Poca equità, molta disuguaglianza: il 12 dicembre scioperiamo contro una finanziaria ingiusta
Lavoratrici e lavoratori del terziario dimenticati da una manovra che premia i redditi medio alti, non si cura del welfare e privilegia riarmo e condoni
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C'è una cosa che la manovra economica ora all'esame del Senato dichiara con forza e chiarezza, lo scarso interesse che questo esecutivo nutre per le fasce più deboli della popolazione.
Perché malcelato sotto la propaganda di una poco rilevante riduzione fiscale, che comunque salta a piè pari l'area affollata del lavoro povero e precario, c'è invece il vuoto degli interventi essenziali assenti da questa Legge di bilancio.
Sorvolando sul dibattito in merito alle distinzioni tra ricchi e meno ricchi, è un dato oggettivo che la citata riduzione fiscale si rivolga ai redditi medio alti, che rappresentano una platea ridotta: solo il 30% dei contribuenti infatti dichiara più di 28 mila euro, ma saranno i contribuenti con i redditi più elevati, quelli intorno ai 48 mila euro l'anno, a beneficiare di più dei tagli, e parliamo dell'8% del totale.
A rimanere al palo, in questo quadro senza prospettive, sono i salari, ad essere lasciato indietro è ancora una volta un progetto di crescita per il Paese.
Il Governo sembra ignorare i milioni di lavoratrici e lavoratori del terziario che lavorano sette giorni su sette, senza saltare una casella del calendario.
E sembra non vedere affatto i milioni di lavoratrici e lavoratori che sopravvivono con contratti part time, che vivono l'incertezza di un contratto a tempo determinato, che lavorano solo per una stagione, che sono legati alla volubilità degli appalti o che sono costretti a rinegoziare da un mese all'altro, se non giorno dopo giorno, lavoro, salario, sussistenza.
Non c'è equità in questa manovra, ma disuguaglianza.
Mentre non si concedono alla Sanità pubblica risorse sufficienti a mettere in campo un reale intervento strutturale che affronti e risolva la distanza che la separa ormai da una fetta sempre più consistente della popolazione, costretta per l'inefficienza del sistema a rinunciare a esami e cure, mentre si riserva lo stesso trattamento alla scuola, all'assistenza agli anziani, al diritto alla casa, al trasporto pubblico, alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, per la quale si spendono parole di circostanza solo di fronte agli incidenti più eclatanti, mentre si aumenta l'età pensionabile, mentre si trascura in toto lo stato sociale, si destinano fondi all'acquisto delle armi.
E si programma ancora una rottamazione, la quinta in dieci anni: un'operazione iniqua, che va a premiare chi non paga, andando ad alimentare l'idea che il pagamento di oneri e tasse possa essere trascurato e che prima o poi il debito verrà cancellato.
La Lega inoltre rilancia con un emendamento, dopo il tentativo fallito a luglio, il prolungamento della flessibilità di lavoratrici e lavoratori interinali, aggiungendo ai tempi previsti per il ricorso ai contratti in somministrazione ben 36 mesi agli attuali 24, arrivando così a un totale di cinque anni: non solo non si contrasta la precarietà, ma la si vorrebbe addirittura incentivare.
È stata fatta dell'ironia sulla giornata di sciopero generale che la Cgil ha proclamato per il prossimo 12 dicembre, ma c'è davvero poco di cui sorridere di fronte a una manovra economica così lacunosa e ingiusta.
La Filcams Cgil prenderà parte allo sciopero per chiedere un cambiamento sostanziale della Legge di bilancio del Governo Meloni: perché metta al centro i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che con il loro operato tengono in funzione gli ingranaggi del Paese, per il rapido rinnovo di tutti i contratti nazionali, per un fisco veramente equo, per un welfare dignitoso, per politiche industriali che guardino a un futuro di crescita. Perché si ponga finalmente come obiettivo primario la lotta al lavoro povero e precario, il grande lato oscuro dell'Italia di oggi.