21/10/2005 ore: 11:57
"Cult&Info" Avvocato e segretaria fedeli a San Precario
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Pagina 23 - Economia LAVORO AL CINEMA - IL FILM DI OBINO, CON SPONSOR CGIL, SUL MONDO DEI LAVORATORI ATIPICI ROMA Vite da precari, tra un’umiliazione e l’altra, illuminate dall’unico, grande sogno di un contratto a tempo indeterminato. C’è Dora, laureata con 110 e lode, magra, un po’ allampanata, che, davanti allo specchio, prima di un colloquio, ripete a se stessa «io sono intelligente...Io sono dritta, la mia postura è perfetta», e poi, in ufficio, è costretta a subire la tirannia del perfido boss della «Zenzero tv». Un’emittente che basa il suo successo su programmi come «Capperi, che fico» e «Finocchio ci sarai». C’è la collega di Dora, tutta curve e scollature, che incita l’amica: «Questa è una jungla, svegliati». C’è Marta, anche lei fresca di studi universitari, impegnata a girare di casa in casa con un questionario sul precariato giovanile. C’è Franco, agente finanziario, «nostalgico degli Anni 70», raggiunto dalla notizia che il suo romanzo «Tutti frutti» sarà finalmente pubblicato quando ormai è troppo tardi per essere felice. C’è Mario, avvocato in attesa di diventare socio nello studio in cui lavora, che festeggia con la fidanzata la notizia dell’assunzione: «Brindiamo perché da oggi sono un mostro». E su tutti aleggia un santo per sbaglio, Sandro Precario, giovane pugile finito in Paradiso prima del tempo e accolto da un San Pietro-burocrate: «Scusi, ha preso il numero?». Per lui, arrivato in cielo con trent’anni di anticipo, le uniche possibilità di riapparire sulla terra sono legate alla «pausa pranzo» o ai «pomeriggi di permesso». Diretto da Stefano Obino e lanciato dalla Cgil in occasione del secondo anniversario della legge Biagi, «Il vangelo secondo Precario» è un film-denuncia venato di ironia e leggerezza, un manifesto politico, ma anche una piccola commedia sulle condizioni di vita di molti trentenni di oggi: «Il cinema italiano - ha spiegato Obino - non ha affrontato con interesse il tema della precarietà. Quando parla dei trentenni, li descrive soprattutto attraverso i problemi sentimentali, io, con il mio gruppo di lavoro, tutti precari del mondo dello spettacolo, ho scelto di raccontare in modo diverso questa difficile situazione. Rispetto ai documentari, che spesso affrontano realtà estreme, che suscitano più compassione che identificazione, abbiamo fatto un film che fa capire come il precariato riguardi tutti, anche quelle professioni che nel passato venivano considerate garantite da un titolo di studio». Verso il finale, quando sullo schermo nero appare la scritta degli Oscar, «and the winner is», la voce del premier Berlusconi fa da contrappunto allo sfogo di Marta: «Anche questi precari, di che cosa si lamentano? Vede, noi abbiamo un sondaggio che dice che l’83% dei giovani italiani sta bene o benino...». «Il film - precisa Stefano Cella, produttore, ma anche attore e sceneggiatore - prova a raccontare un problema. Se avessimo voluto dare le soluzioni saremmo caduti nel manifesto politico». |