23/3/2005 ore: 10:27

"Bolkestein 1" Intesa Ue per cambiare la direttiva sui servizi

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    mercoledì 23 marzo 2005
      sezione: IN PRIMO PIANO - pagina 2
        Intesa Ue per cambiare la direttiva sui servizi
        Un duro attacco di Chirac al dumping sociale
          ADRIANA CERRETELLI
            DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES • Doveva prima di tutto celebrare la festa della riforma del Patto di stabilità e crescita. Invece il vertice dei 25 capi di Stato e di Governo, riunitosi ieri pomeriggio a Bruxelles, quasi non ha fatto in tempo a impartirle la propria benedizione politica che subito si è trovato invischiato nelle violente polemiche sulla liberalizzazione dei mercato dei servizi in Europa, su quella che in gergo si chiama direttiva Bolkestein, dal nome del suo autore. A tarda sera, però, i capi di governo hanno raggiunto il consenso per modificare la direttiva mantenendo l'obiettivo della liberalizzazione del mercato ma salvaguardando il modello sociale europeo.

            «Inaccettabile»: il presidente francese Jacques Chirac si era fatto precedere al vertice da questo giudizio perentorio e inappellabile. E da un'argomentazione minacciosa: il rischio dumping sociale che la direttiva si trascinerebbe dietro alimentando lo spettro del no francese al referendum del 29 maggio per la ratifica della Costituzione europea. Un no dagli effetti devastanti in Europa, il potenziale detonatore di una crisi al buio, dagli sbocchi imprevedibili.

            «Noi diciamo sì alla liberalizzazione ma no al dumping sociale.
            Comunque non potremmo accettare il testo nella sua versione attuale» aveva scandito il lussemburghese Jean Claude Juncker, presidente di turno dell'Unione, poco prima dell'apertura del summit. Contro la direttiva anche la Germania di Gerhard Schröder, il Belgio di Guy Verhofstadt. E la Svezia di Goran Persson, che ha tagliato corto chiedendone ufficialmente il ritiro: «Ci sono forse delle parti che possiamo utilizzare ma sono troppe le controversie che si porta dietro».

            «Questa direttiva è una proposta della Commissione Prodi del 2004 che sarà esaminata e sicuramente emendata nel quadro della procedura di codecisione dal parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri» ha gettato acqua sul fuoco Josep Borrell, il presidente dell'europarlamento dove il testo contestato è al momento " parcheggiato" in attesa della cosiddetta prima lettura in giugno. Secondo Borrell la ricerca dell' «equilibrio tra apertura dei mercati, servizi pubblici, diritti sociali e dei consumatori richiederà grandi arbitrati politici» . Per il rinegoziato della direttiva ieri si sono pronunciati anche popolari e socialisti, i due maggiori gruppi dell'assemblea.

            «Io sto dalla parte della liberalizzazione non da quella del protezionismo» ha invece affermato in controtendenza il premier slovacco Mikulas Dzurinda. Dalla sua sono tutti i paesi dell'Est. Insieme a Gran Bretagna e Olanda. Gli altri paesi sono in posizione mediana. Come il presidente della Commissione Ue, José Barroso, che ha ribadito di essere aperto al dialogo «per trovare un consenso forte che garantisca la nascita di un mercato integrato dei servizi senza livellarne verso il basso gli standard sociali».

            E proprio qui sta uno dei punti dolenti della vicenda. Quella del mercato dei servizi rientra nelle quattro libertà fondamentali sancite dal Trattato di Roma insieme a quelle di persone, merci e capitali. Nell'economia attuale i servizi contribuiscono al 70% del Pil europeo, sono quindi una tessera essenziale del mercato unico e un volano indispensabile per carburare la crescita. Non a caso la direttiva rappresenta uno dei pezzi forti della nuova strategia di Lisbona che sarà approvata da questo vertice proprio con l'obiettivo di concentrare ormai tutti gli sforzi sul rilancio della competitività globale europea. Messa alle corde ormai non solo dai competitori tradizionali ma da quelli nuovi e ben più aggressivi come Cina e India.
              Due le modifiche al testo ritenute da molti essenziali: l'esenzione dei servizi pubblici e l'applicazione limitata del principio del paese d'origine. Quello che permetterebbe a un prestatore di servizi di lavorare in qualsiasi paese dell'Unione sulla base della legislazione del suo paese d'origine. Visti i profondi divari oggi esistenti tra Est e Ovest europeo, c'è chi teme il dumping sociale e di qui il declino del modello europeo. Ma c'è chi, per opposte ragioni, conta invece su un calo dei prezzi a tutto vantaggio dei consumatori. Oltre che su più crescita e occupazione. Il braccio di ferro è in corso. Ma una soluzione sembra possibile.

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