26/3/2021 ore: 15:08

Guida alla lettura della busta paga

Tipi di retribuzione, ritenute e tassazioni

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Panoramica e informazioni principali


Lo stipendio o il salario è sempre lo strumento di misura e di corresponsione della prestazione e della professionalità.
Naturalmente il salario è l’oggetto principale della contrattazione, sia nazionale che aziendale

I diversi livelli di contrattazione della retribuzione

La retribuzione deriva in parte da disposizioni legislative ed in parte è frutto di accordi sindacali con le controparti imprenditoriali e lo Stato. L’articolo 36 della Costituzione italiana, al primo comma, prevede:
"il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa".

Per realizzare questo principio costituzionale si è sempre di più affermato il principio della contrattazione sindacale, di tutti gli aspetti che influiscono sulla qualità della retribuzione. Anche gli aspetti che vengono regolati per legge e non per accordi collettivi sono soggetti ad intervento sindacale, come la materia fiscale e previdenziale, gli assegni familiari e così via.

I livelli negoziali che influenzano la materia retributiva sono quattro:
  • Il livello nazionale confederale che si svolge fra le confederazioni sindacali e le confederazioni imprenditoriali (Confcommercio, Confindustria, Confagricoltura, ecc.) e/o i governi e/o i singoli ministeri.
    Le materie di questo livello negoziale sono: la struttura del salario, le normative fiscali e previdenziali, gli assegni familiari.
  • Il livello nazionale di categoria che è svolto fra le federazioni nazionali di categoria e le associazioni di settore degli imprenditori (nel nostro caso FILCAMS–FISASCAT-UILTUCS con la CONFCOMMERCIO, la ANCC, la CONFESERCENTI, CONSILP, ecc.).
    Le materie che sono trattate in questo livello negoziale sono gli istituti previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
    In particolare: paga base, scatti di anzianità, lavoro straordinario e festivo notturno, tredicesima, quattordicesima. Secondo le norme in atto il Contratto nazionale di categoria ha una cadenza quadriennale per la parte normativa, mentre per l’adeguamento retributivo è previsto un rinnovo biennale.
  • Il livello aziendale o di gruppo che si svolge fra le R.S.U. di azienda e/ o di gruppo assistiti dalle Organizzazioni Sindacali di categoria territoriali o nazionali e il datore di lavoro dell’azienda o del gruppo.
    Le materie che vengono contrattate in questo livello sono l’organizzazione del lavoro, il salario variabile, le diverse indennità, la mensa, ecc., che costituiscono il contenuto del contratto aziendale. Secondo le norme in atto il contratto aziendale ha una cadenza quadriennale e il suo rinnovo deve essere sfalsato rispetto ai rinnovi del Contratto nazionale di lavoro.
  • Il livello individuale che si attua fra il singolo lavoratore ed il datore di lavoro.
    Le materie retributive che formano oggetto di contrattazione riguardano i superminimi individuali e quelle forme di retribuzione definite aumenti al merito.

Retribuzione diretta, indiretta e differita

Quando si parla di salario, stipendio o retribuzione ci si riferisce al compenso della prestazione lavorativa, che non è soltanto quello che si percepisce mensilmente in busta paga, ma è composto da più parti, infatti, la retribuzione si può suddividere in retribuzione diretta, indiretta, differita.
  • Retribuzione diretta è quella parte che il lavoratore percepisce a scadenze periodiche che normalmente coincidono con il mese.
    Essa è composta da paga base, contingenza, scatti di anzianità, premio di produzione o aziendale indennità di mensa e le indennità varie,
  • Retribuzione indiretta è quella parte che il lavoratore percepisce normalmente una volta nel corso dell’anno.
    È composta da ferie, festività, permessi annui retribuiti, premio di risultato (se erogato annualmente), mensilità aggiuntive, ecc.
  • Retribuzione differita è quella parte che il lavoratore percepisce una volta alla fine del rapporto di lavoro.
    È composta da trattamenti di fine rapporto e dalla indennità di preavviso.

È utile aggiungere che la distinzione tra retribuzione indiretta e retribuzione differita non è sempre così precisa: in molti testi i due termini sono considerati dei sinonimi che vengono indifferentemente utilizzati per indicare gli istituti retributivi che maturano proporzionalmente per ogni ora lavorata, ma vengono corrisposti al lavoratore solamente in una fase successiva.

In ogni caso questi termini fanno sempre riferimento alla retribuzione lorda, mentre la retribuzione netta, che percepisce il lavoratore in busta paga, si ottiene sottraendo le ritenute previdenziali e fiscali previste dalla legge, che sono di importo differente, da lavoratore a lavoratore sulla base della tipologia di rapporto di lavoro e dei carichi familiari.

Funzione della busta paga

La legge 5 gennaio 1953, n. 4 stabilisce che il datore di lavoro, al momento del pagamento della retribuzione, deve consegnare al lavoratore un documento denominato busta paga, contenente gli elementi che compongono la retribuzione stessa, nonché alcune altre informazioni.
È utile ricordare che la busta paga e la retribuzione corrispondente devono essere corrisposti a cadenze regolari e prefissate. La funzione della busta paga è quella, quindi, di documentare quanto il lavoratore percepisce in un dato periodo lavorativo, da parte di un determinato datore di lavoro, in ottemperanza al contratto di lavoro applicato o alle leggi vigenti in materia di previdenza, di fisco, ecc.

La busta paga ha validità giuridica e assume il valore di prova determinante, in caso di controversia con il datore di lavoro, davanti all’autorità giudiziaria.
I termini entro i quali è possibile effettuare dei reclami sono:
  • un anno per gli errori di calcolo;
  • cinque anni per interpretazioni erronee delle norme contrattuali e di legge.

NB: la busta paga è un documento assolutamente importante nella verifica del trattamento di fine rapporto, ai fini previdenziali e di prova del rapporto di lavoro intercorso, perciò è assolutamente necessario conservare sempre tutte le buste paga per tutta la vita lavorativa, anche dopo aver eventualmente cambiato il posto di lavoro.

