20/12/2005 ore: 11:24

"Fazieide" «Sono in un vicolo cieco»

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    martedì 20 dicembre 2005

    Pagina 3 - Primo Piano


    Il Governatore getta la spugna

    «Sono in un vicolo cieco
    ma anche con Fiorani ho applicato la legge»
      retroscena
      Augusto Minzolini

      La confessione vera, quella del credente che sente di aver sbagliato, Antonio Fazio, la rende ieri sera ad un vecchio amico di tante battaglie. «Ho sbagliato - è il suo mea culpa - a fidarmi di Fiorani e ho sbagliato a non capire come si stava muovendo lui e come si stavano muovendo altre persone. Io comunque ti garantisco che ho sempre applicato la legge anche con Fiorani. Detto questo sono il primo a sapere che sono finito in un vicolo cieco». La motivazione ufficiale delle sue dimissioni, quella che secondo lui dovrebbe essere scritta sui libri di storia, Fazio l’ha illustrata invece ieri pomeriggio all’assemblea dei funzionari di Bankitalia che, nel suo ultimo giorno da Governatore, gli si sono stretti attorno come dei tifosi. «Io non ho nulla da rimproverami, il mio comportamento come sapete è sempre stato trasparente - ha spiegato con il tono delle grandi occasioni, quello in cui l’accento ciociaro si distingue di meno - ma mi dimetto perché non voglio che la Banca in cui ho lavorato una vita, l’istituzione della mia vita, venga penalizzata per me».
        Già, l’ex-Governatore vuole essere ricordato per questo atto d’amore verso l’Istituto di via Nazionale. E in fondo questo gesto e le implicazioni conseguenti sono esattamente quello che gli avevano chiesto i due uomini forti del consiglio generale di Bankitalia, Ferreri e Mirabelli, che sono andati a trovarlo ieri mattina nel suo studio a Palazzo Koch, trasformandosi in veri e propri messi di palazzo Chigi e del Quirinale.

        Tant’è che ai pochi amici che hanno parlato con lui prima che comunicasse per telefono allo stesso Silvio Berlusconi la sua intenzione di dimettersi, Fazio ha fatto questo ragionamento: «Ho resistito perché sono convinto di essere stato corretto nelle mie decisioni, ma mi hanno spiegato che se non lascio, il governo in accordo con l’opposizione potrebbe modificare profondamente la legge che regola l’istituto, ledendone autonomia e competenze. E io non voglio penalizzare una delle poche istituzioni che funzionano in questo paese».
          Così, a ben vedere, le dimissioni del Governatore corrispondono ad un accordo generale con Silvio Berlusconi e, per altri versi,con Carlo Azeglio Ciampi. Certo, nell’ultima decisione di Fazio hanno pesato anche altri elementi: il clima che si è creato nei media a seguito delle dichiarazioni di Gianpiero Fiorani ai magistrati; come pure l’opera di convincimento a cui è stato sottoposto da quegli ambienti cattolici ed ecclesiali che per l’ex-numero uno di Bankitalia sono sempre stati un riferimento importante. Il cardinale Giovanbattista Re, ad esempio, è stato uno dei primi ad essere messo al corrente da Fazio della scelta di dimettersi.
            A parte questo, l’argomentazione che ha aperto un varco nella sua voglia di resistere a tutti i costi è stata proprio l’opportunità offertagli dal premier e da Gianni Letta di poter intervenire indirettamente in questa fase di passaggio. E i primi elementi di questa intesa li ha fatti trasparire ieri lo stesso Berlusconi che ha riconosciuto la «probità» di Fazio, ha detto chiaro che il governo non ha intenzione di passare alle Authority le funzioni di «sorveglianza» dell’Istituto centrale e, in colloqui riservati, ha fatto presente che, a parte il mandato a termine per il Governatore, il governo non ha intenzione di varare una legge sul risparmio che rivoluzioni Bankitalia.
              C’è però un’altra questione che Fazio ha posto ma non si sa con quale esito: la sua successione. Ieri l’ex-Governatore ha negato anche a persone che gli sono state vicine in queste settimane che ci sia un accordo del genere: «Me ne vado - ha tagliato corto - e non so chi verrà al mio posto».

              Ma non tutti sono convinti che le cose stiano davvero così. Ieri nell’opera di mediazione tra il governo e l’inquilino di Palazzo Koch ha avuto un ruolo particolare anche il ministro per i Beni culturali, Rocco Buttiglione, che ha usato soprattutto questa tesi per spingere Fazio a fare un passo indietro: «Se ti dimetti ora - ha osservato - puoi condizionare la scelta del tuo successore. Puoi evitare che sia scelto l’esponente di una cultura diversa dalla tua. Il prossimo governatore potrà essere ancora un cattolico. Se, invece, rifiuti di mollare da qui a qualche giorno dovrai dimetterti lo stesso e sarà scelto sicuramente un’esponente il più possibile diverso da te. Insomma, avrai due scorni».
                Ed è probabile che questo ragionamento abbia avuto un certo effetto su Fazio. Un ragionamento che potrebbe accomunare l’ex-governatore, gli ambienti cattolici della maggioranza, la Chiesa. Tant’è che ieri uno dei candidati forti alla successione era proprio Vincenzo Desario, attuale direttore generale di Bankitalia, vero garante della «continuità» con l’ex-governatore. «Casini - confidava ieri pomeriggio in Transatlantico il deputato di Forza Italia, Viceconte - mi ha detto che sarà lui». Un nome che riecheggiava anche nella parole del presidente della commissione affari istituzionali, Donato Bruno: «Con Desario si premia anche il senso di responsabilità mostrato da Fazio dimettendosi. Inoltre sarebbe una soluzione ponte visto che ha 72 anni».
                  Inutile aggiungere che Desario non fa la felicità dell’opposizione. Ieri Vincenzo Visco, ex-ministro diessino, puntava tutto su Padoa Schioppa, inserendo tra i titoli di questa candidatura anche il buon rapporto con il Quirinale. Se si arrivasse ad una situazione di stallo potrebbe uscire, invece, un altro nome sempre di matrice «cattolica» ma lontano da Fazio: quell’Alberto Quadro Curzio che grazie alla sua biografia potrebbe mettere d’accordo sia Berlusconi, sia Prodi. Il personaggio, infatti, fa parte della covata di accademici vicini al vecchio maestro del Professore, Beniamino Andreatta, ma nel tempo si è avvicinato alle posizioni moderate presenti nell’Università cattolica di Milano e che piacciono tanto all’attuale ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. C’è da scommettere, comunque, che le alchimie con cui sarà deciso il nuovo Governatore non sconvolgeranno le vecchie tradizioni. «Vedete - rileva con una punta d’ironia Giampiero Cantoni, ex-presidente della Bnl, che pure nei giorni scorsi qualche giornale aveva inserito tra i candidati - per un posto del genere viene scelto o un massone, o un uomo dell’Opus dei.
                  Non posso certo andarci di certo io che non posso neanche essere presidente onorario dell’arcigay visto che non sono gay».

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