Rider, Giudice di Torino: "Non sono autonomi!"
Una nuova sentenza ribadisce la natura subordinata del rapporto di lavoro dei rider. Nidil, Filt e Filcams Cgil: "Risultato importante, ora tutte le piattaforme di food delivery diano risposte adeguate, a partire da Uber Eats”
Contenuti associati
Un’altra importante sentenza sulla natura subordinata del rapporto di lavoro dei ciclofattorini: la Sezione lavoro del Tribunale Ordinario di Torino ha riconosciuto a due rider Foodinho Srl (Glovo) l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale Terziario, Distribuzione e Servizi. Si tratta di un contenzioso promosso da Nidil, Filt e Filcams, assieme alla CGIL, per chiedere la tutela dei diritti al salario e alla salute e sicurezza di questi lavoratori e lavoratrici.
La sentenza del 20 luglio impone a Foodinho anche il pagamento ai rider degli arretrati derivanti dalle differenze retributive maturate per l’attività svolta a partire dal 2019. “Si tratta di un ulteriore passo in avanti che sconfessa ancora una volta la logica del cottimo dell’accordo Assodelivery-UGL, utilizzato dalla maggior parte delle piattaforme” commentano Nidil, Filt e Filcams Cgil in una nota.
“Il Tribunale del lavoro di Torino, ancora una volta, ha riconosciuto che tutto il turno in cui il rider è loggato sulla piattaforma, quindi il tempo intercorso tra il check-in e il check-out nei singoli slot prenotati, è da considerarsi tempo di lavoro, a prescindere dalle consegne svolte, stabilendo di fatto che la possibilità di rifiutare una consegna non è sufficiente a qualificare l’attività dei rider come lavoro autonomo.”
“L’accoglimento del ricorso, promosso con i legali di riferimento della Cgil, Silvia Ingegneri, Elena Poli, Matilde Bidetti, Carlo de Marchis e Sergio Vacirca - proseguono i Sindacati - ancora una volta dimostra che ai rider spettano tutti i diritti e le tutele economiche del lavoro subordinato.”
“È giunto il momento che le piattaforme del settore food delivery diano risposte adeguate - concludono Nidil, Filt e Filcams Cgil - a partire da Uber Eats, che ha recentemente dichiarato di voler lasciare l’Italia e che ha aperto una procedura di licenziamento esclusivamente per i 49 lavoratori subordinati, lasciando fuori e senza tutele circa 3.000 rider. I rider non sono lavoratrici e lavoratori di serie B.”