"Buongiorno" La romanza dell'Evasore
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Buongiorno
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di Massimo Gramellini
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La romanza dell'Evasore 18 settembre 2001
La sua voce non sarà più quella di un tempo, ma la romanza dell’Evasore che Luciano Pavarotti ha intonato davanti ai magistrati di Modena merita un’ovazione, se non dai loggionisti, almeno dai commercialisti. Accusato di aver scordato 40 miliardi di tasse denunciando ogni anno al fisco due o tre milioni, il Maestro ha solennemente affermato: non mi sento colpevole e se una legge dice il contrario, peggio per lei, io sono in buona fede. Dopo di che ha spiegato come dovrebbe essere, questa maleducatissima legge, per meritarsi il rispetto di un galantuomo come lui. «Ho sempre creduto che sia evasore chi guadagna in Italia e spende all’estero, mentre io i soldi li faccio all’estero e sono italiano soltanto d’origine». Ma è proprio su quest’ultimo particolare che Pavarotti si è tradito. Uno che evade il fisco ma anziché ammetterlo, o al limite negarlo, cerca di convincere gli altri di averlo fatto a fin di bene. Uno che si scrive le leggi da solo, elevando l’anarchia dei comportamenti a giustificazione morale. Uno che si presenta davanti al giudice ma si rifiuta di rispondere alle sue domande e sceglie la strada a senso unico del monologo autoassolutorio. Uno così, insomma, non può essere italiano «soltanto d’origine». Uno così, direbbe il maestro Toto Cutugno, è un italiano vero.
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