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Relazione F. Martini Comitato Direttivo FILCAMS CGIL, 20-21/09/2011

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Vorrei innanzitutto ringraziare tutte le strutture per l’impegno mostrato nella preparazione dello sciopero del 6 settembre e nella partecipazione alle manifestazioni. I dati ci parlano di un risultato superiore a quello del 6 maggio.
In quella circostanza, l’ampia partecipazione del nostro settore fu motivata soprattutto per la ferita ancora calda del contratto separato del TDS e per la risposta che ne conseguì. Questa volta, non vi è dubbio che la presenza significativa del terziario dimostra una diffusa consapevolezza degli effetti negativi che la manovra avrà sul settore, sulle donne e gli uomini che vi lavorano.
Abbiamo con ciò contribuito a caratterizzare la mobilitazione della Cgil, portando uno spaccato sociale concreto della realtà che subirà quegli gli effetti negativi. Analoga capacità dovremo mostrare nel dare continuità alla mobilitazione.

Lo sciopero si è rivelata una scelta opportuna, per offrire un punto di riferimento, oltre il mondo che rappresentiamo. Vasti settori della società hanno trovato nella nostra mobilitazione un riferimento importante per veicolare il profondo disagio, il malessere per il perdurare della crisi e per le inique risposte del Governo.
Anche settori importanti di Cisl e Uil hanno ritenuto di indirizzare il loro malessere nell’iniziativa della Cgil e questo sottolinea ulteriormente l’anomalia di un sindacato confederale italiano che non riesce ancora a costruire una risposta unitaria, in termini di proposte e mobilitazione.

Sulla manovra è stato detto tutto. L’unico punto che salviamo è la misura contro il caporalato. Per il resto, si tratta di una manovra totalmente iniqua, inefficace, che non interviene sugli aspetti strutturali della crisi e che agisce come cavallo di Troia, introducendo interventi che nulla hanno a che fare con gli obiettivi della manovra stessa.
La conferma viene dal declassamento da parte delle agenzie di rating, una conferma indiretta della insufficienza delle misure adottate.
Intanto, le dimensioni della manovra:
Bisogna guardare alle due manovre, quella di luglio 80.064,1 MLD (D.L. 98/2011) e quella di agosto (51.279.9). L’effetto complessivo è di 130 MLD (col maxi-emendamento si arriva a 145MLD).
Abbiamo innanzitutto denunciato il suo carattere di profonda iniquità sociale.
Si pesca nel bacino di chi ha sempre pagato (basterebbe osservare come l’effetto complessivo delle due manovre ammonta alla massa stimata delle evasioni fiscali). La lotta alle grandi evasioni ed elusioni è ridotta allo spot delle manette agli evasori, che, come ci hanno spiegato in queste ore valenti commercialisti, sarà poco più che un’invenzione pubblicitaria.
Un Governo che aveva come missione la riduzione delle tasse, con questa manovra (secondo una stima della CGIA), porterà la pressione fiscale nel 2014 al 54%
Le famiglie si caricheranno 33 mld dei 51 della manovra. L’aumento dell’Iva determinerà un incremento del costo del carrello della spesa. Secondo Confesercenti salirà di 140 euro l’anno per famiglia; Federalimentare parla di 180 euro; Codacons 385 euro, comprendendo i servizi, stimando un incremento del 35% dei prezzi. Anche per questo occorrerà vigilare contro la speculazione.

