Relazione M.G. Gabrielli A.G. Filcams Cgil, 29/05/2020
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Care/i compagne/i
forse tutti noi avevamo pensato ad un anno diverso e come categoria stavamo lavorando ad un programma diverso per il 2020 ma la nostra agenda, dal 23 febbraio, ha subito uno sconvolgimento impensabile.
Come abbiamo già avuto modo di dire nei momenti più concitati dei mesi scorsi, nessuno era pronto ad affrontare questa drammatica situazione sanitaria e subito dopo diventata anche economica che ha trasformato temporaneamente le abitudini, gli stili di vita, gli affetti, la socialità e il lavoro.
Per questo voglio utilizzare anche l’assemblea generale per ringraziare tutta la categoria; i sui dirigenti, funzionari, impiegati, militanti, tutti i rappresentati sindacali. Pur sentendoci disarmati, impreparati e preoccupati, abbiamo fronteggiato questa situazione con un ritmo impensabile – almeno fino a quando non abbiamo provato il brivido dello smart working o meglio del lavoro da casa – dedicando, ogni momento, ad un’unica priorità: stare vicino alle lavoratrici e ai lavoratori che erano diventati essenziali ai sensi dei vari DPCM (anche se fino al giorno prima erano invisibili ai più), e che non hanno mai smesso di lavorare durante la pandemia e, contestualmente, stare vicini a quei lavoratori che, a seguito delle chiusure delle attività, avevano bisogno di risposte rispetto alle garanzie del reddito e del mantenimento del lavoro.
Non credo sia utile ripercorrere i mesi che abbiamo alle spalle ma alcune sottolineature sono necessarie per affrontare le prossime fasi e soprattutto, per affrontare la prospettiva che riteniamo sia necessario costruire.
La prima evidenza è che l’emergenza sanitaria ha messo a nudo tutte le criticità presenti nel nostro paese. Non parliamo di problemi nuovi e, appunto per questo, il tema delle criticità rappresenta la sfida che dobbiamo affrontare per la ricostruzione.
Quanto accaduto in questi mesi rimette al centro la necessità di ridefinire il ruolo dello Stato e il suo patto con i cittadini.
In questa direzione c’è un investimento da fare sul diritto alla salute e all’accesso alle cure; sul diritto allo studio, dalla scuola dell’infanzia all’università alla ricerca; sul diritto al lavoro e ad una retribuzione dignitosa; sui diritti delle persone con la tutela che si deve alle condizioni dei più fragili. Un patto Stato –cittadini che è stato spezzato nel corso degli ultimi decenni da manovre centrate sulla spending review, sui tagli lineari, con appalti e terziarizzazioni tendenti prevalentemente al risparmio invece che alla qualità del servizio e del lavoro, dove c’è stato uno sbilanciamento sul precariato e sui bassi riconoscimenti salariali. Un patto che quindi va ricostruito.
Altro punto che l’emergenza sanitaria ha riconfermato è che siamo un paese fortemente diseguale a partire dalla condizione delle persone nel lavoro. Una disuguaglianza che diventa scomposizione, frattura, distanza con un neo-corporativismo che produce ulteriore divisione e instabilità. La rappresentazione plastica è data dallo stesso Decreto “Cura Italia” e dal Decreto cosiddetto “Rilancio” nella parte dedicata al sostegno ai lavoratori. Pur in presenza di risorse complessivamente importanti, e con 26 miliardi inseriti sul lavoro nel solo DL Rilancio, le misure sono spacchettate tra FIS e Cassa in deroga per sostenere alcuni settori, indennità per coprire altri lavoratori, reddito di emergenza, proroga della NASPI e DIS-COLL, altri hanno avuto i buoni spesa e quindi in corsa, si è dovuto correre ai ripari, perché il nostro paese ha un problema strutturale di lavoratori “in nero” o comunque irregolari e in situazione di povertà.
Altra declinazione delle disuguaglianza è leggibile nell’innovazione tecnologica e nelle infrastrutture materiali e immateriali. Il ricorso massivo allo smart working, se paragonato alle condizioni ante COVID, ha confermato l’esigenza di portare a compimento l’investimento nelle reti; l’emergenza ci ha confermato di essere in presenza di un sistema delle imprese e della PA ancora arretrato rispetto ai processi di digitalizzazione mentre questo, da tempo, è un investimento necessario per ammodernare, semplificare, e aumentare la capacità competitiva e la produttiva’. Inoltre, quello tecnologico è un investimento importante per ridurre le distanze tra le persone e tra territori. Basti pensare che il distanziamento sociale, la didattica a distanza, la solitudine delle persone, durante il blocco, hanno avuto come supporto quotidiano la tecnologia.
