1- I funzionari di Cgil, Cisl e Uil
2- Come è cambiato il ruolo |
«Un esercito di manager ma senza perdere gli ideali» M a poiché un grido udimmo e toccò il nostro cuore/per questo come pauperes christi seguimmo le voci/la sorte selvatica, le ali del vento». Altro che professione come un altra. Quella del sindacalista che descrive Alberto Bellocchio nell ultimo verso del suo poema sull autunno caldo del 69, «Sirena operaia» il Saggiatore , non è uno stanco e cieco lavoro da attivisti, ma una chiamata, un avventura impareggiabile, un canto irresistibile di solidarietà. Quanto di quella spinta ideale permane oggi nel mestiere di sindacalista? Cos è cambiato, in valori e professionalità, in chi, oggi, viene definito dai più con l asettico acronimo di Otp, operatore a tempo pieno? «Prima, il gusto del sindacalismo - sostiene Gian Primo Cella, professore di sociologia economica all università Statale di Milano e presidente della fondazione Seveso - veniva da due grandi tradizioni, quella socialista/comunista e quella cristiana degli oratori, dello scoutismo, dell Azione cattolica. Oggi invece, questi due serbatoi che alimentavano di passione, di senso di sacrificio, di missione e di cultura politica la professione del sindacalista, si sono esauriti. Sempre più, viceversa, viene richiesta una soglia di tecnicità, di sapere economico e legislativo, assai più spinta che nel passato. Tuttavia i sindacalisti dovrebbero mantenere anche il gusto dell organizzazione, soprattutto in alcuni settori di frontiera come quello dei lavori atipici, mentre oggi la figura dell’organizer è diventata una risorsa scarsa. Proprio quando dovrebbe essere la nuova soglia della professionalità sindacale». Evidentemente, la carenza segnalata da Cella, è stata colta anche dal sindacato, visto che l Isf, l istituto superiore per la formazione della Cgil, ha realizzato un progetto di ricerca e formazione sulla competenza professionale del sindacalista. Ciò significa che sindacalisti si diventa, che più di prima è possibile una formazione teorica oltre che sul campo? «Certo esiste il Centro studi di Fiesole della Cisl e qualcosa c è nella Cgil - sostiene Giuliano Cazzola, ex sindacalista e ora spesso in polemica con le politiche confederali - ma si tratta di formazione molto generale, di taglio economico, mentre non si toccano le questioni prettamente sindacali, tipo contrattare un cottimo o una qualifica». Cazzola, che prima di uscire, nel 93, era arrivato ai vertici, prima come segretario generale dei chimici Cgil con Sergio Cofferati che gli faceva da aggiunto e poi come segretario confederale, più del tema «sindacalisti si diventa» è in un certo senso adatto a far capire che «sindacalisti si rimane». Tuttora, infatti, nonostante qualche suo ex compagno l abbia tacciato di tradimento, ci tiene a far sapere di essere ancora iscritto alla Cgil da poco è uscito un suo libro con Sperling & Kupfer: «C eravamo tanto amati» . «C è una classe sindacale buona - aggiunge - che ha mestiere e sa gestire le persone. Inoltre oggi il sindacalista è una persona che ha un buon rapporto con il sistema delle imprese, anche se così corre il pericolo di usare questa contiguità come forma di potere rispetto al lavoratore che dovrebbe rappresentare». Ma se quella di sindacalista è sempre più una professione vera, quali sono le competenze che acquisisce e quanto, queste, sono spendibili sul mercato? «Normalmente - commenta il sociologo Bruno Manghi - l ex sindacalista ha scarso successo in politica. Nelle aziende, invece, riesce a fare molto bene il capo del personale. E ciò perché è uno che non si spaventa delle grane, che è capace di gestire le difficoltà. Ha cioè proprio le doti professionali che dovrebbe avere un buon manager-amministratore. Comunque, perché cambiare? Resto convinto che il lavoro del sindacalista, che è un vero e proprio artigiano sociale, sia molto migliore di quello di qualunque quadro intermedio aziendale». Anche perché, almeno a sentire il parere dei delegati al recente congresso della Cgil, la maggior parte degli attivisti riconosce ancora nel sindacato valori che difficilmente troverebbe altrove. Il 15,6 , infatti, ritiene che sia un organizzazione che «comunica valori e promuove identità» e il 46,9 è convinto che sappia tutelare «i diritti individuali e collettivi di tutti i lavoratori».
|