L’effetto combinato dell’aumento dei prezzi con i tagli agli enti locali sarà rovinoso. Tra spesa corrente (4667) e spesa in conto capitale (2333) siamo a 7.000Mld di tagli. I settori prevalenti colpiti saranno: territorio e ambiente 1043, settore sociale 1010, viabilità e trasporti 634, istruzione pubblica 502.
Ma non saranno solo questi settori che metteranno a rischio i posti di lavoro per le ricadute sul settore dei servizi in appalto. Anche i tagli alla cultura, inconcepibili per un paese come il nostro (178mld), produrranno ripercussioni. A Firenze –ad esempio- chiude una libreria storica del centro (La Marzotto) e questa potrebbe essere solo l’inizio di un ridimensionamento del settore.
Per questo noi saremo con i sindaci, per difendere servizi e lavoro.
Abbiamo –quindi- già individuato due terreni per l’iniziativa della categoria (crisi dei consumi – aumento dei prezzi – rischio occupazionale); taglio ai comuni e riduzione attività di servizi in appalto.
Ma altri ve ne sono:
una manovra contro le donne (anticipo dell’adeguamento delle pensioni di vecchiaia)
in un settore di donne e di precariato.
La liberalizzazione delle aperture. La manovra di agosto ha fatto dietrofront, ma quella di luglio ha aperto delle voragini paurose (le città d’arte).
Cooperative aumento del 10% della tassazione sugli utili accantonati e meno agevolazioni.

Abbiamo denunciato il carattere depressivo di una manovra inutile, che rischia di dover essere integrata fra poche settimane. Il declassamento, abbiamo già detto, è la conferma.
La prospettiva dell’Italia sarà la mancata crescita. Il motore ancora oggi non riparte. Basta guardare all’industria manifatturiera, con riferimento al settore dell’auto. L’Europa ha visto una crescita del + 7,8% di immatricolazioni; invece, i marchi Fiat hanno visto un calo del 7,6%. Oltretutto, Fiat chiude Irisbus confermando la previsione che l’industria che produce mezzi di trasporto subirà nuovi contraccolpi, con il taglio dei servizi della mobilità.
Gli effetti negativi sul manifatturiero riguardano anche noi. Ad esempio, la vicenda di Termini Imerese colpisce anche noi, perché ripropone il tema dell’indotto, che deve rimanere parte integrante delle strategie di rilancio dell’industria.
Altre misure rischiano, dunque, di essere necessarie e, soprattutto, essere dettate da fuori. Siamo guardati a vista e la nostra sovranità diminuisce. Cinque banche mondiali hanno inondato di liquidità il sistema bancario europeo, ma il rimedio può essere peggio del male, poiché ciò porta ad incrementare il rischio dell’inflazione. E se riparte l’inflazione avremo salari e stipendi ulteriormente martoriati.
Tutto questo, nel momento in cui i falchi anti-euro sono tornati a volare (come dimostra la fumata nera sulla Grecia, che ha visto rinviata la sesta rata degli aiuti). Se salta l’Euro le previsioni parlano di un possibile calo del Pil di Francia e Germania del 20/25% (la Germania ha il 60% dell’export nei 27 paesi dell’U.E.). I paesi periferici, invece, subirebbero effetti ancora peggiori (Pil -40/50%).

Abbiamo denunciato anche il carattere strumentale di alcuni provvedimenti contenuti nella manovra, che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi di anticipare il pareggio dei conti.
In particolare: la privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali, per ribaltare l’esito del referendum (Sacconi: “Troveremo il modo di rimettere in discussione il referendum”); e L’art.8, con il quale viene riproposto l’attacco all’art.18 dello Statuto, per la libertà di licenziamento e la messa in discussione del diritto del lavoro. Un provvedimento la cui conseguenza sarà la privatizzazione del diritto del lavoro, con la messa in discussione del contratto nazionale. Un siluro lanciato da Sacconi all’accordo del 28 giugno, con il quale viene ribadita la centralità del Ccnl e per la prima volta si riconosce la necessità di definire le intese in relazione alla misurazione della rappresentatività dei sindacati.

La gravità della situazione sta anche nella caduta di credibilità del Governo, un Governo sempre più messo alla berlina, nella comunità internazionale.
Nel Paese abbiamo due certezze, Napolitano e la Cgil.
Non è compito nostro prospettare i Governi, certo è che questo prima se ne va e meglio è!
Il nostro compito è come non disperdere la fiducia conquistata dalla Cgil.
Per prima cosa, occorre assicurare coerenza e linearità delle proposte, sia nel merito (la manovra alternativa presentata dalla Cgil) che per lo sviluppo della mobilitazione.
Sono importanti le iniziative decise all’unanimità dal Direttivo della Cgil (Pubblico Impiego, Pensionati e manifestazione sul lavoro giovanile a fine anno).
Come Filcams dobbiamo stare dentro questa mobilitazione con le nostre problematiche, caratterizzandoci soprattutto su:

