16/4/2003 ore: 11:39

"Commenti&Analisi" Il nuovo ordine mondiale sognato dagli Stati Uniti - di U.Beck

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         LE IDEE
        Il nuovo ordine mondiale sognato dagli Stati Uniti

                ULRICH BECK

                CIRCOLA una storiella: alcuni ricercatori trovano negli archivi del Cremlino una lettera di commiato di Stalin al partito. Vi si legge: «Coraggio, compagni! Non possiamo perdere! Anche nella sventurata ipotesi che sia il comunismo e non il capitalismo a crollare per le proprie contraddizioni, avremo pur sempre un piano imbattibile: sciogliere l´Unione Sovietica, riunificare la Germania e unirci quanto prima alla Nato. L´Occidente non si riprenderà mai da un colpo simile». È, ovviamente, una barzelletta. Ma è quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi sulla scena della storia. Già Montesquieu, più di 250 anni fa, colse perfettamente il punto, affermando che «le istituzioni sono sempre distrutte dalla loro vittoria». È esattamente ciò che è accaduto all´ordine internazionale della guerra fredda.
                L´Occidente sta scomparendo assieme all´Oriente. C´è stato un ritardo di dieci anni, ma questa dissoluzione dell´Occidente sta precipitando l´Europa ora e negli anni a venire in una crisi che la scuote alle fondamenta e che può avere soltanto due conclusioni. O dall´insensato bruco europeo nascerà una farfalla cosmopolitica, oppure l´intero progetto europeo collasserà nella propria limitatezza di orizzonti. In questo caso, l´Europa semplicemente si nazionalizzerà in un ammasso di stati insignificanti e l´unica superpotenza rimasta avrà mano libera con le sue coalizioni variabili e i suoi doppi standard.
                Oggi in Europa molti parlano di un nuovo impero americano. Se ne denuncia e se ne stigmatizza l´unilateralismo. Ma quello che perlopiù sfugge è che con la fine del contrasto Est/Ovest si è creato un vuoto di potere, che deve in qualche modo essere colmato. Si tratta solo di sapere chi lo debba fare. Le Nazioni Unite? Per poter adempiere a questo ruolo, l´Onu dovrebbe essere ricostruita per intero, così come dovrebbe essere ridefinita la sovranità delle nazioni. L´Unione Europea? Attualmente gli europei sono tutti presi dall´argomento che li interessa di più, ossia loro stessi. Non sono capaci - né hanno dimostrato la volontà - di svolgere un ruolo responsabile in una politica mondiale al di fuori della sfera dell´economia. E allora a chi spetta colmare questo vuoto? Alla Russia? Alla Cina?
                È questo il motivo per cui l´amministrazione Bush può ritenere che ciò che è buono per l´America è buono per il mondo - e che il modo migliore di realizzare un ordine mondiale stabile è assicurare che la superiorità americana non sarà mai messa in discussione.
                A sostegno di queste considerazioni geostrategiche c´è la convinzione messianica che Dio abbia affidato all´America il compito di "essere un faro per le nazioni" e di diffondere il verbo democratico, se necessario con la forza. Usare i missili per convertire altri paesi alla democrazia è senza dubbio un credo ingenuo e bellicoso, ma ha la sua coerenza. Gli Stati Uniti partono dall´assunto che qualsiasi paese condivida la loro fede nella democrazia sia un alleato naturale. Perciò ritengono che l´occupazione dell´Iraq possa creare un alleato naturale nel Medio Oriente. Essa è anche un mezzo per confutare una volta per tutte l´idea razzista che l´Islam e la democrazia siano incompatibili.

