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Made in Spain, Mango rilancia la sfida |
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di Michela Coricelli
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Veloce, poco costosa, sempre nuova. Segue le tendenze lanciate dai grandi stilisti, adattandole ad un ampio pubblico. E a tutte le tasche. La moda spagnola cheap and fast ha già conquistato una buona fetta di mercato italiano: in poco più di due anni i negozi si sono moltiplicati senza sosta. Alla fine di settembre Mango, la seconda catena spagnola di esportazione di abbigliamento femminile, aprirà il suo primo store milanese: 725 metri quadrati in via Torino, «uno dei centri nevralgici del commercio» assicura la compagnia, che ammette di non essere del tutto soddisfatta dell'ubicazione. «Abbiamo sempre aspirato a un negozio a Milano - spiega Isak Halfon, direttore del dipartimento di espansione di Mango - ma questa era la nostra seconda opzione: ci piacerebbe aprire anche in corso Vittorio Emanuele». Prima o poi, assicura, «avremo un punto anche lì». Nel cuore dello shopping milanese, a pochi metri dal megastore che Zara ha inaugurato nel 2001 e dove la catena svedese Hennes & Mauritz sostituirà Elio Fiorucci a partire da settembre. Mango, con un fatturato di oltre 950 milioni di euro nel 2002 (+13% rispetto al 2001), è stata la prima catena spagnola a sbarcare in Italia. «Oggi abbiamo già otto negozi avviati, mentre altri cinque apriranno in breve» spiega Halfon. Obiettivo per il 2004: 10 nuove inaugurazioni in Italia. Tutte in franchising, la formula scelta da questa compagnia spagnola per «entrare in un mercato difficile», «fino a qualche anno fa totalmente chiuso alle marche straniere». Ma le cose sono cambiate, «il pubblico era stanco di firme solo made in Italy», «voleva qualcosa di diverso: moda urbana a prezzi accessibili a tutti». L'accoglienza è stata calorosa: «Il negozio di Roma, a pochi mesi dall'apertura - afferma Halfon - è già al quattordicesimo posto nel nostro ranking mondiale, su un totale di 657 punti vendita». Il pubblico della moda spagnola "urbana" ha un'età che oscilla fra i 18 e i 40 anni. Quanto alla capacità di spesa, niente di più indefinito: «Teoricamente sono ragazze e donne di classe media - sostiene Halfon - ma in realtà ci sono anche molte donne di classe più alta che scelgono i nostri negozi». Il segreto? «Se guardi una vetrina di Mango, pensi subito che l'abbigliamento sia più caro di quello che è realmente. La nostra immagine è superiore ai prezzi». «Baratos», ossia economici, ma non identici in tutta Europa: all'interno dei paesi Ue la variazione può arrivare a un massimo del 15-20%. L'ingresso nel salotto milanese è una grande sfida per la società, presente in 70 paesi: in Italia conta già punti vendita a Torino, Roma, Bologna, Sanremo, Cagliari e in Sicilia, «ma Milano è un'altra cosa«. Lo store occuperà il vecchio cinema Vip: due grandi piani, collegati dalla scala originale della sala di proiezione, restaurata come parte centrale del negozio. Ascensore di vetro, linee pure e l'immancabile bianco saranno gli elementi caratteristici di via Torino. Mentre Mango prepara il debutto milanese, Inditex (il gruppo di Zara) continua la sua espansione internazionale. I 3000 metri quadrati inaugurati il 9 aprile 2001 in Corso Vittorio Emanuele II sono stati un successo, conquistando i gusti (e le simpatie) delle italiane. Anche in questo caso la moda rapida inventata da Amancio Ortega, fondatore di Inditex, punta a un pubblico ampio, senza escludere le signore più eleganti, affascinate da vetrine e scaffali che si rinnovano quasi tutte le settimane. La ricetta di Zara si basa sulla velocità: in due settimane, la compagnia dell'uomo più ricco della Spagna (con una fortuna valutata da «Forbes» intorno ai 10,3 miliardi di dollari), è in grado di disegnare, produrre e distribuire nuovi capi d'abbigliamento. Si rispettano i gusti della clientela: ciò che più vende, si produce e si riproduce. Al contrario, lo smaltimento dei vestiti che non hanno successo è immediato. La società gallega - partita da un piccolo negozio di lingerie nel 1963 (mentre il primo Zara è del 1975) - oggi conta 1.681 punti vendita in 46 paesi del mondo. Nel primo trimestre dell'anno Inditex ha ottenuto un profitto di 82,1 milioni di euro, pari al 22,8% in più rispetto allo stesso periodo del 2002. I risultati del gruppo, lo scorso anno, hanno deluso gli analisti: l'utile netto è aumentato "solo" del 29% (pari a 438 milioni di euro), mentre il volume d'affari ha raggiunto i 3,9 miliardi di euro con un aumento del 22%, e il risultato operativo (Ebit) è stato di 660 milioni. L'Italia è il 35esimo paese in cui il gruppo gallego ha lanciato la catena Zara, attraverso una joint venture fra Inditex (51%) e la società bergamasca Percassi (49%), leader nel settore del retail e dell'immobiliare. Dopo il successo milanese, Zara - che rappresenta il 76% del fatturato totale della compagnia spagnola - dovrebbe sbarcare anche a Roma, ma Inditex non conferma ancora la notizia. Il boom delle firme iberiche non interessa soltanto gli imprenditori. Il governo spagnolo vuole rafforzare le esportazioni di un settore che concentra il 3% dell'occupazione e muove 25 miliardi di euro. Nell'Ue la produzione tessile spagnola rappresenta il 10% del totale, ma l'export è fermo al 6%: nonostante si sia quadruplicato negli ultimi 10 anni, non supera i 5,6 miliardi di euro annui. In Spagna un'azienda su 10 si dedica all'abbigliamento: la rete di distribuzione al dettaglio conta 76mila negozi. Cifre che hanno spinto l'esecutivo a promuovere un Piano Globale della Moda da 48 milioni di euro all'anno. Il progetto del ministero dell'Economia è chiaro: «proiettare un'immagine solida e brillante dell'industria» tessile spagnola in tutto il mondo. |
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