    ·Il tema dell’occupazione
    ·Il tema del consumo
    ·Il tema dei servizi
    ·Il tema degli orari

Sarebbe anche importante rafforzare l’unità della Cgil. Saremmo poco capiti se, a fronte di tutti quelli che ci sparano addosso, noi dovessimo consumare un fratricidio. Gli appelli al superamento delle divisioni congressuali che abbiamo letto e sentito vanno bene, ma occorre una grande capacità di capire che l’eccezionalità della fase impone, sia il superamento di vecchi schemi, sia l’assunzione di una grande responsabilità.
La questione riguarda soprattutto l’iniziativa su Art.8 e accordo del 28 giugno. Come Cgil abbiamo chiesto lo stralcio (ma nella manovra è rimasto).
Dobbiamo continuare a far esplodere l’incompatibilità tra i due atti e possiamo farlo innanzitutto nei confronti dei firmatari dell’accordo.
Per questo abbiamo deciso di sospendere la consultazione per andare a verificare dove stanno Cisl e Uil. E se riuscissimo a portarli su una posizione che immetta su un binario morto l’art.8, non sarebbe certamente la nostra posizione, ma sarebbe utile alla causa, per depotenziarne gli effetti deleteri e consolidare le potenzialità contenute nell’art.8 della manovra.
Questa è la priorità! Al di là delle opinioni che possiamo avere sull’accordo del 28 giugno.
Estendere agli altri settori l’accordo del 28 giugno, con gli inevitabili adattamenti, servirebbe anche al settore terziario, poiché siamo dentro un regime di contratto nazionale derogatorio. Non risolverebbe il problema, ma potrebbe aprire nuovi scenari per arginare una pericolosa deriva nelle relazioni sindacali, dopo la firma del contratto separato.

La situazione contrattuale
Rispetto a luglio si è ulteriormente complicata.
    ·Rischia di saltare la mediazione sul Ccnl degli studi professionali. Nei prossimi giorni vi sarà un incontro decisivo e sulla base dei testi consegnatici non ci sono le condizioni perché la Filcams possa firmare, poiché si spinge verso il recepimento del collegato sul lavoro, ipotesi che non può da noi essere sostenuta.

    ·Non ci sono novità sulla vigilanza privata. Il fronte datoriale si sta disarticolando, con un atteggiamento di maggiore disponibilità dell’Assiv. A questo proposito avremo due incontri nel mese di ottobre, uno proprio con Assiv, l’altro con Federsicurezza.
    ·Nelle farmacie private si è consumata con una grave rottura delle trattative. Dopo 20 mesi dalla scadenza del CCNL, la controparte, non ha saputo far altro che una proposta economica che risulta insufficiente, non dignitosa e quasi provocatoria. Una proposta che non risponde alle legittime aspettative dei lavoratori che quotidianamente esprimono un’altissima professionalità, Particolarmente inopportuna, poi, la decisione della delegazione trattante di Federfarma di non consentire alcuna apertura sul welfare contrattuale - previdenza complementare ed assistenza sanitaria integrativa - nonché l’indisponibilità a valorizzare le professionalità intervenendo sulla classificazione del personale, ormai obsoleta; la negazione del diritto al part-time post maternità e la non volontà ad investire sulla formazione.
    ·La Cooperazione è ad un punto morto. La trattativa è in pieno stallo, per l’insistenza della controparte nel rivendicare modifiche strutturali alle normative del contratto nazionale. In particolare, si insiste nel ritenere imprescindibile l’introduzione delle 40 ore per i nuovi assunti, non come ipotesi da consegnare alla contrattazione di II livello, ma come norma del contratto nazionale. Sono saltati tutti gli incontri programmati a settembre e si profila un rinvio del negoziato di qualche mese, per evitare di consumare una rottura con la Cgil, che nel settore della cooperazione avrebbe ripercussioni ben più gravi di quelle che si avranno nel settore privato.

