26/9/2006 ore: 11:25

"Finanziaria" Sì della sinistra alla manovra

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    marted? 26 settembre 2006


    Pagina 4 - Primo Piano
      CAMBIA IL FISCO - TROVATO L’ACCORDO CON I SINDACATI E CON RIFONDAZIONE, CHE ACCETTA UNA LEGGE DI BILANCIO A QUOTA 30 MILIARDI DI EURO
        Rivoluzione Irpef,
        s? della sinistra alla manovra


        Stefano Lepri
        ROMA
          Pi? Irpef per i ricchi, meno per i poveri: una delle scelte decisive per la legge finanziaria 2007 ? stata compiuta. Le aliquote dell’imposta sul reddito saranno riviste, eliminando i vantaggi per i redditi alti, circa 6,5 miliardi di euro, che erano stati concessi due anni fa dal centro-destra: il ?secondo modulo? della riforma Tremonti. Sar? la mossa chiave per ottenere il consenso dell’ala sinistra della coalizione e dei sindacati.
            La revisione dell’Irpef di Tremonti compariva gi? nel programma dell’Unione e il consenso era gi? vasto, anche nella Margherita; dal punto di vista politico, solo il vicepresidente del consiglio Francesco Rutelli aveva fatto resistenza fino a qualche giorno fa. Anche il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco ha tardato a dare il suo s?, soprattutto per una questione di tattica: evitare che da subito si scaricasse sul fisco una parte eccessiva della manovra di bilancio, prima che fossero definiti i tagli alle spese.
              Per questo motivo ancora ieri sera le fonti ufficiali tentavano di negare. L’ipotesi di accordo ? fragile, esposta a impennate o ripensamenti. Rifondazione comunista, ad esempio, deve rinunciare alla sua proposta di ridurre l’entit? della manovra sotto i 30 miliardi; ma ha sempre chiesto di ?far pagare quelli che sotto il centro-destra sono stati avvantaggiati?. Cgil, Cisl e Uil sono da sempre favorevoli a cancellare il ?secondo modulo? ma tacciono perch? altre questioni restano aperte. La giornata cruciale sar? dopodomani, quando il governo avr? due distinti incontri con i capigruppo della maggioranza e con le forze sociali.
                L’idea ? sempre stata di dare precedenza ai tagli alle spese. E sulle uscite dell’amministrazione centrale, la resistenza dei ministri di spesa (senza grandi differenze di colore politico) ? ancora forte. Nei giorni scorsi, Tommaso Padoa-Schioppa si ? ritrovato spesso solo a combattere contro i colleghi; i quali tutti cominciavano con il riconoscere l’esigenza inderogabile di risanare e poi passavano a sostenere che le spese del loro ministero sono tutte necessarissime e irrinunciabili.
                  Diversi ministri sono rimasti delusi dal non poter ottenere in cambio che una minima fetta delle ?spese per lo sviluppo? (la parte in positivo della manovra, 14-15 miliardi di euro) gi? assorbita quasi tutta da calo del cuneo fiscale, investimenti Anas e Fs, spese obbligate anche se non in bilancio (tipo la partecipazione a organizzazioni internazionali) e rinnovo di agevolazioni fiscali in scadenza, come quella sulle ristrutturazioni edilizie di cui si ? avuta conferma ieri sera.
                    Il menu della manovra al momento si compone di 12-13 miliardi di euro da entrate tributarie (il no di Visco a un aumento delle aliquote Iva resta irremovibile) e di 17-18 tra tagli alle spese ed entrate di altro genere. Potrebbe, ovviamente, ancora mutare da qui al consiglio dei ministri di venerd?, per ulteriori patteggiamenti politici. Al ministero dell’Economia si dice che il lavoro da fare ? ancora molto ma che la parola d’ordine di Padoa-Schioppa, ?riforme della spesa, non semplici tagli? inizia a tradursi in realt?.
                      Riforma dei meccanismi di spesa sarebbe quella gi? concordata per la sanit?, dove si rende definitivo il meccanismo delle penali per le regioni che spendono troppo, con tre miliardi di euro di risparmio. Riforma sarebbe il pi? solido meccanismo di blocco delle assunzioni e delle relative deroghe che ? in elaborazione per il pubblico impiego. Riforma sarebbe il nuovo patto che si discuter? con gli enti locali domani, con l’obbligo dei saldi di bilancio e lo sblocco delle addizionali tributarie e di altri tributi locali (si lavora per oltre 4 miliardi di risparmi).
                        I 12-13 miliardi di entrate tributarie dovrebbero quindi venire per circa met? dalla cancellazione del ?secondo modulo?; per 2-3 miliardi dall’aliquota unica al 20% sulle rendite finanziarie, con pi? tasse sui titoli e meno sui conti in banca; per 1-2 miliardi dalla revisione degli ?studi di settore? per il lavoro autonomo; e il resto da provvedimenti vari. Il ?secondo modulo? ha una storia curiosa: cos? com’? fu imposto da Silvio Berlusconi nell’autunno 2004 al ministro Domenico Siniscalco, favorevole a ridurre le tasse alle imprese, e ad Alleanza nazionale e Udc, che preferivano agire a beneficio dei redditi medio-bassi invece di quelli alti. L’idea di Berlusconi era che sgravare i redditi alti potesse dinamizzare maggiormente l’economia; ma a conti fatti anche esponenti del centro-destra riconoscono che non ha funzionato.Le richieste degli imprenditori

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