Prescrizione dei crediti di lavoro

I crediti di lavoro si prescrivono normalmente in 5 anni.
Il lavoratore pertanto non deve lasciar scadere questo termine senza mettere in mora il datore di lavoro debitore. Occorre in altre parole comunicare formalmente all’azienda, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, la propria volontà di ottenere il pagamento di quanto dovuto, specificando le voci retributive che si ritengono non percepite (per esempio: arretrati per straordinari, livello superiore, mensilità aggiuntive, trattamento di fine rapporto).
I termini di decorrenza della prescrizione cominciano a decorrere con modalità differenti tra le grandi o le piccole aziende, intendendo come grandi quelle dove si applica la tutela, cosiddetta reale, sui licenziamenti (di cui l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), per piccole, quelle in cui si applica la limitata tutela prevista dalla legge 11 maggio 1990, n. 108.

Più chiaramente, si applica la tutela reale contemplata dallo Statuto dei diritti dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300) in tutte le unità produttive con più di 15 addetti e comunque, anche nelle unità più piccole, se l’azienda ha, nel complesso, più di 60 addetti. Negli altri casi si applica la limitata tutela della legge n. 108/90.
Quindi, nelle aziende grandi, la prescrizione decorre dalla data di mancata erogazione del singolo elemento retributivo e pertanto anche durante il rapporto di lavoro; nelle aziende piccole, tutelate dalla legge n. 108/90, i termini di prescrizione decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (dimissioni o licenziamento).

Informazioni preliminari che la busta paga deve contenere

La legge non prescrive un particolare modello di busta paga, pertanto ogni datore di lavoro adotta un proprio modello, tuttavia tutte le buste devono contenere almeno le seguenti informazioni:
  • cognome e nome del lavoratore;
  • qualifica professionale del lavoratore, attribuitagli dal datore di lavoro in relazione alle mansioni effettivamente svolte.
    Nel caso dovesse mancare, la qualifica del lavoratore si determina tenendo conto delle mansioni effettivamente svolte in concreto;
  • indicazione del datore di lavoro: la busta paga deve contenere gli elementi identificativi del datore di lavoro, indipendentemente dalla forma giuridica che ha assunto lo stesso (impresa individuale o società).
    Deve quindi contenere la firma o il timbro dello stesso datore di lavoro;
  • periodo cui la retribuzione si riferisce.

Inoltre la busta paga deve contenere l’indicazione di:

  • eventuali assegni per il nucleo familiare;
  • tutti gli elementi che compongono la retribuzione;
  • singole trattenute distintamente elencate.
Tra gli obblighi dei datori di lavoro è opportuno ricordare quelli relativi alla tenuta di documenti, di norma soggetti a numerazione e vidimazione da parte dell'Inail o dell’Inps, probatori del rapporto di lavoro, della retribuzione delle ritenute previdenziali e fiscali ecc., e in particolare il libro matricola e il libro paga.


Schema sulla struttura della retribuzione

Questo schema mette in evidenza la funzione dei diversi istituti, in altre parole quale aspetto pagano della prestazione lavorativa, e la fonte normativa, ovvero se quella voce deriva della contrattazione confederale, nazionale di categoria, aziendale, ecc.; inoltre sono state inserite alcune altre osservazioni per far comprendere meglio la struttura retributiva.


Voci
 Funzione
Fonte normativa
Note
             
Paga base o minimo tabellare
  Retribuzione della professionalità. Ogni diversa qualifica è inquadrata in un determinato livello al quale corrisponde un minimo tabellare
  Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL)
  È la principale voce della retribuzione
             
Contingenza
EdR. Elemento distinto della Retribuzione

  Proteggeva parzialmente il potere d’acquisto della retribuzione dalla inflazione
L’EdR è una somma forfettaria a copertura del periodo ’92-’93 a titolo di sanatoria per il mancato pagamento di alcuni punti di contingenza
  Accordi Interconfederali
e Accordo interconfederale del 31/7/1992
  Nella maggioranza dei contratti dei nostri settori dal 1.1.1995 l’EdR è stata inserita nella contingenza
             
Terzo Elemento o Elemento Provinciale
  È una quota fissa della retribuzione concordata con le controparti locali
  Accordi territoriali (provinciali o regionali)
  È presente in molti contratti (commercio, turismo, guardie giurate)
             
Aumenti periodici o scatti di anzianità
  Pagano la presunta acquisizione di capacità professionale proveniente dall’esperienza di lavoro in azienda   CCNL   In genere, nei nostri settori, in caso di passaggio di livello gli scatti maturati vengono rivalutati
             
Salario variabile o premio di risultato
  È un premio annuo collegato ai risultati aziendali di produttività, qualità, redditività   CCNL e Protocollo del 23 luglio 1993   Demandato alla contrattazione aziendale nella definizione della quantità e dei criteri
             
Premio di produzione o salario aziendale
  Riconoscimento della partecipazione dei lavoratori al miglioramento aziendale   Era definito a livello aziendale   È stato sostituito dal salario variabile e gli sono stati "mantenuti" gli importi esistenti
             
Indennità di funzione, mansione o disagio
  Rappresentano una quota di salario aggiuntiva in genere legata alla specializzazione o ad un disagio   CCNL   L’indennità di funzione dei quadri è definita dal CCNL
             
Lavoro straordinario, notturno e festivo
  Maggiorazioni alla retribuzione oraria che pagano il disagio derivante dall’incremento dell’orario o da orari disagiati   CCNL   In alcune aziende è stato regolato con appositi accordi
             
Mensilità aggiuntive
  Oltre la 13°, anche la 14° . Sono pari ad una mensilità ed erogate a dicembre e giugno    CCNL    
             
Superminimi individuali o ad personam
  Hanno la funzione di differenziare i lavoratori secondo criteri professionali o altri criteri stabiliti unilateralmente dalle aziende   Erogazioni unilaterali o accordi individuali tra lavoratore e azienda   Può essere denominato anche:
    superminimo,
assegno ad personam,
indennità funzioni direttive, ecc.



