorrendo le provocazioni della Fiom la Fiat ha fatto il gioco di chi — l’assoluta minoranza degli interessati — vuole defilarsi dall’accordo raggiunto. L’azienda deve invece giocare il suo ruolo sul piano politico e proseguire il confronto con tutti coloro che invece di isolarsi sono interessati a ridare solidità alla produzione di auto in Italia senza cercare di ottenere posti di lavoro per legge».