7/10/2022 ore: 13:44

Rider, un contratto collettivo nazionale per la sicurezza

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Il mondo dei rider fiorentini si è fermato per 24 ore il 5 ottobre ed è sceso in piazza per Sebastian Galassi, il giovane collega che la sera del primo del mese ha perso la vita a un incrocio, alla periferia della città, buttato a terra da una macchina e investito da un'altra.

Una morte dolorosa e ingiusta, che porta i segni di un lavoro nel quale la sicurezza si perde dietro il ritmo incalzante di un algoritmo che regola implacabilmente ritiri e consegne, imponendo rapidità ed efficienza ad ogni costo. La stessa entità rigida e astratta che neanche un giorno dopo la morte del rider ventiseienne di Firenze gli comunica che il suo account è stato disattivato e che non ha più un lavoro, perché non ha rispettato i tempi, non ha fatto quello che ci si aspettava da lui.

Una mail partita per errore, dice l'azienda, che però racconta bene la gestione ferocemente impersonale di un piccolo esercito di lavoratrici e lavoratori presi nella spirale del sistema a cottimo, ai quali si chiede molto e non si dà abbastanza: dietro numeri, veicoli, tragitti e consegne ci sono persone, con le loro storie, le loro difficoltà e i loro bisogni, con l'impegno profuso quotidianamente per fare bene il lavoro richiesto e per darsi un domani.


Di fronte all'ennesima tragedia il sindacato ribadisce la richiesta, già ampiamente formulata, di inquadrare la figura del rider all'interno di un contratto collettivo nazionale, che garantirebbe le tutele necessarie, a partire dalla salute e la sicurezza di questi lavoratori.

"Quello di Sebastian è solo l'ultimo dei casi in cui è risultata evidente la mancanza di una adeguata formazione, e attenzione, sui temi della sicurezza - spiega Jacopo Dionisio, Filcams Cgil nazionale - una lacuna che discende dall'organizzazione del lavoro, da come gli algoritmi programmati dalle società di food delivery gestiscono il rapporto con i collaboratori, spingendoli ad effettuare le consegne a un ritmo frenetico ed esponendoli così al rischio di incidenti".

La retribuzione a cottimo è poi una ulteriore spinta a correre, per mettere insieme un salario dignitoso: il rider corre, lungo i tracciati disposti dall'azienda, che resta al riparo da norme e responsabilità, lasciando rischi e incertezze a carico esclusivo dei lavoratori.


Fatta eccezione per JustEat e poche altre piccole aziende che applicano il contratto della logistica, collaborazione occasionale e partita iva sono le modalità prevalenti nei rapporti di lavoro e l'unica forma contrattuale utilizzata nei restanti casi è un accordo non rappresentativo sottoscritto da Assodelivery, "che noi abbiamo contestato - aggiunge Dionisio - perché non risolve assolutamente i nodi di questa professione". 

Alla mancanza di sicurezza si somma poi l'estrema precarietà di un lavoro nel quale l'arruolamento è rapido quanto la risoluzione del rapporto, un ciclo continuo senza approdi e certezze, che fa leva sul bisogno di lavorare e sfrutta questa disponibilità attraverso un'organizzazione pressante e un regime retributivo che forza all'accumulo veloce: necessità, sfruttamento e rischio sono la miscela esplosiva di una relazione di lavoro che deve essere a tutti i costi normata e regimentata.

"L'unica prospettiva accettabile si trova nell'applicazione di un contratto collettivo nazionale, che porti garanzie, tutele e sicurezza", conclude il funzionario Filcams. Una battaglia che il sindacato continuerà a portare avanti, al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori che sono scesi ieri in piazza Sant'Ambrogio, a Firenze, e delle migliaia di fattorini che tengono in piedi il sistema delle consegne nel resto del paese.