Nel terziario si entra nella fase complessa dell’assestamento a regime del Ccnl separato.
Noi stiamo navigando con la bussola che ci siamo dati al direttivo del 9 maggio, giocare su tutta la tastiera alla quale ha fatto riferimento il documento approvato in quella sede: dagli accordi di disapplicazione a quelli che cercano il più possibile di esercitare la funzione contrattuale al secondo livello.
In questi giorni si sono lette cose senza senso, destituite di ogni radicamento con la realtà: il possibile rientro nel Ccnl TDS. Magari! Se qualcuno sa indicarci la porta, volentieri.
Noi, nel mantenere tutto il nostro dissenso, abbiamo detto di continuare:
    ·a fare le lettere di diffida,
    ·a sostenere i lavoratori o gruppi di essi nella promozione di cause individuali (o di gruppo);
    ·nel confermare il nostro dissenso sui 2 euro, là dove questa misura venga imposta, abbiamo detto che devono andare a prestazioni.
    ·Abbiamo mantenuto il filo diretto con la Cgil sulla posizione relativa alle commissioni di conciliazione e siamo attualmente sulle posizioni della Cgil, dalle quali potremo muoverci solo con la Cgil.
In definitiva, abbiamo scelto di stare in campo in tutti i modi possibili, per evitare l’emarginazione ed il dover prendere atto di scelte fatte solo dagli altri.

Ovviamente, c’è sempre qualcuno più bravo di noi, che ha sempre una ricetta migliore della nostra, che sa indicarci la via più giusta, a prescindere dalla sua concreta praticabilità, che si erge a giudice del nostro operato. Va bene, ascoltiamo tutti i consigli di questo mondo, a condizione di non stravolgere la realtà e di inventarsi balle che non stanno né in cielo, né in terra.