La retribuzione diretta

Paga base o minimo tabellare

Per rendere evidenti le differenze proporzionali esistenti tra le diverse categorie si utilizzano i parametri, che consistono nell’assegnare il valore “100” al minimo contrattuale della categoria più bassa e successivamente calcolare il rapporto tra questa e i minimi delle altre categorie. I parametri sono utili a valutare nel tempo le differenze retributive esistenti tra le diverse categorie dell’inquadramento professionale e regolare le rivendicazioni sindacali per aumentare o ridurre tali differenze.

I valori dei minimi contrattuali sono incrementati nei rinnovi dei CCNL e nei rinnovi dei bienni economici, secondo le regole stabilite dal Protocollo del 23 luglio 1993, che ha sancito la cadenza biennale nella contrattazione dei minimi contrattuali.

Incrementi dei minimi contrattuali

Nel rinnovo del biennio economico vengono definiti gli incrementi retributivi dei CCNL.
È utile ricordare che spesso i rinnovi contrattuali definiscono anche una cifra una tantum a copertura dell’eventuale ritardo con cui il contratto è rinnovato che, spesso si aggiunge all'indennità di vacanza contrattuale, stabilita e calcolata sulla base delle indicazioni del Protocollo del 23 luglio 1993 ed erogata dal quarto mese successivo alla scadenza del CCNL per tutto il periodo di mancato rinnovo.

Scala mobile o indennità di contingenza

La scala mobile o contingenza era l’istituto che incrementava la retribuzione ogni volta che variava il costo della vita. La sua funzione fondamentale era quindi garantire il potere d’acquisto delle retribuzioni e metterle al riparo dall’aumento del costo della vita.
La scala mobile è stata un’esperienza originale italiana, e la sua storia inizia con l’accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 e termina definitivamente con l’accordo interconfederale del 31 luglio 1992.

Aumenti periodici di anzianità

La normativa sugli aumenti periodici (detti anche scatti di anzianità) è stabilita dal CCNL.
In genere hanno cadenza triennale e decorrono dal primo giorno del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie il triennio d’anzianità nella stessa azienda sono in cifra fissa differenziata per ogni livello.
In caso di passaggio di livello, alla data di maturazione dello scatto successivo si provvede a rivalutare l’importo degli scatti maturati complessivamente.

Lavoro straordinario

È considerato lavoro straordinario quello eseguito oltre l’orario di lavoro settimanale; quest’ultimo è nella generalità delle aziende dei nostri comparti fissato in 40 ore settimanali. Alcune esigenze e particolarità dei diversi settori hanno poi portato alla riduzione dell’orario settimanale di lavoro (ad esempio, 38 ore per la distribuzione organizzata).

È facoltà del datore di lavoro di richiedere prestazioni d’opera straordinarie a carattere individuale nel limite di un monte ore annuo definito dal Contratto Nazionale. Ad esempio:
  • 200 ore Terziario Distribuzione Servizi
  • 150 ore Distribuzione Cooperativa
  • 260 ore (nel limite di 2 ore giornaliere) Turismo
  • 150 ore Servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi

Lavoro notturno

Secondo il Decreto Legislativo 532/99 si considera lavoro notturno quello esercitato nel corso di un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino tra le 24:00 e le 6:00. Ai fini della corresponsione delle relative maggiorazioni retributive, i contratti collettivi individuano fasce di orario notturno Ad esempio:
  • Terziario: 22:00 - 6:00
  • Turismo: 24:00 - 6:00


Lavoro festivo

Si considera lavoro festivo quello effettuato nei seguenti giorni:
  • 25 Aprile
  • 1° Maggio
  • Capodanno (1° Gennaio)
  • Epifania (6 Gennaio)
  • Lunedì di Pasqua
  • Assunzione di M.V. (15 Agosto)
  • Ognissanti (1° Novembre)
  • Immacolata Concezione (8 Dicembre)
  • Natale (25 Dicembre)
  • Santo Stefano (26 Dicembre)
  • Festa del Santo Patrono
  • Festa nazionale della Repubblica (2 Giugno)
In sostituzione delle festività abolite dalla legge 5 Marzo 1977, n° 54 – S. Giuseppe (19 Marzo), Ascensione, Corpus Domini, S.S. Pietro e Paolo (29 Giugno) – i lavoratori possono usufruire di 32 ore di permesso individuale retribuito.
Per la festività del 4 Novembre che è stata spostata alla prima domenica di Novembre, al lavoratore spetterà lo stesso trattamento previsto per le festività che corrispondono alla domenica.

Ripristino della festività del 2 Giugno (Festa nazionale della Repubblica)
L’art. 1 della legge 20 novembre 2000, n° 336, stabilisce che:
“A decorrere dal 2001 la celebrazione della festa nazionale della Repubblica ha nuovamente luogo il 2 Giugno di ciascun anno, che pertanto viene ripristinato"


La retribuzione indiretta

Salario Variabile o Premio di Risultato

I CCNL successivi al Luglio del 1993 hanno istituito, raccordandosi con il Protocollo del 23 luglio 1993, il Salario Variabile o Premio di risultato col fine di contrattare in azienda trattamenti economici aggiuntivi rispetto a quelli derivanti dalla contrattazione nazionale della categoria.