                La seconda guerra del Golfo non è stata combattuta in primo luogo all´insegna del motto "sangue per il petrolio"; né la politica del governo americano è unilaterale nel senso tradizionale del termine. Chi riduce il conflitto a questi minimi termini non lo prende sul serio. Quella che è davvero in gioco è la struttura della politica globale. Il vecchio ordine è morto e se ne sta apprestando uno nuovo. Lo scontro è su quale tipo di ordine debba essere costruito.
                Il principio fondativo delle Nazioni Unite è quello dell´inviolabile sovranità degli stati nazionali. Ma nel mondo globalizzato di oggigiorno questa concezione della sovranità non può più garantire la sovranità di nessun paese. Le stesse forze che rendono possibile la globalizzazione hanno anche prodotto il terrorismo transnazionale, le catastrofi climatiche e la miseria globale. Sono tutti aspetti che investono il mondo intero e oltrepassano le frontiere, come se non ci fossero.
                In secondo luogo, e soprattutto, questa nuova interconnessione produce una consapevolezza che rende inadeguati i vecchi standard morali. L´inviolabile sovranità comportava il diritto assoluto di ogni governo sovrano di violare i diritti dei propri cittadini. Oggi quasi nessuno è più disposto a sottoscrivere che sia giusto tenersene fuori e permettere che violazioni così gravi dei diritti umani continuino. Grazie ai nostri media globalizzati è diventato difficile ignorare questi fatti.
                Se l´Europa continuerà a occuparsi soltanto di sé stessa, questi rischi semplicemente si incancreniranno e diventeranno più virulenti. E alla fine arriveranno in Europa. Il mondo è una rete di connessioni che trasmette di tutto, non solo le minacce dell´Iraq o della Corea del Nord, ma anche le condizioni dell´Africa, una ferita per la coscienza del mondo. Ma se il mondo si assume congiuntamente i suoi compiti può controllare questi rischi e sanare queste ferite. La questione che divide l´Europa dall´America è come. Come dovrebbe essere un ordine mondiale che andasse oltre il principio della non interferenza in qualsiasi affare interno delle nazioni? E se accettiamo che in questo nuovo ordine la comunità delle nazioni possa legittimamente autorizzare interventi umanitari, quali principi, quali procedure e quali istituzioni legittimeranno questi interventi? Come è possibile escludere la strumentalizzazione imperialistica delle idee e dei valori cosmopolitici a favore di interessi nazionali?
                L´idea di fondo del diritto cosmopolitico è che i diritti del più debole debbano essere protetti contro il più forte. Questa idea contiene due assunti decisivi: che il debole debba essere protetto; e che abbia dei diritti, basati su un ordine giuridico.
                L´unico foro della politica mondiale nel quale questa idea dei diritti internazionali occupa un posto centrale sono le Nazioni Unite. Esse incarnano anche qualche altro elemento che è indispensabile per costruire un mondo di leggi anziché di persone: il principio di simmetria, cioè dell´uguale trattamento e delle uguali obbligazioni; il processo di appianamento dei contrasti tra gli interessi attraverso la discussione; l´obiettivo di creare una più estesa e più efficace struttura di accordi per evitare che la guerra diventi strumento di risoluzione dei contenziosi.
                Se allora è questo il momento di creare il diritto cosmopolitico, le Nazioni Unite sono il luogo nel quale questo dovrà avvenire. Ma questo esige una riforma radicale dell´Onu. Tanto per cominciare, il principio dell´inviolabilità della sovranità nazionale è incompatibile con i principi del cosmopolitismo. Ma per le stese ragioni è anche incompatibile con alcuni dei documenti fondativi dell´Onu, ad esempio le convenzioni contro il genocidio. Per prevenire il genocidio è talvolta necessario intervenire. E se guerre siffatte sono giustificate, è perché si tratta di interventi minori intesi a porre termine alle violazioni prima che esse dilaghino. Un ordine giuridico cosmopolitico dovrebbe consentire alla comunità delle nazioni di regolare il comportamento interno dei propri membri, poiché i deboli che ci si è impegnati a difendere sono individui.
