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"EtMaintenant..." E Massimo lavora al «Prodi-D’Alema»

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    venerd? 12 maggio 2006

    Pagina 8 - Politica

    LA LETTURA DEI DALEMIANI - PER IL PRESIDENTE DS LA FARNESINA NON ? AFFATTO UN ESILIO O UNA SINECURA

    E Massimo lavora al ?Prodi-D’Alema?
      Il governo nascer? su un asse strettissimo

      analisi
      FABRIZIO RONDOLINO
        ROMA
        C'? un aneddoto che Massimo D'Alema ama raccontare quando qualcuno gli chiede che cosa sia l'autorevolezza e che cosa, invece, l'autorit?. Protagonista dell'aneddoto ? un vecchio barone leccese - e dobbiamo immaginarci una specie di Gattopardo del Salento, in l? negli anni e nondimeno di grande prestanza - il quale agli ospiti amava dire: ?Capotavola ? dove mi siedo io?. Detta cos?, sembrerebbe la battuta del "solito" D'Alema: dove per "solito" s'intende il D'Alema presuntuoso e arrogante, quando non rancoroso. L'aria che si respira negli uffici di via dell'Arancio, il buen retiro che il presidente dei Ds si ? scelto quasi sette anni fa e che ora ? in procinto di lasciare per la Farnesina, ? per? molto diversa. Le poche stanzette che ospitano i collaboratori di D'Alema, se non fossero tanto ingombre di giornali, di libri e di fogli, parrebbero le celle di un monastero: e anche in questo dettaglio, e insomma nell'understatement ricercato e quasi esibito che sembra a tratti ricordare l'Andreotti d'annata, c'? un'eco dell'aneddoto sul barone.

        Dal punto di vista politico, la "battaglia per il Quirinale" si ? conclusa in modo sostanzialmente positivo: D'Alema ? stato in corsa e non ce l'ha fatta, ? vero; e tuttavia i tempi e i modi del suo ritiro, nella giornata di domenica, e la successiva elezione di Napolitano, ne hanno accresciuto senz'altro la stima e il prestigio politico, anche al di fuori dell'Unione. Per di pi?, la rottura nel centrodestra, che non si ? tradotta in un voto differenziato su Napolitano ma che non per questo non ha avuto e non avr? conseguenze politiche, va considerata senz'altro un successo, alla cui preparazione non ? estraneo lo stesso D'Alema (nella ricostruzione della "battaglia per il Quirinale", questo punto ? importante: perch? D'Alema abbandona la corsa, domenica, proprio perch? intravede nella mossa di Fini e Casini le premesse di una frattura strategica nella Casa delle Libert?. E di fronte al silenzio, o se vogliamo alla “mancanza di coraggio" di Berlusconi, punta decisamente sulla rottura del centrodestra e sulla simultanea elezione di un diessino al Colle).

        Infine, e come "premio di consolazione", ecco la Farnesina: che non ? affatto una sinecura, n? un esilio o una retrocessione. Al contrario: la prossima settimana nascer?, nella sostanza se non nella forma, un governo Prodi-D'Alema. Resta ancora aperta la questione del vicepremierato: D'Alema preferirebbe volentieri farne a meno, un po' perch? si tratta di un'istituzione in s? poco chiara, ridondante o inutile; e un po' perch? - cos? ne ha ragionato con Prodi e poi con Fassino, che ha incontrato ieri pomeriggio - dopo i gruppi parlamentari unici, e nel pieno del processo costituente del Partito democratico, non avrebbe senso che a far da vice a Prodi, che del Partito democratico ? il capo, andassero altri due leader dello stesso Partito democratico. Se per? Rutelli insistesse per quella che viene tutto sommato considerata una medaglietta, D'Alema naturalmente non avrebbe obiezioni.

        A via dell'Arancio arrivano per? anche altre voci. Per esempio quella secondo cui i "prodiani" - categoria, sia detto per inciso, misteriosa e vagamente esoterica almeno quanto quella dei "dalemiani" - stapperebbero champagne ? gogo per celebrare lo "stop" a D'Alema: stop definitivo, secondo questa lettura dei fatti, o comunque molto lungo, perch? dopo Prodi, cio? fra cinque anni, a Palazzo Chigi andr? un non-Ds, perch? al Quirinale c'? Napolitano; e dopo di lui, per la regola dell'alternanza, un altro non-Ds diventer? Capo dello Stato. Come in tutte le macchinazioni troppo strategiche (questa si estenderebbe addirittura per due settennati), la fantasia sembra decisamente eccedere la realt?. D'Alema, francamente, non crede una parola di questi, e altri, racconti. E' abituato, come tutti, a giocare anche sotto il banco: ma non dimentica mai che cosa c'? sopra il banco.
          Sopra il banco c'? un governo di legislatura che nasce lungo l'asse Prodi-D'Alema, e che da quest'asse sar? retto, salvato o affondato quando arriveranno le tempeste. In altre parole, D'Alema e Prodi simul stabunt, simul cadent: il che, comunque lo si consideri, ? un elemento di forza decisivo per il gabinetto che nasce. D'Alema e Prodi, del resto, sono i veri leader della coalizione, per prestigio, per autorevolezza e per il potere che detengono: incarnano due diverse culture politiche, due diverse concezioni della politica, e persino due antropologie, e tuttavia sono obbligati ad andare d'accordo. L'intesa tra i due, che accompagn? tutta la fase ascendente del centrosinistra, dall'"invenzione" dell'Ulivo alla caduta di Prodi per mano di Bertinotti, si ripropone oggi come la chiave di volta della legislatura. Anche il processo costituente del Partito democratico, del resto, ? affidato alla guida di Prodi e di D'Alema; le tentazioni "paleouliviste", che pure sono qua e l? riaffiorate e che certo hanno giocato un ruolo nella "battaglia per il Quirinale", sono considerate poco pi? che schermaglie, prive di respiro politico. Il Partito democratico si far?, e lo faranno Prodi e D'Alema: cos? almeno scommette chi conosce il prossimo ministro degli Esteri. La cui regola fondamentale ?: rispettare le leggi della politica, sempre. E fra queste c'? senz'altro quella che prescrive di stipulare un'alleanza con i forti per limitare l'interdizione dei deboli. Nel frattempo, D'Alema si sta preparando al suo ultimo finesettimana da deputato semplice. Forse in barca, forse in Puglia. E Domenico, l'autista che lo accompagna da sempre e che ? ormai una specie di zio, ripone nel cassetto il sogno di guidare la mitica Flaminia presidenziale.

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