Il nostro modo di stare in campo dovrà sempre più prevedere l’offensiva sul terreno della bilateralità, dove il rischio è la totale emarginazione della Filcams.
Stiamo riprendendo i contatti con Confcommercio e con Cisl e Uil, per provare a concordare un modus vivendi, in questa fase.
Al tempo stesso, stiamo lavorando con la Confederazione, per mettere a punto una analisi ed una proposta aggiornata della Cgil sulle problematiche legate alla bilateralità.
Per quanto riguarda la Filcams, ripartiremo subito con la consulta sulla bilateralità, per dare seguito al lavoro fatto, che abbiamo portato al seminario sulla contrattazione.
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Anche per affrontare questa stagione con una Filcams sempre più all’altezza delle sfide, questo Direttivo deve fissare percorso e criteri, per procedere ad un’ulteriore tappa nella costruzione del proprio assetto politico ed organizzativo.
Era un appuntamento che già ci eravamo dati prima della pausa estiva, e che avrebbe dovuto procedere al completamento della segreteria costituita dopo l’ultimo congresso.
Naturalmente, per il contesto dentro il quale si trova immersa la categoria è chiaro che questa tappa deve costituire l’occasione per procedere ad un significativo check-up dell’intera organizzazione, di cui la segreteria nazionale costituisce un anello, certamente importante, ma che riguarda anche l’intera struttura nazionale e lo stato dell’organizzazione più in generale.
Proporremo a conclusione del Direttivo la costituzione della commissione dei saggi, che dovrà procedere alla consultazione di tutti i membri del direttivo, sulla base delle proposte che ad essa saranno avanzate dalla segreteria.
Tale percorso dovrà concludersi con la prossima sessione del Comitato Direttivo, che prevediamo di tenere tra ottobre e novembre.
Naturalmente, ci sembra corretto chiedere a questo organismo, che esprime il gruppo dirigente della categoria, un confronto di merito, utile a orientare la costruzione delle proposte.
E’ fuori discussione che il completamento della segreteria è parte del processo di riorganizzazione e di rinnovamento, avviato dalla categoria tre anni fa e che ha trovato nel congresso una sua sanzione importante. Quel progetto ha corrisposto ad una scelta impegnativa dell’allora gruppo dirigente, giunto ad una soglia di maturità avanzata, che ha ritenuto opportuno per il futuro dell’organizzazione, fare un passo indietro e favorire un forte rinnovamento della struttura nazionale e con essa quelle territoriali e regionali.
Per questo, quando parliamo del progetto di rinnovamento della Filcams e ci impegniamo a farne un bilancio, dobbiamo parlare di metodo, di modalità organizzative, di uomini e donne, oltreché del profilo politico e culturale.
A poco varrebbe cambiare le persone, se dovessimo trascinarci un modo di essere e di operare, anch’esso bisognoso di innovazione. Ed è innanzitutto questo il bilancio che dobbiamo fare, per quanto le stesse nuove persone debbano e possono rappresentare un valore aggiunto, in quanto, portatrici di mentalità innovative.
Da questo punto di vista, dobbiamo ammettere che l’inserimento del nuovo e giovane gruppo dirigente e la ricerca e sperimentazione di nuove modalità operative della struttura nazionale, sono avvenute in un periodo della nostra vita segnata da tutte le vicende negative che sappiamo. Un primo Ccnl separato del terziario, poi, il secondo Ccnl separato, figlio di una stagione sindacale segnata dalle divisioni, dunque, foriera di nuovi esiti negativi su altri tavoli contrattuali. Il tutto, in una stagione economica che ha visto e vede il nostro settore coinvolto in una crisi inedita, che ha costretto la struttura nazionale a dedicare anima e cuore alla gestione delle ricadute in termini occupazionali.
Diciamo che, se il rinnovamento avesse avuto bisogno di un aiuto per affermarsi rapidamente, abbiamo trovato vento e mare contro, che non ha certo reso agile la navigazione.
Ciò nonostante, voglio dare atto alle compagne e ai compagni che hanno scelto di far parte di questo progetto, di aver dedicato a questa scelta tutte le loro risorse e la volontà di affermarlo, come esperienza finalizzata a definire una nuova identità collettiva.
Con le inevitabili luci ed ombre che una scelta di questo tipo comportava, poiché gli stessi compagni erano portatori di percorsi personali diversificati, con diversi livelli di responsabilità vissuti all’interno dell’organizzazione, sentiamo di dover confermare la validità di questa scelta, non solo perché al momento nessuno è stato in grado di dire quale avrebbe potuto essere una scelta alternativa (la categoria era al capolinea), quanto, soprattutto, per la convinzione di aver dato vita ad un laboratorio di innovazione organizzativa, utile alla stessa Confederazione, come ci è stato ripetutamente riconosciuto.
Per questo, la costruzione di una proposta deve per noi avere come perno il riconoscimento, anche parziale, di questa scelta. Se non fosse così, dovremmo prendere atto che ci siamo sbagliati e dovremmo individuare nuove vie da percorrere. Ma non è l’opinione della segreteria, che, al contrario, ritiene che su questa strada occorre insistere, pur con tutti i correttivi necessari.
Questo non significa che l’esperienza compiuta in questi due anni offre tutte le risposte alle nostre esigenze, ho già detto che il bilancio descrive esperienze di diverso grado di maturazione, ma questo è naturale. Tuttavia, abbiamo a disposizione una dote invidiabile, che ci viene invidiata e che non ha nulla da invidiare ad altre strutture. Io non la cambierei con nessuna delle situazioni che mi sono note in altre strutture.
Naturalmente, la proposta che dovremo costruire deve ispirarsi ad una autonoma idea di assetto della segreteria e della struttura nazionale, che non necessariamente debba rimanere prigioniera dei modelli ereditati dal passato. L’organizzazione è anche terreno di sperimentazione, è il mezzo con il quale raggiungere il fine e non viceversa.
Da questo punto di vista sarebbe sbagliato immaginare la Segreteria come l’unico luogo di concentrazione delle responsabilità, soprattutto in una categoria come la nostra, caratterizzata da una vastità di settori e di problematiche. Se dovessimo dotarci di un organismo esecutivo in base alla rappresentanza settoriale, dovremmo immaginarlo abbastanza numeroso, soprattutto per il fatto che questo gruppo dirigente si è caratterizzato per la scelta di considerare le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori, senza appartenenze alla serie A o serie B.
Per questo è forse più utile immaginare la segreteria come luogo di elaborazione, più che di rappresentanza; ed al tempo stesso, immaginare una struttura nazionale che sia sempre più luogo della direzione collettiva, rafforzando una esperienza che abbiamo avviato, ma che con enormi difficoltà riesce a vivere, data la imprevedibile quotidianità che tutti i nostri dirigenti si trovano a gestire.