Trattamento economico per la malattia

Nel periodo di malattia il lavoratore ha diritto alla retribuzione che è corrisposta in parte dal datore di lavoro ed in parte dall’INPS, nelle seguenti modalità:
  • il diritto all’indennità di malattia sorge dal primo giorno di malattia ed ha un limite massimo di 180 giornate nell’anno solare (1 gennaio-31 dicembre)
  • esclusi i tre giorni di carenza e con inizio dal 4° giorno sino al 20° giorno di malattia l’INPS corrisponde il 50% della retribuzione;
  • dal 21° giorno l’INPS corrisponde il 66% della retribuzione, sino al 180° giorno per anno solare;
  • nel caso in cui la stessa malattia insorgesse nuovamente entro 30 giorni dalla guarigione (così detta ricaduta), anche i primi tre giorni vengono retribuiti dall’INPS, perché trattasi di identico stato patologico;
  • la percentuale si riferisce alla retribuzione media giornaliera, riferita ai 30 giorni precedenti l’evento morboso.

Inoltre il datore di lavoro dovrà integrare l’indennità INPS per un limite massimo di 180 giornate nell’anno solare (365 giorni nel terziario/ 1gennaio-31 dicembre nel turismo)
  • corrispondendo il 100% della normale retribuzione per i primi tre giorni;
  • fino a raggiungere il 75% della normale retribuzione per i giorni dal 4° al 20°;
  • fino a raggiungere il 100% della normale retribuzione dal 21° giorno.

Alcuni contratti prevedono però norme particolari che è bene verificare.

Lavoratori assunti a tempo determinato

Il trattamento economico di malattia per i lavoratori assunti a tempo determinato fa riferimento alla legge 11 novembre 1983, n° 638, art. 5.
Per tali lavoratori il trattamento economico di malattia viene corrisposto per un periodo non superiore a quello di anzianità lavorativa nei 12 mesi immediatamente precedenti l’evento morboso, nel caso che il lavoratore non possa far valere periodi lavorativi superiori a 30 giorni, comunque viene indennizzato per un periodo massimo di 30 giorni di trattamento economico nell’anno solare.

Infortunio

Ai lavoratori assenti per infortunio sul lavoro sarà garantita dall’azienda l’erogazione delle spettanze come avviene per le assenze per malattia.

In caso di infortunio sul lavoro il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore infortunato il seguente trattamento:
  • 100% della retribuzione globale per il giorno in cui si è verificato l’infortunio e per i 3 giorni successivi (così detti di carenza ), a carico del datore di lavoro;
  • a partire dal 4° giorno successivo all’infortunio e fino al 90° giorno, l’indennità sarà del 60% a carico dell’INAIL;
  • oltre i 90 giorni consecutivi d’infortunio e sino alla guarigione clinica l’indennità è del 75% a carico dell’INAIL.
Inoltre, generalmente, a carico dell’azienda compete un’integrazione di quanto il lavoratore percepisce, fino al raggiungimento del normale trattamento economico complessivo netto, come se avesse lavorato.

Trattamento di fine rapporto

Il trattamento di fine rapporto (t.f.r.) è stato regolamento dalla legge 25 Maggio 1982, n° 297, ed è entrato in vigore a partire dal 1° Giugno 1982.
Fino al 31 maggio 1982 il t.f.r. (allora denominato indennità di anzianità) si calcolava moltiplicando l’ultima retribuzione mensile lorda (esclusa la parte della contingenza congelata), alla quale si aggiungevano 2 dodicesimi (a seconda del numero di mensilità aggiuntive), per gli anni di anzianità prestati.

Con la nuova legge, e quindi a partire dal 1° Giugno 1982, il calcolo del t.f.r. viene effettuato accantonando annualmente un importo ottenuto dividendo, per ogni anno, la somma di tutte le retribuzioni mensili, (comprese di tredicesima, quattordicesima, o premio ferie, ecc.) per 13,5. Al termine del rapporto di lavoro spetta la somma di tutti questi accantonamenti effettuati anno per anno. Il t.f.r. accantonato usufruisce di una rivalutazione annuale, per evitare che venga eroso dall’inflazione attraverso un coefficiente di rivalutazione così composto:
  • 1,5% in misura fissa;
  • 75% dell’aumento dell’indice mensile ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati (indice FOI).
Nel caso di rapporti di lavoro iniziati prima del 31 maggio 1982 e cessati successivamente, il t.f.r. spettante è quello maturato fino al 31 maggio 1982 secondo il precedente sistema (indennità di anzianità), e poi quello accantonato dal 1° Giugno 1982 con il sistema vigente.

Questo nuovo metodo di calcolo del t.f.r. vale per gli operai ed impiegati e la parificazione piena è stata raggiunta il 31 dicembre 1989.

La legge 31 marzo 1977, n° 91, prevedeva la esclusione dell’indennità di contingenza maturata dal 1° Febbraio 1977 dal calcolo del t.f.r. La legge 297, istitutiva del t.f.r., ha eliminato questa esclusione ed ha previsto che tutta la somma bloccata rientri gradualmente nel calcolo del t.f.r. in 6 semestri, dal 1° Gennaio 1983 al 1° Gennaio 1986.

La retribuzione annua (somma delle retribuzioni mensili) da prendere a base per il calcolo dell’accantonamento annuo del t.f.r. comprende tutti gli importi corrispondenti in dipendenza del rapporto di lavoro, escludendo solamente i rimborsi spese. Anche nel caso di infortunio, malattia, maternità, deve essere presa in considerazione la retribuzione a cui il lavoratore avrebbe diritto se non ci fosse stata la sospensione temporanea. Quindi sono incluse tutti gli istituti retributivi trattati in questo capitolo, con l’esclusione: indennità di trasferta, rimborso spese viaggi, assegni familiari, elargizioni spontanee occasionali.

Pertanto, l’indennità di contingenza maturata dopo il 31 maggio 1982 va inclusa nella retribuzione annua utile per il calcolo del TFR; inoltre, l’indennità di contingenza bloccata, maturata nel periodo 1° febbraio 1977 – 31 maggio 1982 (175 punti, £ 418.075 mensili pari a euro 215,92) rientra nella retribuzione globale di fatto annua utile con la gradualità che sopra si è detto.