                Così il compito che abbiamo di fronte non è quello di salvare le Nazioni Unite così come sono, ma quello di rifarle, dando vita a qualcosa di adeguato alle necessità del mondo nel secolo delle indipendenze, delle questioni e dei rischi globali. La fine della guerra fredda lo ha reso possibile e necessario. E la forza soverchiante degli Stati Uniti può renderlo effettivo - se, e solo se, gli Usa saranno una parte integrante di questo ordine, così come sono stati parte integrante del precedente ordine della guerra fredda.
                Ciò che l´Europa ora deve temere è che questa opportunità storica mondiale non solo vada perduta, ma venga preclusa, tanto più se gli Stati Uniti sostituiranno le Nazioni Unite.
                Non è proprio questa l´intenzione degli Stati Uniti? Sembra proprio che mirino a distruggere l´intera struttura del diritto fondato sui trattati per rimpiazzarlo con il principio della propria volontà nazionale priva di impedimenti. Per questa ragione, se mai ci sarà un ordine mondiale cosmopolitico, dovrà esserci anzitutto una forza capace di controbilanciare il potere degli Usa. Questo luccichio militare negli occhi dei bolscevichi neoconservatori americani abbisogna di essere controbilanciato da una voce oppositiva dell´Europa. Un´Europa cosmopolita può e deve contribuire a una situazione nella quale le relazioni internazionali non siano più militarizzate o i trattati e le istituzioni internazionali non siano gettati nel mucchio di spazzatura della guerra fredda. Il fatto è che senza di ciò non può esserci sicurezza nemmeno per gli Stati Uniti.
                Questo è in ultima analisi il nocciolo del conflitto. Non si tratta semplicemente del fatto che gli Stati Uniti stanno agendo con zelo missionario; piuttosto, stanno perseguendo una politica dell´assoluto connotata in termini religiosi che, seguendo le sue conclusioni, dovrà condurre alla fine della politica. Se la politica è svolta nel nome dell´assoluto, non consente accordi e compromessi. Ma gli accordi e i compromessi sono l´essenza della politica e della democrazia. Nella politica dell´assoluto, il principio "o con noi o contro di noi" sostituisce la diplomazia e lo sforzo di trovare un´intesa, che presuppone la critica, è negato. La critica è trasfigurata entro i termini di un´alternativa assoluta - filoamericanismo o antiamericanismo. Nella politica dell´assoluto non ci sono altre scelte.
                Non è nell´interesse del mondo, e nemmeno in quello degli Stati Uniti, affermare il principio della guerra preventiva, che l´India può invocare contro il Pakistan o la Cina contro Taiwan. Inoltre, ora il mondo è di fronte a nuovi pericoli, dinanzi ai quali non si è mai trovato in passato. Oggi i terroristi hanno la possibilità di dotarsi di armi tanto potenti che un pugno di individui è in grado di distruggere un´intera nazione. Sono rischi che possono essere fronteggiati solo in virtù di un processo cumulativo di disarmo e di pacificazione mondiale. E questo è possibile solo attraverso una struttura di trattati che riduca la paura e accresca il potere degli apparati di ispezione. Il solo mondo pacificato è n mondo governato dalla legge.
                Ma è anche vero che l´Europa deve rendersi conto che rappresenta solo metà della soluzione. L´Unione europea è fiera di incarnare la politica della riconciliazione. Quelli che erano i rivali più irriducibili sono ora partner; un continente un tempo attraversato da una guerra intramurale è ora impensabile. Ma l´Europa non si può nascondere che senza la potenza militare degli Stati Uniti, questo mondo non sarebbe stato possibile. E, naturalmente, senza di esso non sarà possibile nemmeno su scala planetaria.
                C´è sempre la forza dietro il dominio della legge. Se l´Europa vorrà essere parte di questa forza non potrà rinunciare all´uso del potere militare. Ma non sarà presa sul serio fintanto che non avrà una sua forza. Non solo: senza di essa, non potrà neppure avere una politica estera. Ma se l´Europa riconoscerà queste carenze e vi porrà rimedio, allora forse un giorno potremo davvero affermare che l´Europa è tornata sulla scena mondiale.


                Questo è un estratto del discorso
                tenuto lunedì alla Terza Università di Roma
                (traduzione di Carlo Sandrelli)

         

         
         

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