La segreteria che dovremmo completare è figlia di una scelta congressuale, che nella nostra categoria ha individuato nella gestione unitaria una scelta politica di valore. Una scelta che dovrebbe acquisire maggiore valore, di fronte alle sfide a cui è chiamata oggi la Cgil, ma che proprio in queste sfide rischia di trovare molte ragioni per essere messa in discussione. Già è così nella vita della Cgil; dobbiamo verificare se la Filcams su questo terreno sarà ancora in grado di offrirsi come un laboratorio particolare, dove per gestione unitaria non si intende la soppressione del pensiero diverso, l’esistenza di molte opinioni e punti di vista sulle questioni che appartengono alla nostra vita e che caratterizzano le scelte politiche dell’organizzazione.
La gestione unitaria consiste nel far convivere idee diverse in un governo condiviso. La gestione unitaria è quella che non confonde una posizione di minoranza con l’opposizione al governo, ma che vive quella posizione (di minoranza) come un contributo al governo condiviso.
Nel corso di questi mesi, la nostra scelta è stata messa a dura prova, sia dalle vicende nazionali che da quelle di categoria, a partire dal contratto separato del terziario. E tuttavia, ricordo a tutti noi che questa scelta ha resistito fino al 9 maggio, quando il direttivo ha approvato all’unanimità un documento su come la Filcams debba gestire la situazione nella quale siamo precipitati. Un documento tutt’altro di facciata, poiché trova il riscontro nella gestione quotidiana dei fronti sui quali siamo attestati, sia quelli di secondo livello, che nazionali.
Occorre, dunque, anche alla luce delle considerazioni fatte in precedenza sulla fase sindacale della categoria, verificare se questa condizione è ancora presente fra noi, oppure no.
Resta il fatto che, come in tutti gli organismi vitali, il pluralismo è condizione più salutare, rispetto al monolitismo. Questo vale fra maggioranze e minoranze, e all’interno delle stesse maggioranze e minoranze.
Per questo, vogliamo affidare al percorso che intraprenderemo con questo direttivo e che ci porterà alla proposta di completamento della segreteria, il compito di scandagliare in profondità il nostro patrimonio sindacale, per viverlo come una risorsa e non come un fardello. Il tutto, ovviamente, nella chiarezza e nella trasparenza delle regole. La democrazia che regola la vita della nostra organizzazione vale per tutti, poiché rappresenta il collante che può tenere insieme tutte le nostre diversità.

Di questa nostra discussione come sempre renderemo consapevole la Cgil, poiché vogliamo che la Filcams sia parte della Cgil, non repubblica indipendente. Anche se la Confederazione negli anni che abbiamo alle spalle ha spesso trascurato la categoria, noi vogliamo, invece, consolidare un nuovo corso, che ci vede un po’ più al centro dell’attenzione nelle politiche e nelle iniziative della Cgil.
Anche per questo consideriamo la nostra politica dei quadri e di assetto dei gruppi dirigenti, un terreno di contaminazione e di scambio con la Confederazione, certo, non per fare quello che chiamiamo in gergo “collocamento”, ma per scambiare esperienze che possano risultare utili alla costruzione delle nostre politiche.
Anche questa è una verifica che faremo con la Segreteria Confederale.

Sul Tesseramento la segreteria nazionale presenterà un progetto finalizzato al raggiungimento dei 400.000 iscritti. Ma dovremo fare un lavoro sulla quantità e sulla qualità del nostro tesseramento. I numeri sono importanti, mas sono soprattutto uno strumento per analizzare limiti e potenzialità. In particolare, dovremo verificare il nostro dato sugli iscritti in rapporto ai tassi di sindacalizzazione, perché solo attraverso questo metro di misura potremo individuare i bacini di potenziale espansione del nostro tradizionale insediamento.

