30/6/2022 ore: 16:19

Gioco legale, il Lazio e lo spettro del distanziometro

Con la nuova norma rischio di chiusure e licenziamenti. E la Regione non risponde ai sindacati

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È un'industria nazionale che conta circa 10.000 imprese, con una stima di decine di migliaia di addetti in tutta Italia, molti di più se agli occupati diretti si aggiungono quelli indiretti, e rappresenta una voce di rilievo tra le entrate dell'erario.

Eppure il gioco legale, per quanto riconosciuto e autorizzato, continua ad essere trattato come un'attività ai limiti del lecito, che non gode delle stesse cure e delle stesse attenzioni riservate ad altri esercizi. 

È stato chiaro durante la pandemia, quando anche nelle fasi di recupero e di gestione controllata dell'emergenza le lavoratrici e i lavoratori del settore sono stati gli ultimi a poter rimettere piede nelle loro sedi, relegati a una cassa integrazione che ha superato i due anni di erogazione.

E ancora più palese adesso nel Lazio, regione ormai prossima alla attuazione di un provvedimento che prevede l'adozione del cosiddetto distanziometro, una nuova regola che vieta l'esistenza di sale gioco, nella loro varietà di offerta, in un raggio di 500 metri da luoghi sensibili come scuole, strutture sanitare, luoghi di aggregazione ed edifici di culto.


Non occorre ispezionare più di tanto le mappe cittadine per capire che il provvedimento spingerebbe la quasi totalità degli esercizi del settore verso i margini degli abitati, come elementi disdicevoli che non possono convivere con il tessuto urbano centrale.

Come se la ludopatia si potesse curare con l'alienazione, e soprattutto senza tener conto delle pesanti ricadute occupazionali che il forzato esilio produrrebbe.

"Le aziende si troverebbero ad avviare procedimenti di licenziamento per la chiusura delle filiali sul territorio - spiega Ahana Serafimof, Filcams Cgil Roma e Lazio - che nella nostra regione sono molte, vista la presenza delle sedi centrali di diverse aziende del settore. Abbiamo stimato tra i 12 e i 16 mila lavoratori nel Lazio, tra diretti e indotto".

Quello che chiedono i sindacati è di posticipare l'attuazione di questa norma, aspettando la definizione di una regolamentazione a livello nazionale del gioco legale, prevista per il prossimo anno. Ma la richiesta di incontro avanzata alla Regione Lazio per affrontare l'argomento è stata ignorata e, dopo un mese di attesa, sta per partire un sollecito all'indirizzo del governatore.


"È certamente necessario mettere ordine in un settore che ha luci ed ombre, ma il distanziometro è un provvedimento che lo ridimensiona drasticamente senza approfondirne in nessun modo le criticità e senza valutare le ripercussioni che avrebbe sull'occupazione" aggiunge la funzionaria.

Una misura poi che, nel tentativo di tenere sotto controllo le patologie legate al gioco, potrebbe aprire nuovi spazi all'illegalità, nella quale i giocatori compulsivi si rifugerebbero e dove i profili patologici sarebbero liberi di proliferare fuori da qualsiasi forma di controllo. Non solo quindi non rappresenterebbe una soluzione al problema ma finirebbe per esacerbarlo, offrendo allo stesso tempo nuove opportunità alla gestione illecita del gioco. 

L'allontanamento delle attività di gioco dalla densità di luoghi sensibili dei centri urbani traccia poi un moto di ghettizzazione periferica dell'esercizio ludico, che andrebbe a concentrarsi ai margini, secondo un disegno socialmente discutibile.

Ma il punto più importante e dolente resta comunque l'impatto che la norma avrebbe dal punto di vista occupazionale.


"È difficile fare una stima di quante lavoratrici e lavoratori potrebbero essere coinvolti in procedimenti di licenziamento collettivo, sicuramente migliaia" dice Ahana Serafimof. 

Più semplice invece constatare il generale scarso riguardo riservato agli addetti del settore, colpiti in qualche modo, indirettamente, dallo stigma della ludopatia, che getta impropriamente un'ombra su una professione esercitata dignitosamente da anni, mettendo in dubbio il diritto alla continuità occupazionale e a rischio il reddito di migliaia di famiglie.