Turismo: il cambiamento culturale di cui ha bisogno il settore
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Il Friuli Venezia Giulia è la settima tappa regionale del tour Filcams Mettiamo il Turismo SottoSopra.
La tappa friulana si è svolta a Trieste, con un confronto con le associazioni datoriali e le istituzioni locali, alla presenza dell’Udu, e ancora una volta è emerso con forza la necessità di un cambiamento prima di tutto culturale, nell’approccio al settore e, soprattutto, nell’approccio all’occupazione nel settore.
“Sempre più le istituzioni regionali si riferiscono al Settore parlando di industria turistica, la più grande presente sul territorio nazionale” ha affermato Monja Caiolo segretaria nazionale della Filcams Cgil a conclusione della giornata di confronto. “Eppure, continuano a mancare politiche di settore che mettano in sinergia tutti i patrimoni presenti sui singoli territori, al fine di creare offerte turistiche diversificate, capaci di allungare le stagioni turistiche per eccellenza, superare il limite delle mete maggiormente note, gestire i flussi turistici ed evitare, quindi, fenomeni come l’over tourism ed il sopraffollamento delle città, i cui centri storici si stanno svuotando per lasciare il posto a case vacanze e alloggi brevi. E continuano a mancare politiche di settore che permettano all’industria turistica di avere un vero e proprio piano industriale, con una produzione ben definita, tempi certi, organici stabili e promozione del prodotto. Mancano politiche di settore che mettano in atto tutte quelle strategie ed iniziative che portino ad un vero sviluppo dell’industria turistica, guardando anche alle politiche attive del lavoro e alla coesione sociale.”
Non è un caso, secondo Caiolo, che il Turismo continua ad essere un’industria incapace di sviluppare buona occupazione, ma incapace, anche, di sviluppare, economicamente e socialmente, i diversi territori.
“Ecco che il cambiamento culturale deve essere portato avanti anche dalle stesse imprese” prosegue “che devono superare la logica del massimo profitto nel breve periodo, da ottenere attraverso lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori. Imprese e associazioni datoriali che lamentano la perdita di attrattività del settore, che rivendicano formazione, professionalità elevate, alti standard di qualità, ma che continuano a guardare con favore a voucher, contratti intermittenti, premialità piuttosto che aumenti salariali importanti.”
A Trieste la Filcams ha chiesto un confronto, uno scambio di riflessioni, per individuare percorsi condivisi per lo Sviluppo Sostenibile del Turismo, ma ancora una volta, le riflessioni dei nostri interlocutori si sono concentrate esclusivamente sulla sostenibilità ambientale, sul rispetto del territorio e della sua comunità ospitante, sino a concretizzarsi quasi esclusivamente sulla battaglia contro l’abusivismo rappresentato da tutte quelle strutture ricettive extra alberghiere, molto spesso irregolari e molto spesso fonte di lavoro irregolare. “Non c’è dubbio che si tratti di una irregolarità da superare con il ripristino della legalità, - afferma Monja Caiolo – ma quando si parla di sostenibilità ambientale, si dovrebbe parlare, inevitabilmente, anche di cambiamenti climatici e dei risvolti che questi hanno anche sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro, ovvero – prosegue Caiolo – sulla necessità di rivedere anche le misure di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, integrando la valutazione dei rischi con quelli connessi a fenomeni atmosferici estremi. Nella filiera turistica, bagnini, cuochi, guide sono certamente tra le figure professionali più esposte a rischi di salute e sicurezza connessi, ad esempio, alle altissime temperature registrate nei giorni scorsi.”
Per la Filcams, però, la sostenibilità deve essere declinata anche dal punto di vista occupazionale ed economico-sociale.
Le Associazioni Datoriali continuano a lamentare la difficoltà nell’integrare gli organici delle imprese, perché nessuno sembrerebbe più interessato a lavorare nel Turismo. “Si ruota intorno al problema, attribuendo di volta in volta la responsabilità ad una causa diversa: persino il volere conciliare tempi di vita e di lavoro è diventata una colpa. – prosegue Caiolo – La verità va ricercata, in primo luogo, nei dati resi noti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro a seguito delle ispezioni effettuate. Nel mese di aprile, da un’operazione straordinaria di ispezione, era emerso che su tutto il territorio nazionale il 75% delle imprese operanti nella filiera del turismo erano irregolari, per la mancata applicazione integrale del CCNL, per lavoro sommerso, per mancato rispetto delle misure di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. La ricerca della verità, poi, prosegue guardando a tutte quelle forme di lavoro precarie introdotte negli anni, sino ad arrivare al voucher, strumento talmente abusato sino a diventare copertura di lavoro sommerso.”
Sostenibilità occupazionale e delle condizioni di lavoro, vuol dire rimettere al centro proprio il Lavoro, regolare, dignitoso, stabile, con il corretto riconoscimento delle professionalità e delle competenze, che sicuramente devono essere in costante aggiornamento attraverso la formazione, sia quella scolastica che quella continua in costanza di lavoro. Vuol dire il giusto riconoscimento economico per i part time verticali ciclici e la copertura dei periodi di non lavoro. Vuol dire una Naspi che copra tutti i periodi di non lavoro, come era in passato con l’indennità di disoccupazione. Vuol dire rinnovare i contratti della filiera turistica, tutti scaduti, restituendo alle lavoratrici e ai lavoratori il potere d’acquisto che hanno perso tra retribuzioni ferme a più di cinque anni fa e inflazione galoppante; la dignità di lavoratrici e lavoratori a cui venga riconosciuta la propria professionalità, con il giusto inquadramento contrattuale ed il rispetto di tutti gli istituti previsti dal ccnl.
“Stiamo vivendo una stagione estiva caratterizzata da una forte espansione del turismo, ma i contratti nazionali, scaduti tra il 2018 ed il 2021, sono tutti lontani dall’essere rinnovati e sui tavoli negoziali pesano ancora le richieste datoriali di flessibilità, riduzione del costo del lavoro, figure professionali polivalenti schiacciate ancora tra i livelli più bassi di inquadramento. Le imprese ricercano professionalità, competenze, profili altamente formati, per poi non riconoscerli. – dichiara Caiolo - Il contratto nazionale di lavoro è un diritto e rinnovarlo, soprattutto in tempi brevi, è un dovere, ancor più in questo periodo che usciamo da una pandemia che ha messo in ginocchio sì le imprese, ma soprattutto le lavoratrici e i lavoratori, che subito dopo hanno dovuto fare i conti anche con il caro energia e l’inflazione, perdendo il loro potere d’acquisto: mentre le imprese si sono difese aumentando i prezzi, i salari dei lavoratori sono rimasti sempre gli stessi. E sono salari bassi, non solo perché i contratti sono scaduti da cinque anni, ma anche perché il 60% dei lavoratori è part time, e non per scelta loro, mentre l’80% è inquadrato ai livelli più bassi della classificazione del personale.”
Il salario, quindi, è un tema, ed è un tema fondamentale e c’è la consapevolezza che deve essere rivisto in meglio. Ma non è l’unico tema, perché le condizioni reddituali si migliorano anche attraverso una diversa classificazione del personale, rivedendo i livelli di inquadramento. Le condizioni lavorative si migliorano rispettando orari, riposi giornalieri e settimanali, riconoscendo gli straordinari, ma anche mettendo in pratica tutte quelle misure che facilitano la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. La flessibilità esasperata degli ultimi decenni ha solo fatto male al settore, che adesso soffre della carenza di personale.