Milano. Nemmeno le (poche) saracinesche alzate hanno salvato il Natale dei commercianti. Nemmeno le contestate aperture del 25 e 26 dicembre (con sciopero annesso) hanno risolto conti in perdita e bilanci in crisi. Perfino i ristoratori - da sempre attivi nei giorni di festa - avrebbero preferito, per una volta, rimanere chiusi: le prenotazioni per vigilia, 25 dicembre e Santo Stefano sono scese del trenta per cento rispetto al 2011. «E per Capodanno sarà ancora peggio». Ricapitolando: in virtù del decreto «salva Italia», in questi giorni di festa era possibile tenere aperti negozi, alimentari, centri commerciali. Di contro, i sindacati confederali el commercio, «per tutelare i lavoratori», hanno dichiarato sciopero per il 25, 26 dicembre e per il primo gennaio. Risultato: aperti una ventina di Carrefour ex- press, una decina di Punto Simply, i Billa e gli Unes oltre a una serie di panetterie, rosticcerie (ma che per tradizione offrono servizio fino a mezzogiorno della mattina di Natale). Per il resto, città chiusa. Come in un anno «tradizionale». Soddisfatte le sigle sindacali: «La maggior parte delle catene commerciali ha ascoltato il nostro appello. Sappiamo che nei supermercati aperti qualche dipendente ha scioperato e soprattutto c`era poca gente», fa sapere Maria Carla Rossi, segretario di Milano e Lombardia per la Filcams -Cgil. «Secondo le nostre rilevazioni, ieri hanno tenuto aperto "Il Gigante" e qualche altro esercizio. Ma la maggior parte delle catene ha capito che non era il caso di insistere: non avrebbero recuperato le mancate vendite e avrebbero solo inasprito i rapporti con i dipendenti». Conferma Caro Alberto Panigo, vicepresidente di Confcommercio: «E un brutto segnale per le nostre famiglie dover lavorare anche nelle festività natalizie, capisco e condivido lo sciopero dei lavoratori del commercio. Tutto il comparto dovrebbe fare una riflessione comune, anche perché nonostante le liberalizzazioni sono diminuiti i consumi». Aggiunge Giorgio Pellegrini, leader dei macellai: «Siamo rimasti a casa». Qualcuno parla già di «flop della saracinesca», ma per Federdistribuzione bisogna analizzare la questione da un altro punto di vista: «Noi siamo favorevoli alla mancanza di vincoli, poi ognuno decide in base alle proprie convenienze ed esigenze». Questione di buon senso, senza «false ipocrisie»: «Ci sembra che nessuno - dicono dall`associazione - abbia da dire niente su chi stacca biglietti al cinema il giorno di Natale e Capodanno. Ricordiamo infine il dato Istat: oltre tre milioni di italiani lavorano di domenica, e non solo nei servizi essenziali». A Milano e provincia vuol dire che, tra dipendenti, collaboratori, autonomi e imprenditori, si arriva a 30o mila persone - secondo un`analisi della Camera di Commercio di Monza e Brianza - «attive» di domenica. Chi tiene sempre aperto, proprio entre tutti sono in vacanza, è la categoria dei ristoratori. Per loro, affari in crisi e un futuro incerto: «Dopo un Natale non buono dice Alfredo Zini, vicepresidente dell`Epam (pubblici esercizi) - anche per il cenone di Capodanno le prenotazioni sono crollate. Anche più del trenta per cento. Del resto se non ci sono soldi puoi allungare gli orari quanto vuoi, ma il risultato è sempre lo stesso».