Altra priorità, per noi evidente, è quella di evitare che le ricadute più negative – come spesso ricorre nelle grandi crisi – si possano scaricare sulle donne e sui soggetti più deboli per condizione di partenza e per presenza di fragilità e tra questi un’attenzione importante deve essere riservata ai giovani. Lo stesso lavoro a distanza, ha avuto un impatto diverso in base al genere ed è evidente che se non hai un welfare di supporto alle famiglie nel territorio, dall’infanzia alla vecchiaia alla non autosufficienza, anche una volta superate le difficoltà generate dall’emergenza sanitaria, il lavoro a distanza non è smart, ma è un ulteriore complicazione!
La FILCAMS durante la pandemia
Provando a rileggere con le lenti della categoria quanto vissuto nel corso di questi mesi possiamo sicuramente dire che le conseguenze della pandemia sono ancora difficili da prevedere nei settori del turismo, terziario e servizi ma la consapevolezza è di un impatto forte per intensità e durata.
L’ingresso nella Fase Due mantiene un carattere di emergenza a fronte di una riapertura graduale di molte attività e comparti e la conseguente necessità di riassorbire gli impatti in tempi più lunghi.
Per questo, tra le priorità, c’è quella degli ammortizzatori sociali. Ci sono una serie di criticità e problemi da affrontare e risolvere ma soprattutto è necessario dire sin da ora che la proroga degli ammortizzatori legati alla causale COVID – 19 ha bisogno di essere impostata su un arco temporale più lungo e coerente con la previsione di ripresa delle attività dei vari settori e come supporto ai processi riorganizzativi delle imprese.
Se NON si lavora in questa direzione, c’è il rischio di trovarsi in un’altra tempesta perfetta a settembre. La proroga del divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, dei licenziamenti collettivi e delle procedure connesse, prevista positivamente all’art 80 del DL “Rilancio” scade il 17 agosto e questa scadenza però non coinciderà con la ripresa dei nostri settori.
Entrando ancora più nel dettaglio, nei prossimi giorni, dobbiamo lavorare su alcuni aspetti nodali previsti dal “DL Rilancio”.
Abbiamo bisogno di intervenire sulla proroga degli ammortizzatori con il meccanismo 5 settimane più 4 riattivabili dal mese di settembre che lascia senza copertura interi settori.
Parliamo di lavoratrici e lavoratori di imprese che tra la fine di aprile e la prima settimana di maggio avevano già concluso le 9 settimane di ammortizzatori previsti dal DL “Cura Italia” e che potranno quindi utilizzare le 5 settimane a copertura prevalentemente del mese di maggio e poi, nell’impossibilità di riprendere l’attività lavorativa, dovranno comunque attendere il mese di settembre per riagganciare le ulteriori 4 settimane. In questo modo, siamo difronte ad una interruzione nella copertura che può variare da due a tre mesi per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori.
Almeno due sono le condizioni che si prospettano:
La prima possibilità è quella del ricorso agli ammortizzatori ordinari (FIS, CIGS), fino al 31 agosto, per dare continuità in termini di reddito ai lavoratori con un aggravio di procedure e burocrazia dovuto al triplo passaggio ammortizzatori COVID – ammortizzatori ordinari e poi nuovamente ammortizzatori COVID. In questa situazione si trovano molte aziende del commercio, in particolare del settore non alimentare, le lavoratrici e i lavoratori delle aziende della ristorazione collettiva e delle pulizie che operano in parte degli appalti privati e soprattutto della pubblica amministrazione.
L’altra condizione che si determinerà da questo meccanismo è ancora più grave perché ci sono comparti che NON hanno ammortizzatori ordinari. Una situazione che coinvolge le lavoratrici e i lavoratori delle mense aziendali nel settore privato (anche in grandi gruppi come ENEL, FCA, Acerol Mittal, Alenia, ENI, etc.) e delle pulizie.