L’anticipo del TFR

Con l’entrata in vigore della legge 297/82 il lavoratore ha diritto ad avanzare al datore di lavoro la richiesta di anticipazione del TFR. Questa possibilità può essere utilizzata una sola volta nel rapporto di lavoro, tuttavia per usufruirne sono necessari alcuni requisiti:
  • aver maturato almeno 8 anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda;
  • motivare la richiesta per spese sanitarie di carattere straordinario e/o per l’acquisto della prima casa per se e per i figli.
Tali richieste devono essere documentate e, se i requisiti sono soddisfatti, il lavoratore può ottenere al massimo il 70% del TFR complessivamente maturato alla data della richiesta. Il datore di lavoro ha l’obbligo di accogliere, ogni richiesta dal 10% degli aventi diritto e, comunque, del 4% del totale dei dipendenti.

Le trattenute contributive e fiscali sul TFR

Il TFR è soggetto a ritenute previdenziali, pari allo 0,30% a partire dal 1° Luglio 1982 e allo 0,50% a partire dal 1° Gennaio 1983. Tale ritenuta è detratta dal TFR, accantonato annualmente (con la ritenuta l’INPS costituisce un apposito Fondo di Garanzia destinato a garantire in ogni caso l’erogazione del TFR, anche nell’eventualità del fallimento dell’azienda di appartenenza).
Il TFR netto spettante (in pratica dedotto il contributo previdenziale) è soggetto tassazione separata (in pratica è tassato separatamente da altri redditi) secondo le regole previste dalla legge 26 Settembre 1985, n° 483 entrata in vigore il 1° Ottobre 1985.

Per effettuare il calcolo delle ritenute fiscali da operare sul TFR è necessario:

  • determinare la quota media annuale di TFR: TFR lordo x 12 (/diviso/) anni di effettiva anzianità (espressi in mesi)
  • calcolare l’aliquota di imposizione fiscale su tale quota media annua, applicando le tabelle delle aliquote IRPEF in vigore nell’anno in cui è sorto il diritto alla percezione;
  • determinare l’imponibile fiscale, riducendo il t.f.r. netto spettante di £ 500.000 (258,23 € ) per ogni anno di anzianità effettiva, a partire dal 01/01/1998 l’abbattimento è di £. 600.000 (309,87 euro);
  • applicare all’imponibile l’aliquota ottenuta mediante il procedimento di cui al punto 2.
In questo modo si ottiene l’imposta fissa da pagare sul TFR
Effettuando la differenza tra il TFR e l’imposta da pagare si ottiene la somma netta che percepisce il lavoratore.

La nuova normativa fiscale del TFR in vigore dal 2001

Il D.lgs. 47/2000 ha modificato la disciplina tributaria del trattamento di fine rapporto di cui all’art. 17 del Dpr 917/86. Conseguentemente il TFR maturato dopo il 1° gennaio 2001 è sottoposto a un nuovo regime di tassazione:
  • il TFR è assoggettato a tassazione separata solo per la quota di capitale;
  • le rivalutazioni annue sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’11%;
  • è stata soppressa la riduzione della base imponibile di 600.000 lire annue per il TFR maturato dopo il 1° gennaio 2001;
  • è stata riconosciuta una detrazione d’imposta di 120.000 lire annuali per i rapporti di lavoro a tempo determinato di durata effettiva non superiore a due anni; la stessa detrazione annua viene riconosciuta transitoriamente, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2001 e il 31 dicembre 2005 ai lavoratori a tempo indeterminato che si licenziano in tale periodo.
L’obiettivo di questa nuovo sistema di tassazione è quello di disincentivare il mantenimento del t.f.r. e di incentivare la costituzione di fondi previdenziali complementari.

Su quali istituti si applica la contribuzione

Il contributo a carico dell’azienda, si calcola sulle somme e valori in genere a qualunque titolo maturati nel periodo di riferimento in relazione al rapporto di lavoro.

Non sono utili ai fini del calcolo della contribuzione:
  • le assenze a qualsiasi titolo per le quali l’azienda non corrisponde né retribuzione né anticipazioni di trattamenti economici per conto di enti terzi (per esempio l’Inps quali: i permessi e le aspettative non retribuite, gli scioperi, il servizio di leva;
  • le assenze per malattia e infortunio cadenti fuori dalle fasce di trattamento economico contrattualmente previste e le assenze per maternità facoltativa.
Le stesse regole si applicano al contributo a carico del lavoratore

Su alcuni istituti invece la contribuzione si applica in modo parziale. È il caso del salario aziendale variabile (o premio di risultato).

Decontribuzione del Salario Aziendale Variabile

Tale indicazione è stata recepita da appositi decreti legge, che hanno stabilito inizialmente, dal 1996, che la quota variabile del salario aziendale di risultato, pari all’1% della retribuzione percepita nell’anno solare di riferimento, sia soggetta alla contribuzione ridotta del 10% a carico dell’azienda.
Successivamente l’art. 2 della legge n° 153, del 23 maggio 1997, ha incrementato la quota dall’1% al 2% dal 1998.
Infine l’art. 60 della legge n° 144 del 17 maggio 1999, la ha portata al 3% dal 1999, che è il livello massimo previsto. In realtà il 3% è stato applicato con le erogazioni variabili riferite all’anno 2000, mentre nel 1999 è stata applicata la percentuale del 2% non essendoci la necessaria copertura finanziaria (vedi Circolare Inps n° 228 del 28 dicembre 1999).

Con la percentuale del 3%, lo sgravio contributivo per le aziende è cospicuo, pagando un contributo di solidarietà del 10% anziché i normali contributi previdenziali e assistenziali; contemporaneamente il lavoratore è totalmente esentato dal pagamento della sua parte di contributi sulla medesima quota. Tuttavia questi sgravi hanno comportato anche una limitazione della copertura previdenziale per il lavoratore: infatti, la stessa legge 135/97 prevede l’esclusione della parte variabile del premio di risultato sia dalla retribuzione pensionabile, sia dalla base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale.
Il contributo di solidarietà del 10% a carico delle aziende è versato al fondo previdenziale dei lavoratori, però non produce effetti sul calcolo della pensione del singolo lavoratore.

