20/10/2006 ore: 12:07

"Fisco" La mia verità sul cuneo fiscale (V.Visco)

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    venerd? 20 ottobre 2006

    Prima Pagina e Pagina 9 - Economia
      LA LETTERA

      Intervento del viceministro dell?Economia sulla riforma fiscale
      "Operazione trasparente non si poteva fare di pi?"
        La mia verit?
        sul cuneo fiscale

        Vincenzo Visco *
        (* viceministro dell?Economia)
          Caro Direttore,

          l?articolo di Massimo Giannini pubblicato su Repubblica del 19 u.s. suscita qualche sorpresa e necessita di alcune spiegazioni. Vediamo:

          a) Il cuneo fiscale, come ? noto, ? la differenza che esiste tra costo del lavoro per l?impresa e la retribuzione netta che il lavoratore riceve in busta paga. Ogni anno l?OCSE pubblica i dati relativi al "lavoratore medio rappresentativo" dei diversi paesi industrializzati evidenziando l?entit? di tale divergenza che dipende da due fattori: i contributi sociali e le imposte pagate dal lavoratore (Irpef) e dall?impresa (Ires e Irap), oltre agli assegni familiari nel caso italiano. Quanto maggiore ? il cuneo tanto pi? elevato ? il costo del lavoro e quindi maggiori sono i riflessi negativi sulla competitivit? del Paese.
            In Italia, prima dell?intervento con la legge Finanziaria, il cuneo risultava di circa 5 punti superiore alla media europea (oltre il 47% del costo del lavoro in Italia, circa il 42% nella media comunitaria dei vecchi Quindici);

            b) Poich? al cuneo concorrono prelievi sia a carico delle imprese che dei lavoratori, si pone il problema di come ripartire i benefici di una sua riduzione, problema che ? stato risolto stabilendo che essi sarebbero stati ripartiti in 3 punti (60%) a favore delle imprese e 2 punti (40%) a favore dei lavoratori.

            c) Si trattava allora di decidere come intervenire da un punto di vista tecnico per le une e per gli altri. Il Dpef escluse che l?intervento potesse avvenire attraverso una riduzione dei contributi previdenziali per non interferire con il sistema pensionistico basato sul metodo contributivo. Poich? la quota di contributi a carico del lavoratore ? quasi esclusivamente di tale natura (salvo uno 0,3 per la cassa integrazione), ci? valeva a dire che la riduzione del cuneo a favore dei lavoratori dipendenti poteva essere operata solo attraverso una riduzione delle imposte o un aumento degli assegni ad essi erogati. Inoltre, si convenne che non era opportuno riservare un incremento retributivo, per quanto modesto, ai soli lavoratori dipendenti escludendo – per esempio – i pensionati e altre categorie meritevoli di sostegno, sicch?, in piena trasparenza e in accordo con le organizzazioni sindacali, si decise di effettuare l?operazione per via Irpef (componente essenziale del cuneo), mantenendo ferma l?entit? dello sgravio per il lavoratore medio e l?entit? delle risorse a ci? destinate: 3 miliardi su circa 8 complessivi, sempre che la riduzione del cuneo fosse stata generalizzata. Poich? essa ? stata limitata esclusivamente a una parte delle imprese e la somma complessiva si ? ridotta, a rigore i 3 miliardi si sarebbero dovuti corrispondentemente ridurre. La scelta ? stata invece - giustamente – di assicurare lo sgravio Irpef a tutti i lavoratori dipendenti, inclusi per esempio quelli del pubblico impiego, delle banche, dei settori "tariffati", ecc..