In questa situazione rischiano di trovarsi quasi 19mila persone perché il settore dispone della CIGS ma questa può essere attivata solo se l’azienda committente ricorre, per il proprio personale diretto, ad una Cassa Integrazione. L’attuale normativa prevede cioè una condizionalità tra il ricorso agli ammortizzatori dell’appaltatore e del committente.
Ma l’emergenza sanitaria e la crisi che ne è seguita non ha determinato questa fattispecie perché, stiamo riscontrando che la mancata riattivazione dei servizi di mensa non è legata all’apertura di uno stato di crisi del committente ma a processi riorganizzativi in termini di turni, orari, smart working. Per questa particolare condizione è necessario quindi una immediata modifica e integrazione dell’art 68 del “DL Rilancio” al fine di costruire una risposta finalizzata alla tutela del reddito e del lavoro. In assenza di interventi, il rischio è la sospensione a zero ore senza retribuzione almeno per i mesi da giugno a agosto (che già alcune aziende ci stanno anticipando).
Lo stesso art 68 del Dl Rilancio consente invece di utilizzare tutte le 9 settimane di ammortizzatori, in maniera continuativa per i lavoratori del turismo, delle fiere e congressi, dei parchi divertimento. In questa nuova previsione, è apprezzabile il recupero di alcuni comparti i cui Codici Ateco erano stati in precedenza esclusi dalla filiera turistica. Si tratta però a nostro avviso di un recupero parziale rispetto al reale perimetro che definisce il settore del turismo tra attività dirette, indirette e indotto.
Con questa formulazione, il Decreto continua, infatti, ad escludere una buona parte di attività che per la FILCAMS sono da considerare nella filiera del turismo, così come, gli operatori privati negli appalti dei poli museali e dei luoghi della cultura.
A questo quadro che ho volutamente dettagliato perché continuerà ad essere un punto centrale dell’attività della categoria si aggiunge l’assenza di copertura per tutta la micro-impresa, legata ad aziende fino a 5 dipendenti che, in assenza di strumenti ordinari, farà difficoltà a gestire la sospensione delle lavoratrici e lavoratori nei prossimi mesi.
Il vincolo ad effettuare la domanda di proroga della CIGD solo a partire dal 19 giugno (cioè decorsi 30 giorni dalla entrata in vigore del DL “Rilancio”) è un ulteriore punto di criticità.
Si determina una sospensione temporale e un allungamento dei tempi dannoso per la condizione di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che ancora, alla fine del mese di maggio, non si sono visti erogare neppure un centesimo degli ammortizzatori già fruiti. E proprio difronte a questo problema, c’è bisogno di sbloccare definitivamente l’erogazione delle prestazioni di FIS e CASSA arretrate perché il persistente ritardo nella corresponsione non fa altro che aggiungere ulteriore precarietà ad una situazione già di forte disagio per le persone e le famiglie.
Sempre in tema di sostegno ai lavoratori, la presa in carico del lavoro domestico è finalmente un segnale – frutto anche del lavoro fatto dalla categoria e dalla Confederazione in questi mesi – ma che denota forti elementi di contraddizione e discriminazione. Si introduce, infatti, una misura di sostegno ancora una volta differente rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti e, si limita l’accesso ad una parte minoritaria dei potenziali beneficiari poiché espressamente il Decreto esclude tutti i rapporti di lavoro che presuppongono la convivenza, cioè circa l’80% degli 859 mila contratti di lavoro regolari che risultano registrati all’INPS. Mentre esprimiamo un giudizio positivo su un primo parziale processo di regolarizzazione del lavoro anche in questo settore, vale ricordare che le proposte e i problemi su cui proseguire la nostra iniziativa sono molto più ampi. Per questo dobbiamo dare continuità ai contenuti dell’Avviso Comune condiviso da tutte le parti sociali e datoriali che era stato oggetto del nostro primo confronto anche con la Ministra Catalfo.
Ultima questione sugli ammortizzatori è relativa alle indennità per il lavoro stagionale. Anche qui, avendo recuperato una parte dei lavoratori inizialmente esclusi, dobbiamo riuscire a confermare il diritto a quei contratti a termine con carattere stagionale in considerazione di quanto definito dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro e di quei lavoratori che prestano le stesse attività e le medesime mansioni dei lavoratori stagionali ma presso servizi terziarizzati, esternalizzati o in appalto. A questo si aggiunge un impegno contingente della categoria e dell’INCA a risolvere il respingimento, da parte dell’INPS, di diverse domande di accesso all’indennità perviste per gli stagionali e l’industria termale.