Per avere diritto agli sgravi contributivi l’azienda deve inviare il testo dell’accordo all’Ufficio provinciale del lavoro, entro 30 giorni dalla stipula dell’accordo stesso.

Le ritenute

Ritenute previdenziali e prestazioni assistenziali

Il datore di lavoro trattiene al lavoratore e versa agli enti previdenziali ed assistenziali:
  • 9,19 % della retribuzione lorda per il fondo adeguamento pensioni
NB: nelle imprese commerciali con oltre 50 dipendenti si aggiunge uno 0,30% per il fondo CIGS quindi l’importo dei contributi a carico del lavoratore è pari al 9,49%.

A partire dal 1999 la consegna dell’estratto conto attestante l’avvenuto versamento all’INPS delle quote detratte e versate, è stata sostituita dalla cosiddetta certificazione unica (Modello Cud), attestante l’ammontare complessivo delle retribuzioni corrisposte, delle ritenute fiscali operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali.
Detratte le ritenute previdenziali ed assistenziali dalla retribuzione lorda si ottiene l’imponibile fiscale.

NB:
 come per le buste paga anche questa documentazione deve essere conservata per tutta la vita lavorativa.

Ritenute fiscali

L’attuale normativa fiscale prevede che il datore di lavoro operi sui redditi da lavoro dipendente, contestualmente alle erogazioni dello stipendio per ciascun mese, una ritenuta alla fonte che poi provvederà a versare all’erario.
Tale ritenuta fiscale viene calcolata applicando all’imponibile fiscale le aliquote progressive previste dalla legge (vedi la tabella successiva). L’imponibile fiscale si ricava sottraendo dal reddito lordo i contributi versati.
Si deve considerare però che gli eventuali contributi versati ai fondi previdenziali sono deducibili dall’imponibile fiscale, abbattendo ulteriormente l’importo sopra riportato.

Il sistema di tassazione è stato modificato dalla legge finanziaria per il 2007. Le nuove norme hanno reintrodotto il sistema di detrazioni fiscali, sostituito precedentemente dalla riforma cd. Tremonti, basato sul sistema di deduzioni del reddito imponibile.

L’addizionale regionale

I lavoratori dipendenti, pensionati e titolari di redditi assimilati, dal 1998 versano una tassa alla Regione in cui risiedono, che si chiama addizionale regionale.
In sede di conguaglio di fine anno l’azienda dovrà determinare l’importo dovuto da ogni dipendente e lo stesso verrà indicato nella relativa busta paga.
A partire dal mese successivo a quello del conguaglio, il lavoratore subirà la trattenuta che sarà suddivisa mensilmente in un numero massimo di undici rate di pari importo.

L’addizionale comunale

Il decreto legislativo 360/98 ha istituito, a partire dal 1999, un nuovo tributo, l’addizionale comunale. L’imposta è variabile e i comuni possono deliberarne l’importo singolarmente entro il 31 ottobre dell’anno precedente alla sua applicazione.
L’operazione di prelievo avviene come per l’addizionale regionale.

Prestazioni assistenziali: assegno per nucleo familiare

Gli assegni familiari sono un vecchio istituto, nato negli anni Trenta, che hanno lo scopo di compensare almeno parzialmente il lavoratore delle spese relative ai carichi familiari. L’assegno per il nucleo familiare è esente da ritenute contributive e fiscali e pertanto, quando il lavoratore ne ha diritto, si aggiunge per intero alla retribuzione netta.

Dal 1° Gennaio 1988 – in applicazione della legge 13 Maggio 1988, n° 153 – gli assegni familiari sono stati sostituiti per i lavoratori dipendenti dall’"Assegno per il nucleo familiare".
Con la riforma operata a partire dal 1° Gennaio 1988, l’assegno per nucleo familiare spetta al nucleo familiare e quindi, si fa riferimento solo al reddito complessivo del nucleo familiare stesso e non più al reddito individuale, come prima; pertanto ogni nucleo familiare ha diritto ad un solo assegno.

I lavoratori dipendenti possono richiedere gli assegni per i familiari a loro carico, residenti in Italia o in un altro Stato membro dell’UE. Il diritto a tali assegni dipende tuttavia dall’ammontare del reddito totale annuo del nucleo familiare, tenuto conto del numero dei familiari a carico. Ai fini del diritto all’assegno per il nucleo familiare sono da considerare appartenenti al nucleo familiare:
  • il coniuge anche non convivente a meno che non sia separato dal richiedente;
  • i figli fino a 18 anni compiuti.
Sono equiparati ai figli legittimi:
  • quelli legittimati, adottivi, naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente riconosciuti, minori dati in affidamento;
  • i nipoti in linea retta minori e viventi a carico del richiedente;
  • i nipoti in linea collaterale qualora siano stati affidati in linea collaterale.
I figli o gli equiparati fanno parte del nucleo familiare senza alcun limite di età, qualora siano inabili al lavoro.

Dal 1 gennaio 2007 i livelli di reddito e gli importi annuali dell’Assegno per il Nucleo Familiare (A.N.F.), con riferimento ai nuclei familiari con almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili sono stati rideterminati.

