Pisana, commessa alla Coin: «Il 25 aprile non si lavora». La stragrande maggioranza delle catene commerciali ha deciso di tenere aperto

Scioperare il giorno della Liberazione. Il 25 aprile di Damiana e di altre migliaia di lavoratrici del commercio è stato doppiamente di piazza: a festeggiare il 69esimo della vittoria partigiana e a protestare contro il decreto Liberalizzazioni del governo Monti che dal 2010 consente agli esercizi commerciali di aprire nei giorni festivi. «I partigiani sono venuti spesso con noi a manifestare davanti ai negozi e sono arrabbiati che nel giorno in cui si ricorda la Liberazione ci siano tante persone costrette a lavorare», racconta Damiana, 32enne pisana addetta alle vendite al centralissimo Coin di Corso Italia della sua città. Il grido, diventato anche hashtag è #lafestanonsivende e tiene assieme an- che la festa del lavoro del Primo maggio. La stragrande maggioranza delle catene commerciali - a cominciare dagli ipermercati - hanno deciso di tenere aperto. Lodevoli eccezioni sono la Coop Adriatica e la Unicoop Firenze (mentre Unicoop Tirreno ieri aveva chiusa la maggior parte dei negozi, tutti chiusi inderogabilmente il Primo maggio). La battaglia è dura quasi quanto quella dei partigiani. «Da tre anni scioperiamo unitariamente contro le aperture nei giorni di festa, al mio Coin oggi (ieri, ndr) non hanno lavorato in una ventina su un totale di 30 dipendenti, ma il negozio è comunque aperto e la gente entra», spiega Damiana con una punta di rabbia. Iscritta alla Filcams Cgil, Damiana paga di tasca propria la sua scelta. «Scioperando a Pasquetta, 25 aprile e Primo maggio rinuncio a 210 euro in busta paga. Ma almeno sono in pace con me stessa perché so che stiamo portando avanti una lotta sacrosanta. Il vero problema è convincere le persone a non andare a comprare in queste giornate: la nostra campagna di sensibilizzazione sta funzionando, la gente ci dà ragione ma poi a comprare o far la spesa ci va». E così alimenta un circolo vizioso: «la gente va a comprare e quindi bisogna tenere aperto anche se poi la verità è che ci va il 25 aprile e non ci va il giorno dopo, così il fatturato è uguale, ma spalmato su più giorni», spiega Damiana. Damiana si dice perfino «fortunata». «Io non ho figli, per le mie colleghe mamme lavorare nei giorni di festa è un vero dramma. E nessuno ne tiene conto». In più il suo negozio «è storicamente sindacalizzato e per noi scioperare non ha conseguenze». Quelle che invece tristemente hanno i precari e le cassiere degli ipermercati, soprattutto da Roma in giù dove spesso la giornata festiva non viene pagata di più - come da contratto ma scambiata con un riposo in più. «Anche da noi le ragazze a tempo determinato non scioperano per paura di non essere poi rinnovate e noi di certo non le biasimiamo per questo». L`insegnamento dei partigiani suona come monito per la battaglia futura: «Per vincere loro hanno avuto pazienza, non hanno mollato. Così dobbiamo fare noi: c`è tanto lavoro da fare per convincere i consumatori dell`inutilità delle aperture festive. Il decreto Liberalizzazioni ha fallito perché non sono aumentati né i consumi, né i posti di lavoro. E poi festeggeremo tutti assieme in piazza. Magari il prossimo 25 aprile».