13/5/2005 ore: 11:52
"Badanti (1)" Le fate che vengono dall’Est
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Pagina 14 UNA RIVOLUZIONE DEL COSTUME E DELLA PSICHE BADANTI Le fate che vengono dall’Est Le donne dell’Est stanno colmando ogni realtà fisica e immaginaria di una gran parte di maschi italiani. Sono russe, bielorusse, ucraine, ma anche polacche, rumene, lettoni e moldave. Possono chiamarsi Olga, Irina, Tatiana, dal volto quadrato, i fianchi generosi e i denti smaglianti. Buone per tutto quello che gratifica i nostri corpi di maschi mollicci e delicati. Capaci di curare le nostre piaghe da decubito, pulirci il sedere senza schifarsi, lavarci, vestirci e, quando arriva l’ora, comporci con l’abito buono e le mani incrociate pronti all’ultimo viaggio. Non solo, ma le stesse Anastasia, Alena, Ludmilla, occhi color ghiaccio da gatte delle nevi, seni di granito e labbra di corallo, son capaci di farci tornare allocchi innamorati anche dopo i 50. Con loro siamo tutti Casanova irresistibili, padroni di casa ancora sensuali e virili a dispetto dei nostri matrimoni logorati. Sono le fate salvatrici che vengono dall’Est. Per il miracolo di renderci la regalità di maschi ci chiedono poco, in fondo: qualche briciola del nostro benessere, poco più che un lavavetri, ma fanno per noi quello che nessuna donna del nostro Paese ha più voglia di fare. Solo da tre anni l’Accademia della Crusca ha stabilito che nella nostra lingua il termine «badante» debba essere riferito a un essere umano. Una volta si usava per i precari guardiani di bestiame. E’ significativo lo slittamento lessicale che definisce tale prestatore d’opera, che passa dal pascolare mucche e pecore ad assicurare i bisogni primari ad esseri umani che non possono più badare a se stessi e che tanto meno hanno a disposizione familiari disposti a farlo. Le slave, per bisogno, coprono un vuoto nel naturale avvicendamento delle generazioni, fanno il lavoro che dovrebbe essere affidato a figli e parenti. Ma questi oggi non possono, non vogliono, non hanno tempo, non hanno stomaco. In una società ancor prossima alla contemporanea esisteva, per istituzione, in ogni famiglia numerosa, una figlia destinata sin da ragazza ad occuparsi dei genitori non più autonomi. Molti ricorderanno come zie un po’ svampite queste vergini votate a pitali, lavacri pietosi e notti di veglia. Oggi le zie hanno altro da fare, o lavorano o vanno in crociera. «Anche se può sembrare una bestemmia, colpisce la contiguità che esiste tra la figura della badante e quella della prostituta - dice il sociologo ed economista Guido Viale -. Sono entrambe donne immigrate che si occupano del corpo di altre persone, italiane ed europee, le quali non sanno risolvere da sole problemi di carattere fisico e psicologico». E’ un affermazione sicuramente forte, ma rivela quanto alla celebrazione dei corpi perfetti corrisponda l’abbandono di quelli meno gratificanti, ma pur bisognosi di cura e amore: «In un caso si tratta di organizzare la vita di anziani non più autosufficienti, nell’altro di soddisfare esigenze sessuali al di fuori delle soluzioni normalmente offerte loro dalla famiglia e dalla collettività», spiega ancora Viale. La badante, facilmente, forza il suo ruolo: spesso è una donna di istruzione superiore e acquisisce velocemente dati e informazioni sui meccanismi che regolano ogni aspetto finanziario nelle nostre famiglie. Quando i parenti si mettono in mezzo tra la generosità dell’assistito e la badante, «sono loro stesse a chiedere l’intestazione di fondi assicurativi, molto più discreti e "intoccabili" da parte dei legittimi eredi - sussurra una funzionaria di banca romana -. Sapesse quanti anziani vengono qui assieme alla badante per farsi suggerire come beneficiarla senza che i figli possano intervenire!». Le cronache pullulano di beghe giudiziarie di familiari che vorrebbero interdire il padre o il nonno prima che metta a rischio la loro eredità. «E’ un momento strano questo, in cui il più cafone degli italiani può avere alle sue dipendenze una dottoressa in chimica per badargli il padre incattivito dalla demenza senile - commenta la scrittrice Barbara Alberti, esperta di letteratura russa -. E’ chiaro che molti le vogliano sposare. In Italia qualsiasi disgraziato era un re in casa sua, o per la moglie o per la sorella, che lo facevano sentire tale. Poi le donne hanno smesso di servire il loro uomo. Oggi i maschi pagano per un ritorno al passato, ma la loro è solo un’illusione. Le russe che pensano di comprarsi hanno una cultura molto superiore alla loro». Ogni anno, secondo l’Istat, si celebrano in Italia circa 20 mila matrimoni misti, di cui il 38% con donne dell’Est. Quasi la metà delle donne russe è single, secondo i dati del direttore dell’Istituto di demografia dell’Accademia delle scienze di Mosca, Andrei Vishnevski, e questo rende l’unione alle nostre latitudini ancor più facile. Le donne russe sono il 15% in più rispetto ai maschi russi, vivono in media più dei loro uomini, spesso minati dall’alcol, e quindi esportano mano d’opera e affetto. Oltre che all’incontro fulminante con la badante, l’evento matrimoniale si può propiziare anche grazie ad agenzie specializzate. «Donne russe» è la chiave di ricerca che in Rete apre le porte al più fantastico serraglio di bellezze slave da ammirare, da provare e forse da sposare. Sono migliaia le foto classificate in database che permettono di scegliersi la bellezza dell’Est più conforme ai propri gusti. Classifica per età, altezza, addirittura peso. Dietro ogni indirizzo una bellezza dell’Est che attende e una donna italiana che deve cominciare a preoccuparsi. |