            d) Se, come Giannini sembra ritenere preferibile, si fosse ritenuto di intervenire riducendo di 5 punti i contributi sociali, l?effetto sarebbe stato il seguente: per quanto riguarda le imprese, per ciascun lavoratore a livello medio di retribuzione, il risparmio sarebbe stato di 710 euro di cui per? 1/3 sarebbe stato recuperato a tassazione via Ires (riduzione dei costi di produzione, aumento dei profitti, e conseguente tassazione) sicch? il vantaggio netto sarebbe stato, tenuto anche conto di una piccola riduzione dell?Irap (30 euro), di 2,1 punti; per il lavoratore dipendente, sempre al livello medio di retribuzione, il salario al lordo delle imposte sarebbe passato da 21.494 a 21.968 euro, l?Irpef sarebbe aumentata di 155 euro, il vantaggio netto sarebbe risultato di 319 euro (1,3 punti). Inoltre, non vi sarebbe stata la riforma Irpef; almeno per alcune categorie vi sarebbe stato il rischio di ripercussioni sulle pensioni; e sicuramente vi sarebbero state molte (legittime) proteste da parte di numerose categorie. In compenso, ai livelli di reddito pi? elevati vi sarebbe stato un aumento retributivo lordo di 2 punti che al netto dell?Irpef si sarebbe ridotto di circa il 40%. La scelta del governo ? stata invece quella di concentrare gli sgravi sul lavoratore rappresentativo (il pi? frequente) che ? quello rilevante ai fini della competitivit?, di escludere i redditi pi? elevati e, per le imprese, di eliminare dall?Irap la componente costo del lavoro; poich? l?imposta ? indeducibile dall?Ires, ci? assicura un beneficio maggiore di una corrispondente riduzione di contributi. Al tempo stesso, il Governo ha deciso di escludere dalla manovra imprese che – a torto e a ragione – appaiono, per i settori in cui operano, meno bisognose di sostegno in questa fase;

            e) Gli effetti contabili della manovra sono molto semplici: data la retribuzione media lorda (al lordo cio? dei contributi a carico del lavoratore e delle imposte) di 23.669 euro, il lavoratore vedr? incrementare la busta paga esattamente di due punti, cio? 468 euro l?anno, per via della riduzione dell?Irpef e dell?aumento degli assegni familiari. E? questo un risultato che si ottiene in media considerando la distribuzione delle famiglie con e senza figli. Le imprese vedranno invece ridursi il costo del lavoro di tre punti, e cio? di 703 euro, per via della riduzione dell?Irap. Complessivamente, la riduzione del cuneo ? effettivamente di cinque punti, mentre il taglio di cinque punti dei contributi, considerando gli effetti indiretti sulle imposte, avrebbe ridotto il cuneo di soli 3,5 punti; in altri termini, il Governo ha realizzato una riduzione pi? ampia di quanto promesso in campagna elettorale, sia per le imprese che per i lavoratori.

            Si dice anche che, operando in questo modo, si sovrappone e confonde l?intervento perequativo con quello a favore dello sviluppo creando confusione. Non ? esattamente cos?: la riforma dell?Irpef ? stato lo strumento con cui, in modo assolutamente trasparente, consapevole e comunicato, si ? realizzato lo sgravio previsto dall?operazione cuneo (e, come si ? visto, non esistevano alternative credibili in proposito, n? tanto meno pi? vantaggiose per gli interessati); al tempo stesso si ? operata per quella via una limitata perequazione tra i redditi. Ma all?intervento perequativo concorrono nella manovra molti altri fattori: la tassazione dei redditi di capitale al 20%; per quel poco che conta, la riforma dell?imposta di successione; le misure contro l?evasione fiscale; gli interventi a favore del lavoro precario (previdenza, sanit?, assegni familiari, ecc.); le misure a favore delle famiglie, dei giovani e dell?occupazione femminile.
              Infine, ? ovvio che tutti i pezzi della manovra si tengono. Le difficolt? di comunicazione, di percezione, di condivisione derivano in realt? da un solo fattore: la necessit? del risanamento e la limitatezza delle risorse. Se vi fossero state pi? risorse disponibili, si sarebbe potuto evitare anche il modesto aggravio fiscale sui redditi pi? elevati, essere pi? generosi con le imprese, pi? comprensivi nei confronti dei ministri di spesa, ecc. Purtroppo la situazione ? quella che ?: il Governo e la maggioranza ne erano consapevoli fin dall?inizio. Probabilmente l?opinione pubblica meno, ed ? per questo che occorre un particolare impegno nell?informazione e nella comunicazione.

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