8/11/2004 ore: 11:24
"Auchan 1" Ifil cede il «food» Rinascente
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FINANZA E MERCATI pagina 29 La holding della famiglia Agnelli ha venduto ad Auchan la sua quota del 50% nella divisione prodotti alimentari MILANO • Annunciata a settembre, da giorni in dirittura d'arrivo, è puntualmente giunta in porto la cessione da parte di Ifil delle attività alimentari della Rinascente. Ad acquistare la quota del 50% è Auchan, partner degli Agnelli nel gruppo milanese dal 1997. Per la parte tessile, cioè i Grandi magazzini Rinascente e Upim, circa 900 milioni di fatturato, si conta di concludere entro il prossimo aprile. Sarà allora l'addio definitivo degli Agnelli non solo alla grande distribuzione — oggi sempre più in mani straniere — ma anche a un pezzo della loro storia che, sia pure con una parentesi a metà degli anni Settanta, li ha visti per decenni legati alla Rinascente. Anticamera dell'operazione definita ieri era stata la scissione che aveva creato due società: la Rinascente Spa, a cui fanno capo le attività tessili, e la Società italiana distribuzione moderna, che riunisce essenzialmente le attività «food and beverage». Cedendo la propria quota, cioè la metà di quest'ultima newco, Ifil incasserà 1.063 milioni di euro con una plusvalenza superiore ai 600 milioni. La transazione prevede un pagamento di 810 milioni al closing che avverrà entro fine anno dopo l'ok dell'antitrust mentre il saldo sarà perfezionato nella prima metà del 2005. Finanziariamente un buon affare per Ifil — da tempo penalizzata dalla partecipazione istituzionale di Fiat — ben accolto dalla Borsa che ha premiato il titolo della società d'affari torinese con un rialzo del 2,16% a 2,778 euro. Con l'intesa di ieri escono dall'orbita del gruppo Agnelli per passare sotto il pieno controllo dei francesi gli ipermercati italiani a insegna Auchan, i supermercati Sma, il 50% di Sib (bricolage) e il 51% di Gallerie commerciali: in tutto oltre 5,5 miliardi di fatturato. Sistemata la parte alimentare, Auchan e Ifil hanno anche definito un accordo relativo alle attività tessili di Rinascente Spa e al processo di vendita tramite asta competitiva, sotto le cure di Lazard che peraltro ha già ricevuto offerte. Auchan si era detta subito disinteressata a questo business. Non è un caso che in questi anni di controllo paritetico di Rinascente tramite Eurofind, il gruppo milanese è stato guidato da due amministratori delegati, con competenze ben suddivise: Benoit Lheureux, manager Auchan, per il food e Giovanni Cobolli Gigli, manager Ifil, per il resto. Tranne la quota Fiat, tutto è cedibile quando l'asset raggiunge la migliore valorizzazione: fedele a questa strategia, il vertice di Ifil aveva annunciato la decisione di mettere in vendita Rinascente nel cda del 9 settembre. A due mesi di distanza è stata compiuta la prima tappa, che — come ha sottolineato l'ad Daniel John Winteler — consente a Ifil di valorizzare appieno lo sviluppo avvenuto negli ultimi dieci anni, di cui sette insieme ad Auchan». Nel 2002 Ifil e Auchan lanciarono un'Opa totalitaria con l'obiettivo di ritirare Rinascente dalla Borsa. La valutazione totale di Rinascente fu allora di circa 1,8 miliardi al netto dei debiti. Un cifra inferiore a quanto oggi è stata valutata la sola parte alimentare. All'epoca dell'Opa il prezzo offerto di 4,45 euro ad azione era comunque già superiore del 33% sul corso segnato dall'azione il giorno prima dell'annuncio del delisting. L'Opa volontaria registrò adesioni pari al 98% circa. In questi due anni è peraltro seguita la valorizzazione dell'asset con la creazione di una serie di società autonome che ha permesso tra l'altro la conclusione dell'intesa immobiliare con Simon per la cessione del 49% delle Gallerie. L'intesa di ieri — elemento non da poco — ha per oggetto il passaggio del controllo che di solito ingloba un importante premio. Con la maxiplusvalenza Ifil conta innanzitutto di riequilibrare la posizione finanziaria netta che è negativa per circa 400 milioni. Una volta sistemato il fronte dell'indebitamento, le nuove risorse verranno impiegate in nuovi investimenti — con la tecnica sempre più simile alle società di private equity — che dovranno controbilanciare il rosso derivante dalla partecipazione in Fiat. Rosso che ha pesato anche sulla semestrale Ifil in perdita per 111 milioni. La partecipazione resta al 30,6% ma si avvicina la scadenza del prestito da 3 miliardi: se a metà settembre il pool di banche lo convertirà in azioni, potrebbe divenire il primo azionista del Lingotto con la diluizione della quota Ifil sotto il 22 per cento. ALDO BERNACCHI |