N.° componenti nucleo familiare oltre ai genitori o al genitore
  Fasce di reddito
  Importo annuo dell’assegno
         
 1   Fino a . 12.500   € 1.650
  Oltre € 12.500 e fino a € 24.000   € 1.650 ridotto di € 9,3 per ogni € 100 oltre € 12.500
  Oltre € 24.000 e fino a € 40.000   € 1.650 ridotto di €  0,5 per ogni € 100 oltre € 24.000
       
 2   Fino a € 12.500    € 3.100
   Oltre € 12.500 e fino a € 29.000    € 3.100 ridotto di €. 13 per ogni €.100 oltre €. 12.500
   Oltre €. 29.000 e fino a €. 40.000    €.4.500 ridotto di €. 1,4 per ogni €.100 oltre €. 34.700
   Oltre €. 40.000    €.3.100 ridotto di €. 3,1 per ogni €.100 oltre €. 40.000
       
 3    Fino a €. 12.500    €.4.500
   Oltre €. 12.500 e fino a €. 34.700    €.4.500 ridotto di €.11,5 per ogni €.100 oltre €. 12.500
  Oltre € 34.700 e fino a € 40.000   € 4.500 ridotto di € 1,4 per ogni € 100 oltre € 34.700
  Oltre € 40.000   € 4.500 ridotto di € 4,8 per ogni € 100 oltre € 40.000
       
 4   Fino a € 12.500   € 4.500
  Oltre € 12.500 e fino a € 21.300   € 6.000 ridotto di € 5 per ogni € 100 oltre € 12.500
  Oltre € 21.300 e fino a € 36.100    € 6.000 ridotto di € 10,5 per ogni € 100 oltre € 21.300
  Oltre € 36.100 e fino a € 45.000    € 6.000 ridotto di € 19,6 per ogni € 100 oltre € 36.100
       
 5    Fino a € 12.500    € 7.500
  Oltre € 12.500 e fino a € 21.300    € 7.500 ridotto di € 7,5 per ogni € 100 oltre € 12.500
  Oltre € 21.300 e fino a € 36.100    € 7.500 ridotto di € 11,2 per ogni € 100 oltre € 21.300
  Oltre € 36.100 e fino a € 39.000    € 7.500 ridotto di € 1,6 per ogni € 100 oltre € 36.100
  Oltre € 39.000 e fino a € 45.000    € 7.500 ridotto di € 25 per ogni € 100 oltre € 39.000
  Oltre € 45.000    € 7.500 ridotto di € 8,8 per ogni € 100 oltre € 45.000

 

L’INPS ha inoltre rielaborato le tabelle le tabelle contenenti gli importi mensili, giornalieri, settimanali e quindicinali della prestazione e per le altre tipologie di nuclei familiari.
Puoi trovare ulteriori informazioni visitando il sito www.inps.it

Per i lavoratori autonomi rimane la vecchia normativa sugli assegni familiari. Ne hanno però diritto soltanto i coltivatori diretti, i mezzadri o i braccianti agricoli con una somma fissa come prestazione per carichi di famiglia.

Gli assegni familiari spettano per le seguenti persone:

  • il coniuge, a condizione che il suo reddito mensile non superi un certo limite
  • i figli a carico minori di 18 anni.
    Questo limite è elevato a 21 anni se i figli frequentano una scuola secondaria o professionale o seguono un corso dì formazione professionale e a 26 anni se frequentano l’università. Si può richiedere una maggiorazione per i figli a carico minori di 18 anni per i quali sono già corrisposti gli assegni familiari;
  • i fratelli, le sorelle e i nipoti minori di 18 anni facenti parte del nucleo familiare;
  • gli ascendenti fino al secondo grado a carico del soggetto, che abbiano raggiunto i 60 anni (uomini) o i 55 (donne) e il cui reddito mensile non superi un certo ammontare.



    I limiti di età non si applicano per i figli, i fratelli, le sorelle, i nipoti, gli ascendenti a carico sono nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere un lavoro proficuo.

 

Tassazione stipendi

La tassazione degli stipendi (prime informazioni in attesa di ulteriori chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate)

La legge finanziaria 2007 ha di fatto ribaltato la riforma avviata dal precedente governo, tornando al sistema delle detrazioni di imposta ed ha provveduto a sostituire le deduzioni di lavoro dipendente, pensione, lavoro autonomo e altri redditi con un sistema di detrazioni per carichi di famiglia e di detrazioni per alcune categorie di redditi.

Dallo stipendio mensile si trattengono i contributi previdenziali a carico del lavoratore (vedi pagina precedente della guida) per determinare così il reddito imponibile su cui calcolare l’Irpef secondo le seguenti aliquote in vigore dal 1° gennaio 2007:

  • per redditi fino a 15.000 euro, il 23 per cento;

  •  per la parte di reddito superiore a 15.000 euro e fino a 28.000 euro, il 27 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 28.000 euro e fino a 55.000 euro, il 38 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 55.000 euro e fino a 75.000 euro, il 41 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 75.000 euro, il 43 per cento.

 

Che rapportati a valore mensile:

  • per redditi fino a 1.250,00 euro, il 23 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 1.250,00 euro e fino a 2.333,33 euro, il 27 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 2.333,33 euro e fino a 4.583,33 euro, il 38 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 4.583,33 euro e fino a 6.250,00 euro, il 41 per cento;

  • per la parte di reddito superiore a 6.250,00 euro, il 43 per cento.


A questo punto si è determinata l’imposta lorda dovuta.


Detrazioni per lavoro dipendente

Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di lavoro dipendente con esclusione di quelli di pensione spetta una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell’anno, scaglionata in relazione all’ammontare del reddito:

Reddito Complessivo    Detrazione   Note 
fino a 8.000  €   1.840 €   la detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 €. *
       
da 8.001 a 15.000   1.338 + (502 x [(15.000 – reddito complessivo): 7.000])    
         
da 15.000 a 55.000    1.338 x [(55.000 – reddito complessivo) : 40.000]    
         
oltre 55.000    0    
         


* per i rapporti di lavoro a tempo determinato la detrazione spettante non può essere inferiore a 1.380 euro

La detrazione di 1.840 euro comporta di fatto la non tassazione dei redditi fino a 8.000 euro annui
Le detrazioni sopra indicate per i redditi superiori a 15.000 euro ma inferiori a 55.000, sono elevate in rapporto al reddito complessivo:

Reddito complessivo   Incremento detrazione 
     
 da € 23.001 a € 24.000    euro 10
     
  da € 24.000 a € 25.000    euro 20
     
  da € 25.000 a € 26.000    euro 30
     
  da € 26.000 a € 27.700    euro 40
     
  da € 27.700 a € 28.000    euro 25
     



Detrazioni d’imposta per il coniuge e gli altri familiari fiscalmente a carico

ossia che possiedano un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili e comprensivi della rendita dell’abitazione principale.

