10/3/2023 ore: 15:50

Doranna, la fatica del lavoro, la soddisfazione di una battaglia comune

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Doranna ha 58 anni e già una lunga vita lavorativa alle spalle. Nel '91, a 26 anni, ha perso il marito ed è rimasta sola con i due figli di pochi anni.

"All'inizio sono stata costretta ad accettare lavori in nero, mio malgrado, perché ne avevo bisogno e ho dovuto adattarmi a quello che offriva la piazza".

Il primo vero lavoro, ricorda, è stato in uno studio grafico, dove ha imparato a usare il computer e i programmi di grafica, ma quando l'azienda si è trovata in difficoltà l'esperienza è stata interrotta, il lavoro finito.

"Nel 2005 sono stata assunta da un'azienda privata come addetta al servizio mensa nell'ospedale di Matera - racconta Doranna - avevo finalmente un contratto, i miei diritti sono stati riconosciuti". Ma anche lì, dopo qualche tempo, le cose hanno cominciato a mettersi male. L'azienda, che avrebbe poi dichiarato fallimento, pretendeva dalle dipendenti lavoro extra da far rientrare a forza nelle tre ore e mezza giornaliere. "Non era possibile, non andava bene. Purtroppo quando l'azienda deve risparmiare, tende a farlo sui lavoratori. Allora ho detto alle mie colleghe, andiamo al sindacato e informiamoci, cerchiamo di capire cosa possiamo fare per tutelare i nostri diritti".

È iniziato così, 13 anni fa, il rapporto con la Filcams Cgil.

L'azienda è cambiata, il lavoro è tornato tranquillo, "ma da quando è cominciata questa pandemia non si è capito più niente".

Prima i problemi legati alla sicurezza. "C'è l'imbarazzo della scelta, ci hanno detto di usare le massime precauzioni, ma a spese nostre, e quando ci hanno fornito le mascherine non erano quotidiane, le abbiamo portate anche per 20 giorni; non è mai stata fatta una sanificazione nel nostro ambiente di lavoro, eravamo noi che lavavamo i pavimenti con la candeggina. Abbiamo lavorato addirittura con quei guanti leggerissimi che si usano al supermercato per maneggiare frutta e verdura. E abbiamo lavorato tutti i santi giorni, abbiamo rischiato: per fortuna ci è andata bene, non si ammalata nessuna di noi".

Ma la pandemia ha lasciato altri segni difficili da cancellare, i reparti dell'ospedale sono stati accorpati, i letti sono diminuiti e di conseguenza i pasti. Anche questa azienda ha cominciato a spingere per il risparmio, "e ovviamente risparmiando su di noi. Dicono che siamo in esubero, ma noi dimostriamo quotidianamente il contrario".

Del personale è stato smistato altrove e le mansioni vacanti sono state fatte ricadere su Doranna e le sue colleghe, che si sono rivolte al sindacato e hanno respinto l'ulteriore carico di lavoro. "Perché noi il nostro lavoro lo facciamo, portiamo i carrelli nei reparti: gli infermieri non vengono pagati in base al numero dei pazienti ricoverati". 

L'azienda è in solidarietà e le lavoratrici fanno i doppi turni per arrivare alle 21 ore settimanali e portare lo stipendio da 600 ad almeno 700 euro al mese. "Se una collega è in malattia o in ferie copro anche il suo turno. Abito a 20 chilometri da Matera e non mi conviene tornare a casa, così sto fuori 10 ore per lavorarne sei".

È una vita dura. "Si sopravvive con questi soldi, sono fortunata ad abitare in un paese, ma è stato difficile tirare su due figli. Ho fatto sacrifici per permettergli di studiare, non me la sono sentita di dirgli che non era possibile".

I figli adesso sono adulti e lavorano, "per loro sono tranquilla" dice Doranna, la loro vita lavorativa sembra diversa dalla sua. 

"Se almeno da parte dell'azienda ci fosse considerazione per il lavoro che facciamo si lavorerebbe meglio, ma così non è bello, non ci danno i mezzi per lavorare bene, siamo sempre mortificate, tese, perché per loro siamo solo numeri". 

Il lavoro è anche faticoso, i carrelli - sui quali si caricano anche le bottiglie d'acqua, un litro e mezzo per paziente - sono pesanti e Doranna e le colleghe hanno tutte gli stessi sintomi, dolori alla schiena e alle braccia.

"Quando abbiamo avuto le lettere di contestazione per aver respinto il carico aggiuntivo di lavoro siamo state definite negligenti. E questa cosa, scusami, non la digerisco proprio, mi viene anche da piangere in questo momento, dopo tutto quello che abbiamo fatto veniamo anche definite negligenti".

Ma l'amarezza dura un attimo, Doranna ritrova subito la forza con la quale è andata avanti in tutti questi anni. "Comunque io non mi abbatto - conclude - lunedì abbiamo l'incontro con l'ispettorato e spero di vincere anche questa battaglia. Insieme alla Filcams e a tutte le mie colleghe".