Se ho iniziato parlando della necessità di ammortizzatori sociali di durata coerente con la previsione di ripresa, a maggior ragione, la rappresentazione di questa parte importante e numerosa del mondo del lavoro, sta ad indicare che il sistema degli ammortizzatori ha mostrato limiti alla reale e universale tutela delle condizioni di precarietà e frammentazione del lavoro. La revisione degli ammortizzatori – come richiamavo all’inizio della relazione – è quindi tra gli investimenti (imprescindibili) per costruire un nuovo modello di stato sociale.
La riapertura delle attività, la riorganizzazione degli spazi e della modalità di lavoro poggiano sulla centralità della salute e sicurezza.
Le caratteristiche prevalenti delle attività del terziario, turismo e servizi come “luoghi aperti” e “di aggregazione” li rende più esposti e di conseguenza, la tutela e la prevenzione della salute deve tenere conto della relazione lavoratrici/ lavoratori/ clienti/utenti.
La problematica della salute e sicurezza, già molto evidente nel nostro paese, è una parte dell’investimento che si rende necessario per tutti. Un cambio di paradigma obbligato. Per questo, abbiamo bisogno di presidiare e soprattutto continuare a dare struttura alla nostra azione, dai Comitati Aziendali a quelli territoriali, dai protocolli ai tavoli di confronto e monitoraggio, procedendo a un recupero dei limiti che l’emergenza sanitaria ci ha ripresentato.
Era già una esigenza su cui la categoria aveva ampiamente convenuto ma ora dobbiamo attrezzarci per recuperare il ritardo, a cominciare dalla nomina delle RLS in tutti i luoghi di lavoro. Tra le priorità quello di avviare in tempi brevi percorsi formativi, di acquisizione delle competenze e lavorare in maniera più coordinata su questo tema che è parte integrante dell’azione contrattuale finalizzata al miglioramento delle condizioni e al benessere nei luoghi di lavoro.
La priorità di rendere sicuri i luoghi di lavoro muove anche tutte le leve organizzative. Nastri orari, aperture, turni, orari di lavoro, flessibilità dovranno essere oggetto del rapporto e del confronto con lavoratrici, lavoratori e imprese. Le ultime stagioni contrattuali, tra le diverse situazioni inedite, hanno anche evidenziato un posizionamento diffuso delle imprese e delle Associazioni di rappresentanza a considerare queste tematiche come di esclusiva pertinenza dell’impresa e non come terreno di condivisione e partecipazione.
Abbiamo mantenuto e conquistato tale spazio perché è una componente importante della qualità del lavoro. Questo spazio dell’azione contrattuale deve essere ancora più aperto nelle fasi che avremo davanti. Una riorganizzazione legata in quota parte anche allo smart-working e alla digitalizzazione che coinvolge, in misura diversa ma trasversale, tutti i settori dal commercio alla ristorazione.
Un processo che potrà ulteriormente consolidarsi e su cui è necessario intervenire. In tutto questo, la questione dell’orario di lavoro diventerà una sfida, partendo da problemi ancora non risolti come la fragilità/povertà del reddito dei part time involontari e dei lavoratori precari/discontinui.
Una declinazione, quindi, marcatamente aziendale/territoriale/settoriale nel più ampio contenitore contrattuale che vede una situazione complessa dei Contratti Nazionali di Lavoro. Una parte importante dei settori è entrata nell’emergenza sanitaria con CCNL non rinnovati da anni: il Multiservizi e la Vigilanza Privata, Farmacie, Acconciatura ed estetica, Lavoro Domestico; trattative di rinnovo appena aperte, come quella per gli Studi Professionali; trattive di rinnovo avviate con difficoltà e termini già dilazionati, come per i Contratti del Turismo. Inoltre, il 2020 si è aperto con l’avvio da parte della categoria congiuntamente a Fisascat e Uiltucs, della discussione in merito alla definizione della piattaforma e del percorso per il rinnovo del settore del terziario.