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Vorrei, infine, intervenire sulla vicenda che ha visto in questi giorni protagonista Maurizio Scarpa e conseguentemente la nostra categoria. Debbo farlo, poiché la nostra categoria (oltre alla Cgil) è stata tirata in ballo in un modo che impone la necessità di fare chiarezza, innanzitutto all’interno di questo gruppo dirigente.
Non lo farò inseguendo Scarpa sul terreno da lui scelto, che, soprattutto negli ultimi giorni, ha visto una vertiginosa escalation di personalizzazioni, che non appartengono alla nostra cultura e al nostro modo di essere.
Nelle cose che si sono lette direttamente ed indirettamente (poiché viviamo attraverso internet dentro un enorme Grande Fratello), la Filcams è stata esposta ingiustamente a delle accuse gravi, delle quali, ovviamente, risponderà nelle sedi opportune chi le ha formulate.
Quello che risulta chiarissimo a chi vive dentro questa categoria è l’infondatezza degli argomenti utilizzati, per costruire un castello di incredibili falsità, che hanno tratto in inganno anche un po’ di inconsapevoli delegate e delegati, che giustamente hanno ritenuto di esprimere solidarietà a Scarpa.
Ad un certo punto mi sono chiesto: ma perché tutto questo? Che c’entra? E non ho trovato altra risposta che il tentativo di nobilitare una causa, che invece ha una spiegazione più semplice e banale.
Mi limito a respingere le due principali accuse mosse alla Filcams. Il resto lo considero inutile contorno.
Non è vero che la Filcams ha licenziato Scarpa! Questa è la prima, grave falsità e duole veder scomodare un argomento come quello del licenziamento, a fronte di una vicenda che nulla ha a che fare con i licenziamenti con i quali dobbiamo fare i conti tutti i giorni.
A Scarpa è stata avanzata dalla Cgil una proposta a un anno dalla scadenza del suo mandato. Questo significa, intanto, che non è vero che il distacco sia stato “improvvisamente” tolto, come affermato da Il Manifesto, ma che è stato restituito alla Cgil dopo un anno dalla scadenza (rettifica de Il Manifesto stamani). La Filcams ha atteso un anno, non un giorno. Ci dispiace che di questo non ci venga dato atto.
Si può discutere se questo è il modo più virtuoso che abbia la Cgil per gestire la politica dei gruppi dirigenti, certo non lo è molto ed io stesso al Direttivo Nazionale ho accolto la proposta avanzata dal portavoce nazionale della mozione “La Cgil che vogliamo’ di fare una discussione sulla vita interna alla nostra Confederazione.
Resta il fatto che a Scarpa è stata fatta una proposta dalla Cgil.
L’interessato può gradirla o meno (questo vale per tutti), ma è inaccettabile che l’assunzione di responsabilità personale che deriva dalla scelta di rifiutare una proposta, diventi un licenziamento da parte della categoria, che in questo caso non è neanche soggetto regolatore.
Qui sta una prima, evidente strumentalizzazione, assolutamente inaccettabile e da respingere fermamente da parte della Filcams. Tanto più che la categoria si era resa disponibile, su richiesta dell’interessato e dello stesso portavoce nazionale della mozione, a superare alcuni limiti che quella proposta aveva, soprattutto in relazione al riconoscimento di una funzione nazionale di Scarpa, quale esponente della mozione. E’ sconcertante sentirsi dire o leggere che questa disponibilità sia poi diventata il tentativo di “comprare” l’uscita di Scarpa.
Così come è destituita di ogni logica mettere sullo stesso piano le dinamiche che riguardano i dirigenti in attività, con quelli in pensione.
Questo gruppo dirigente, che ha ereditato una pratica, peraltro non del tutto originale, di impegnare i compagni in pensione, ha avviato un processo di superamento della stessa, arrivando a dimezzare i contratti di collaborazione, indicando la data di questo fine anno, come quella del possibile, completo superamento degli stessi contratti.
Voglio ricordare, a chi oggi agita strumentalmente questa leva, che i compagni in pensione che collaborano con la Filcams, sono lì perché noi glielo abbiamo chiesto e io voglio ringraziarli questi compagni, perché ci hanno consentito in questi anni di gestire i naturali avvicendamenti, senza traumi. Scarpa sa bene che se alcuni di questi compagni sono posizionati dove lui ha ricordato con una delle sue interminabili note, è proprio perché non avremmo avuto nessuno da collocare in questo periodo.
Eppure, sto ricordando cose note, che fanno parte della riorganizzazione della Filcams Nazionale prima e dopo l’ultimo congresso.

