19/3/2004 ore: 8:49

TARDIVO GRIDO DI DOLORE SUI CO.CO.CO.

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18 marzo 2004
TARDIVO GRIDO DI DOLORE SUI CO.CO.CO.

Lettera al direttore
A proposito del commento di Pietro Ichino sul Corriere della Sera di giovedì 18 marzo «Nuova occupazione e una riforma incompiuta»

Leggendo il commento del professor Pietro Ichino sul Corriere della Sera del 18 marzo «Nuova occupazione e una riforma incompiuta», riteniamo necessarie alcune precisazioni.

Il professor Ichino sostiene che il libro bianco e la conseguente legislazione avrebbe cancellato le collaborazioni coordinate e continuative e conseguentemente si stupisce che Filcams e Nidil-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, abbiano sottoscritto un accordo che proroga le collaborazioni.

Nell’articolo viene affermato che la legge prevede l’obbligo della conversione dei rapporti di collaborazione in dipendenti. Probabilmente, se non certamente, il professore non sa o fa finta di non sapere che lo scenario reale e non teorico che si prospetta per milioni di Co.Co.Co. è quello della cessazione del rapporto di collaborazione (licenziamento, con conseguente “ricatto occupazionale” e magari con “offerte” di contratti a progetto, a tempo determinato, interinale a “patti e condizioni” dettate dai datori di lavoro).

Ci permettiamo di rammentare al professore Ichino che la circolare ministeriale esplicita che la collaborazione a progetto è lavoro autonomo e può riguardare anche l’attività tipica del committente.

L’accordo che noi abbiamo raggiunto fa esattamente quello che lui pensa che noi non abbiamo fatto e che invece abbiamo fatto, cioè vincola le imprese dei call center in outsorcing a trasformare una quota di collaboratori in lavoro subordinato e nella fase intermedia li equipara dal punto di vista salariale ai dipendenti, introducendo garanzie, diritti sindacali (diritto di rappresentanza, diritto d’assemblea, ecc.), diritti collettivi e individuali (malattia, ecc.) che vanno in una direzione ben chiara: quella della tutela e della difesa delle fasce più emarginate e più flessibili del mercato del lavoro. Inoltre le imprese non potranno assumere lavoratori con contratto a progetto sino a quando le parti non avranno raggiunto una intesa e ciò evita di far coesistere le due fattispecie, cosa peraltro che la legge consente.

Ci chiediamo come mai non si levavano prima queste “grida di dolore”, quando milioni di Co.Co.Co. abbattevano i costi aziendali attraverso la violazione sistematica della legge e la conseguente mortificazione, fino all’annullamento, dei più elementari diritti a salvaguardia della dignità e del lavoro di milioni di giovani lavoratori e lavoratrici.

Ma forse il Professore è troppo impegnato ad ammirare “le meraviglie” delle Legge 30 e del Dlgs 276/03 per accorgersi come, a fronte di un impianto normativo che accentua la bilateralità, le circolari ministeriali finiscono con l’annullare l’obbligo legislativo (art. 10, Legge 30/03) dell’applicazione dei contratti collettivi per le aziende del commercio, del turismo e dell’artigianato che vogliono usufruire di danaro pubblico, ricavato dagli utenti, tra i quali anche i “lavoratori flessibili”, e a questo proposito nessuna indignazione si leva.

Così come forse non si accorge che la flessibilità selvaggia conduce solo ad un modello di società del lavoro non certo basata sulla qualità delle prestazioni lavorative e quindi sulla competitività del sistema Paese, ed è su questo versante e non su quello “ quantitativo” della produzione che si gioca il futuro dell’Italia.

Non pretendiamo di “censurare” le idee o gli atti del Professore, gradiremmo però altrettanto rispetto per chi, come noi, verifica giorno dopo giorno la propria rappresentatività con i lavoratori e le lavoratrici, parlandoci e non studiandoli sui libri. Quei lavoratori e quelle lavoratrici in carne ed ossa che fanno fatica ad arrivare a fine mese e che non hanno redditi tali da potersi permettere di “giudicare dall’alto di uno scranno universitario”.

Marinella Meschieri, Filcams Cgil
Pietro Giordano, Fisascat Cisl
Gianni Rodilosso, Uiltucs Uil