Non ci sfuggono le complessità e la responsabilità cui tutti siamo chiamati anche nei prossimi mesi, ma, anche qui, è necessario riconfermare che il CCNL è strumento importante per la tenuta salariale, per la qualificazione delle condizioni di lavoro, per governare le trasformazioni dei settori. Per questo dobbiamo costruire l’uscita dal “lockdown dei Contratti Nazionali” e va soprattutto confermato e sostenuto che i Contratti Nazionali, pur legati alle dinamiche del paese e dei settori stessi, devono essere messi in protezione da tendenze derogatorie, di alleggerimento e contenimento, in sostanza da un attacco per peggiorare previsioni, diritti, tutele.
In questa direzione va ripreso il percorso verso una nuova architettura di regole nelle relazioni industriali, a partire da quelle sulla rappresentanza, per dare maggiore forza al contratto nazionale e dall’altro, c’è bisogno di recuperare l’investimento sulla “contrattazione inclusiva”, con proposte e soluzioni che assicurino l’uguaglianza dei diritti in tutte le forme e nei diversi luoghi del lavoro, anche ripensando alla opportunità e sostenibilità delle esternalizzazioni e terziarizzazioni avvenute negli anni, per uscire così dalla crisi sanitaria e dai suoi impatti economici con una maggiore coesione sociale e una valorizzazione del lavoro.
Sul tema appalti e terziarizzazioni è necessario evidenziare almeno due questioni.
La fase dell’emergenza e della ripresa delle attività sta facendo emergere la richiesta di “allentamento” delle regole e delle norme contenute nel Codice degli Appalti Pubblici attraverso quello che stanno definendo come il Decreto semplificazioni. La richiesta di semplificazioni e sburocratizzazioni nasconde spesso la volontà e il pericolo di depotenziare le norme esistenti a tutela della legalità, della trasparenza e della qualità del lavoro.
Continuiamo invece a sostenere che Il Codice degli Appalti va rafforzato: c’è bisogno di ridurre e qualificare le stazioni appaltanti, di definire norme che riducano i contenziosi, di estendere e rendere più cogenti le clausole sociali, garantire l’applicazione dei corretti Contratti Nazionali, norme per le costruzioni dei bandi che evitino tagli e affidamenti che scaricano sul lavoro e sulle imprese corrette gli effetti negativi.
Su questo occorre vigilare e agire unitamente alla Confederazione perché il Decreto Semplificazioni non costituisca, ancora una volta, il tentativo ad esempio di liberalizzare il sub-appalto.
Nella riconferma dell’impegno a presidiare il tema degli appalti, di estrema contingenza è la necessità di avere certezze per le mense scolastiche rispetto alla ripresa dell’anno scolastico nel mese di settembre; ripresa che deve avvenire contestualmente alla didattica – dato il ruolo fondamentale riconosciuto alle mense come parte integrante dell’offerta formativa – per definire in maniera anticipata la riorganizzazione del comparto e i suoi effetti sul lavoro.
La seconda questione è che va recuperata l’impostazione e il lavoro, culturale e valoriale ancor prima che negoziale, della contrattazione inclusiva che nella fase di emergenza da COVID-19, nelle sue declinazioni di sito, filiera, ha subito un allentamento di approccio nel rapporto tra le singole Categorie e tra Categorie e Confederazione.
La definizione di un modello sostenibile rappresenta il perimetro e nel contempo l’obiettivo di un “piano di lavoro” della Filcams rispetto ai settori, nel breve come nel medio-lungo periodo, da articolare quindi almeno su tre assi che ho provato a tracciare: la salvaguardia occupazionale, la qualità del lavoro e la garanzia di condizioni di salute e sicurezza; obiettivi che la Filcams deve perseguire sul piano della proposta, dell’elaborazione politica, e dell’azione negoziale. In questo, dobbiamo partire dalla capacità di capitalizzare ciò che abbiamo seminato – con uno impegno umano e organizzativo senza precedenti – anche nel corso di questi mesi. Un lavoro quantitativamente e qualitativamente importante svolto con gli accordi sindacali per il ricorso agli ammortizzatori – entrando in contatto con lavoratori e aziende mai intercettati prima – e con l’attività legata alla costituzione dei comitati aziendali e territoriali per la sicurezza.
Consapevoli che sul lavoro degli uomini e delle donne, anche dei nostri settori, il paese è stato capace di reggere a una crisi senza precedenti e il lavoro continuerà a rappresentare il fattore decisivo per sostenere il paese nei prossimi mesi.