Le detrazioni per carichi di famiglia sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate sino a quello in cui sono cessate le condizioni richieste:


Coniuge

Per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato competono, in relazione al reddito complessivo, gli importi che vengono indicati nello schema successivo:

Reddito complessivo    Detrazione   Note 
         
 Fino a 15.000 euro   800 euro meno [ 110 x (reddito complessivo : 15.000)]    e il rapporto è = 1 detrazione compete per 690 €.
se il rapporto è = 0 la detrazione non compete
         
 Da 15.000 euro a 40.000 euro    690 euro    
         
 Da 40.001 euro a 80.000 euro    690 euro x [(80.000 – reddito complessivo) : 40.000]    se il rapporto è = 0 la detrazione non compete



Le detrazioni sopra indicate sono elevate  in rapporto al reddito complessivo:


Reddito complessivo   Incremento detrazione 
     
 da 29.000 a 29.200 euro    € 10
     
 da 29.200 a 34.700 euro    € 20
     
 da 34.700 a 35.000 euro    € 30
     
 da 35.000 a 35.100 euro    € 20
     
 da 35.100 a 35.200 euro    € 10
     



Figli

Per ciascun figlio a carico, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, sono previste detrazioni teoriche che cambiano in relazione all’età, al numero ed al disagio e sono soggette anch’esse all’applicazione di una formula legata al reddito complessivo del dipendente.
La detrazione per figli è ripartita nella misura del 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati ovvero, previo accordo tra gli stessi, spetta al genitore che possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato e non può essere liberamente ripartita come avveniva nel passato.

  • In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario.
  • Nel caso di affidamento congiunto o condiviso, la detrazione è ripartita, in mancanza di accordo, nella misura del 50% tra i genitori.
  • Ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito, la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore.
  • Quest’ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all’altro genitore affidatario l’importo dell’intera detrazione o, in caso di affidamento congiunto, della metà della stessa.
  • Nel caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo.
  • Se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, per il primo figlio si applicano, se più convenienti, le detrazioni previste per il coniuge.

IMPORTO TEORICO DELLE DETRAZIONI PER FIGLI

  • 800 euro; base per ogni figlio
  • 100 euro; aumento per ogni figlio di età inferiore ai tre anni
  • 220 euro; aumento per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’art. 3, legge 104/1992
  • 200 euro; aumento per ogni figlio dei contribuenti con più di tre figli a carico a partire dal primo.

CALCOLO PER DETERMINARE L’IMPORTO EFFETTIVO SPETTANTE

  • Importo teorico x [95.000 – reddito complessivo) : 95.000]
  • L’importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo.
  • Se il risultato del rapporto è: = 0; < 0; = 1 la detrazione non compete.
  • Se il risultato del rapporto è compreso tra 0,0001 e 0,9999 la detrazione compete


Altri familiari

Per ogni altra persona indicata nell’art. 433 del C.c. (i discendenti prossimi, anche naturali, i genitori e gli ascendenti prossimi, anche naturali, gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali) che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria compete un’importo da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, secondo il seguente calcolo:
IMPORTO TEORICO DELLE DETRAZIONI PER ALTRI FAMILIARI A CARICO euro 750

CALCOLO PER DETERMINARE L’IMPORTO EFFETTIVO SPETTANTE:

Importo teorico (euro 750) x ([ 80.000 – reddito complessivo) : 80.000]
se il risultato del rapporto è: = 0 < 0 = 1 la detrazione non compete
Se il risultato del rapporto è compreso tra 0,0001 e 0,9999 la detrazione compete. In tutti i casi in cui è prevista la detrazione, il risultato dei predetti rapporti si assume nelle prime quattro cifre decimali. In conclusione, stabilito il reddito imponibile si calcola l’imposta lorda. Dall’imposta lorda si detraggono le “detrazioni per lavoro dipendente quelle per familiari a carico” se spettanti, determinando l’imposta netta da pagare.

NOTA SU ADDIZIONALI REGIONALI E COMUNALI

Una conseguenza derivante dall’abolizione delle deduzioni per carichi di famiglia, è data dalla modifica della base imponibile per calcolare le addizionali. Queste infatti, venivano calcolate su un imponibile al netto delle suddette deduzioni, pertanto più basso. Ciò non è più in vigore poiché con la Finanziaria 2007 la base imponibile delle addizionali sarà uguale all’imponibile IRPEF annuo. Dal 2007 l’addizionale regionale viene versata allo stesso modo in cui sono stati effettuati i versamenti negli anni precedenti, ossia, determinata a fine anno in fase di conguaglio fiscale, si effettua la rateizzazione per 11 mensilità a partire da gennaio dell’anno successivo. L’aliquota da applicare fa riferimento come nel passato alla regione di appartenenza al 31 dicembre dell’anno di riferimento. Per quanto riguarda ,invece, l’addizionale comunale, rimane il versamento in 11 rate del saldo dell’anno precedente, ma l’addizionale è dovuta al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce l’addizionale stessa. A partire dal mese di marzo 2007 si versa anche l’acconto relativo all’anno in corso (2007), per un massimo di 9 rate mensili. L’acconto è stabilito nella misura del 30% dell’addizionale ottenuta applicando le aliquote al reddito imponibile dell’anno precedente. Il saldo di questo acconto è determinato in fase di conguaglio fiscale ed il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di 11 rate, a partire dal gennaio successivo. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l’addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione.


 
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