La seconda accusa che respingo categoricamente, a nome di tutto il gruppo dirigente della Filcams, è quella che riguarda il movente politico del cosiddetto licenziamento.
Qui siamo veramente al ridicolo! Chiedo a tutti voi se qualcuno ha mai avuto problemi a venire a questo microfono e dire quello che pensa?! Mi è capitato, semmai, di ricevere osservazioni di segno opposto.
Colpendo il portavoce della mozione si vuol limitare o annullare “il dissenso” politico. Ma quando mai scusate?! Forse sono arrivato da poco sulla terra da un altro pianeta?
Ho già ricordato che non tanto tempo fa, il 9 maggio, il Direttivo ha approvato un documento all’unanimità, su come dobbiamo stare dentro il contesto del contratto separato. E lungo quel sentiero siamo andati avanti, tutti! Le riunioni successive non hanno mai messo in evidenza un ripensamento, un cambio di rotta; se mai riflessioni aggiuntive, preoccupazioni crescenti, tutte cose utili alla collettività. E allora, quale dissenso dovevamo ammazzare?!
Ricordo anche che il 14 giugno, il segretario generale della Filcams è stato invitato alla due giorni fiorentina dell’area programmatica “La Cgil che vogliamo”. Sono andato a rileggermi la relazione, per capire se mi era sfuggito qualcosa; ma non ho trovato una sola traccia di tutto quello che ho letto in questi giorni. Dunque, dobbiamo dedurre che nel giro di dieci giorni in Filcams o nel Paese sia successo qualcosa che abbia sconvolto il mondo…?!
Qui sta la strumentalità delle accuse. Fino al 14 giugno le cose in Filcams andavano sostanzialmente bene (niente caccia ai sovversivi, piena cittadinanza alle minoranze, ecc…) e poi, improvvisamente, viene dipinto un quadro radicalmente opposto. Lascio a voi interpretare il senso di questo improvviso cambio di giudizi.
L’esempio più eloquente di questo castello fantasioso sta nella denuncia che si è inteso fare di un possibile rientro nel Ccnl del TDS, magari, con chissà quali manovre sotterranee, alle spalle degli ignari lavoratori. Qui veramente si mente sapendo di mentire e si offende l’onestà di questo gruppo dirigente.
Non voglio aggiungere altro e voglio tranquillizzare tutto il gruppo dirigente. La Filcams continuerà ad essere una palestra della dialettica sindacale. La battaglia delle idee non ha bisogno di paladini, perché è una scelta che sta nel nostro dna ed è un bisogno che appartiene a tutta la categoria, perché serve a crescere. Ma la vera battaglia delle idee è quella che si nutre della trasparenza, del merito, della obiettività, non delle palesi strumentalizzazioni, che sanno molto di antico.

Tralascio ogni altro dettaglio della vicenda e di quanto si è letto in questi giorni. Dico solo che questa categoria, questo gruppo dirigente non si meritava e non si merita tutto ciò e mi auguro che chi ha intrapreso questa strada e chi ha scelto di assecondarla rifletta sulla sua assurdità.
Dopodiché, la categoria andrà avanti con la fierezza e l’orgoglio di chi ha sempre fatto della trasparenza e dell’onestà la prima regola del proprio agire, anteponendo sempre e con grande umiltà l’interesse dell’organizzazione ai nostri grandi o piccoli desideri.