27/6/2006 ore: 12:40

Una valanga di No cancella la devolution

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      martedì 27 giugno 2006


      Pagina 2 - Interni

      Una valanga di No
      cancella la devolution
        Vota il 53,6%. Il Sì prevale solo in Lombardia e Veneto


        Napolitano e Amato:
        importante
        la larga partecipazione


        GIANLUCA LUZI
          ROMA - 61,7 per cento al No. 38,3 per cento al Sì. Con uno scarto che non ammette repliche né incertezze di interpretazione gli italiani hanno sonoramente bocciato la riforma costituzionale approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura. Con una percentuale di votanti sorprendentemente alta: il 53,6 per cento, oltre il quorum che peraltro non era richiesto. Un risultato che riempie di soddisfazione il presidente della Repubblica Napolitano: «Davvero una bella giornata. Tutto bene oggi, dall´alta partecipazione al referendum al risultato della Nazionale ai mondiali di calcio». Tra gli italiani all´estero i Sì, invece, sono in vantaggio: 51,5 a 48,5 e se il risultato sarà confermato il risultato totale del No scenderebbe al 61,4 per cento. Erano undici anni che un referendum non superava il quorum e il ministro dell´Interno Amato ha sottolineato questo aspetto: «Mi ha colpito, dopo 10 anni, il ritorno al superamento del quorum, che non c´è, ma politicamente lo si percepisce sempre». Amato ha ricordato di essere stato sempre critico sulla riforma del centrodestra, «il che non significa - osserva però il ministro dell´Interno - che le riforme non siano necessarie. Io ero stato tra gli autori della proposta, che ora vedo rientrare in circolazione, di una Convenzione». Adesso il governo è più solido e l´Unione promette riforme condivise mentre nella Cdl si apre una resa dei conti, con An che invita Berlusconi a riflettere: anche l´ultima occasione per una «spallata» a Prodi è fallita. Significativa è la prima dichiarazione dell´ex vicepremier Fini che plaude all´alta partecipazione al voto: «La democrazia deve essere fiera del 54 per cento alle urne». Una partecipazione così alta, alla fine di una stagione elettorale infinita e particolarmente accesa, è il segno che il cambiamento radicale della Costituzione fortemente voluto dalla Lega di Bossi e Calderoli e da Berlusconi, è stato vissuto dalla maggioranza degli italiani come un pericolo di fronte al quale era giusto mobilitarsi. L´esito del referendum è una sconfitta secca e dolorosa per Berlusconi e Bossi che sul «premierato forte» e sulla «devolution» avevano rinsaldato il loro asse, così mal sopportato da An e Udc. E anche al Nord, dove la Cdl afferma di aver vinto, il risultato non è così incoraggiante per il «partito del nord»: il Sì infatti ha prevalso solo in due regioni: Lombardia e Veneto, ma non nelle due principali città, Milano e Venezia dove ha vinto il No. In Veneto il Sì ottiene il 55,3% dei voti; in Lombardia il 54,6. In Friuli Venezia Giulia il No ha vinto di misura e il Sì ottiene il terzo miglior risultato con il 49,2 per cento dei voti. I record di Sì sono stati ottenuti nelle province di Bergamo, Sondrio (65,4 primato assoluto), Treviso, Verona e Vicenza. Il Sì vince anche nella provincia di Cuneo dove sono nati tre ministri del governo Prodi: Turco, Damiano e Bonino. Nel dettaglio, al Nord il No vince 52,6 a 47,4. Al Sud il No schiaccia il Sì per 74,8 contro 25,2 (record a Crotone con oltre l´86 per cento di No). L´Italia centrale ha schiantato la riforma costituzionale con un massiccio 67,7 contro il 32,3 per cento di Sì (e il 57,2 per cento di votanti). Nelle isole, infine, il No ha seppellito la devolution con il 70,6 per cento contro il 29,4. In totale il Sì vince solo in 2 regioni su 20 ed in 23 province su 110. A Roma i No sono stati più di un milione: 1.168.842 e hanno raggiunto una percentuale vicina al 70 per cento. I Sì nemmeno la metà. In Piemonte il fronte del No ha vinto con 13,2 punti di scarto, 56,6% contro il 43,4% raccolto dai Sì. E determinante è stato il peso della provincia di Torino, dove la riforma è stata bocciata, con il 62,8% dei voti. A Torino città il no ha raggiunto il 66%. Ma in cinque province su otto hanno vinto i Sì.