La contestazione disciplinare
Art. 7 della legge 300 del 1970
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Il datore di lavoro può esercitare il potere disciplinare nei confronti dei lavoratori subordinati. Questo potere è rigidamente disciplinato dall’art. 7 della legge 300 del 1970.
Il datore di lavoro e il lavoratore devono seguire una specifica procedura dettata dalla legge a tutela del lavoratore e della sua difesa. La forma scritta è obbligatoria, senza lettera la contestazione è legalmente inefficace.
Il lavoratore dal ricevimento della lettera di contestazione ha 5 giorni di tempo per rispondere, dando le proprie giustificazioni, sempre per iscritto o per chiedere di essere ascoltato con il proprio rappresentante sindacale.
(I5 giorni sono di calendario e si contano dal giorno dopo il ricevimento, solo se il 5° giorno è festivo si va al giorno dopo). Se il lavoratore non riceve più niente, le giustificazioni hanno sortito il loro effetto positivo.
In caso contrario riceve una sanzione tra quelle codificate per legge che sono: biasimo scritto o richiamo verbale, fino a massimo 4 ore di multa, fino a massimo 10 giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e il licenziamento per giusta causa.
Le sanzioni vanno applicate con proporzionalità e gradualità rispetto al comportamento concreto.
se riceve una sanzione (alcuni contratti prevedono un termine specifico entro cui comunicarla al lavoratore) il lavoratore ha 3 possibilità:
1. non fare niente: si tiene la sanzione, la sconta e rimarrà nel suo curriculum disciplinare per 2 anni (termine recidiva per sanzioni più pesanti);
2. impugnare entro 20 giorni con l’ausilio di un rappresentante sindacale della Filcams la sanzione presso la sede ispettorato del lavoro provinciale chiedendo il collegio arbitrale (la sanzione resta sospesa fino a conclusione arbitrato);
3. impugnare in tribunale la sanzione attraverso un legale con ricorso al giudice del lavoro ipotesi prevalente per impugnare il licenziamento disciplinare (questa ipotesi non sospende l’irrogazione della sanzione).
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