16/3/2007 ore: 10:07
"Gdo" Coop & Conad: La guerra delle 2 rosse
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Pagina 204/208 - APPROFONDIMENTI Ma da qualche tempo tra Coop e Conad, la prima e la seconda catena di distribuzione in Italia, è competizione aperta. Al punto che qualcuno parla, come nelle migliori famiglie, di parenti serpenti. E, sebbene i diretti interessati tendano a minimizzare («Noi non ci sentiamo affatto tallonati» dice ridendo Tassinari, dall’alto del suo podio da 11,5 miliardi di euro di fatturato, 1.297 punti vendita e 52.800 dipendenti), è un fatto che la temperatura sta salendo. Perché al Conad non nascondono un sogno: il sorpasso. A colpi di alleanze internazionali, nuovi prodotti e punti vendita, pubblicità a tappeto, come pure sfide sulla frontiera delle liberalizzazioni, a partire dalla benzina. «Non si può togliere a nessuna impresa l’ambizione di diventare prima, è un obiettivo molto difficile, ma ci proviamo» ammette De Berardinis. E se qualcuno grida allo scandalo, aggiunge: «E perché mai? Sarebbe come se la Ferrero rinunciasse a far concorrenza alla Barilla perché sono entrambe socie della Federalimentare e iscritte alla Confindustria». In effetti, qualche motivo di polemica esiste. E non sempre nasce dalla guerra sugli scaffali. Nella sua strategia di crescita, infatti, il Conad a gennaio di quest’anno ha stretto una alleanza per unificare gli acquisti con la Interdis (insegne Sidis e Dimeglio) guidata da Paolo Barberini. E questo ha avuto due effetti: un ulteriore passo avanti nella conquista di quote di mercato: da solo il Conad vale circa il 10 per cento del mercato, contro il 17 della Coop, ma con le sue alleate Rewe Italia e Interdis è balzato al 18,8 per cento contro il 23,8 della galassia Coop con Despar, Sigma e Il Gigante. Ma anche il matrimonio con un nemico ufficiale della Coop Italia. Barberini infatti è l’attuale presidente della Federdistribuzione, associazione che raggruppa tutte le grandi catene del commercio moderno organizzato, compresi gli stranieri di Carrefour e Auchan. E la Federdistribuzione, il 4 aprile 2006, ha presentato un esposto alla Commissione europea «sugli aiuti di stato concessi in violazione alla normativa comunitaria alle principali cooperative di consumo aderenti a Coop Italia sotto forma di un trattamento fiscale di favore», puntando gli strali, oltre che sui vantaggi fiscali, sulla raccolta di denaro dai propri soci-consumatori attraverso il «prestito sociale». Di fatto, una forma di risparmio alternativa per i soci che hanno una ritenuta alla fonte sugli interessi maturati pari al 12,5 per cento anziché il 27 applicato dalle banche, e soprattutto una forma di finanziamento a basso costo per la Coop, che nonostante il limite di 30 mila euro a deposito è arrivata a raccogliere 11,1 miliardi di euro da oltre 1 milione dei suoi 6,2 milioni di soci. Una cifra pari al fatturato. «L’esposto è precedente all’arrivo di Barberini, noi non c’entriamo» dicono al Conad. Ma è indubbio che insieme ai big delle catene straniere vedono quanto meno con «invidia» l’utilizzo di un canale che a loro non è precluso di diritto in quanto cooperativa, ma di fatto non è utile né utilizzabile visto che a differenza della Coop Italia non hanno alle spalle milioni di soci-clienti, bensì poco meno di 3 mila soci imprenditori. In ogni caso, è certo che né la Coop Italia né il Conad aspettano la risposta della Commissione europea per affilare le armi della competizione. Il Conad preme e riduce le distanze, ritagliandosi un ruolo da player europeo. Ha iniziato nel 2001 alleandosi con i francesi della Leclerc, con cui oggi gestisce 27 ipermercati, che diventeranno 31 entro il 2008. Ha proseguito nel 2004, agganciando alla sua centrale d’acquisto la tedesca Rewe (insegne Billa e Standa) e nel febbraio 2006, creando a Bruxelles la Coopernic, la prima cooperativa europea della distribuzione che vale 96 miliardi di euro sommando i fatturati dei soci Leclerc, Coop Suisse, Rewe, Colruyt. E adesso, novità assoluta, il Conad prosegue con un programma che prevede l’espansione all’estero. «Per un’azienda come noi varcare i confini non è facile come per le multinazionali Carrefour o Tesco, ma proviamo a esportare l’italianità come impresa» dice De Berardinis. Partito con Malta, il Conad da luglio ha aperto tre punti vendita in Albania, paese destinato a diventare testa di ponte verso il Montenegro, la Macedonia, forse la Grecia. W l’Italia. O no? Tutte mosse che vengono giudicate da «amico del giaguaro» dalla Coop, che, forte della leadership in Italia, va dritta per la sua strada. E sfodera un piano di sviluppo da qui al 2008 «tutto nazionale» che prevede l’apertura di 60 punti vendita, di cui 23 ipercoop, con un investimento di circa 1,2 miliardi di euro e 4.800 nuovi posti di lavoro e una particolare attenzione al Sud (quattro strutture solo in Sicilia nei prossimi tre anni). Spiega Tassinari: «Non credo si sentisse la mancanza di accordi per aiutare lo sbarco di insegne straniere come ha fatto il Conad con Leclerc. Pensiamo che la nostra missione, oltre che il modo migliore per avere un vantaggio competitivo, sia di lavorare per i consumatori, ma anche per gli agricoltori e produttori italiani». Non a caso, uno dei punti di forza della Coop è il prodotto a marchio: da solo rappresenta un fatturato di oltre 2 miliardi di euro, che ne fa una delle prime cinque grandi imprese alimentari italiane, e viene realizzato per il 90 per cento da fornitori italiani. «Un fatto economico sociale, ma anche di qualità e sicurezza» secondo Tassinari, che dai fornitori pretende l’adeguamento a standard più restrittivi di quelli previsti dalla legge (esclusione di coloranti e di ogm), la disponibilità a sottoporsi a frequenti verifiche (4 milioni di euro investiti per 2,9 milioni di analisi e 2.869 ispezioni all’anno). L’ultima mossa? Un progetto varato a febbraio che prevede l’adesione volontaria dei fornitori di prodotto a marchio Coop (parte un primo drappello di 160) agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sanciti dal protocollo di Kyoto, nonché l’adozione di azioni mirate alla riduzione dei consumi energetici. Sul prodotto a marchio il Conad, che ne ha fatto uno dei punti chiave della sua strategia, e della campagna pubblicitaria, è deciso a ribattere. E progetta di far salire le vendite a marchio Conad dall’attuale 15 per cento del fatturato al 25 con nuove linee, tra cui una ecosolidale in collaborazione con Coop Suisse e Leclerc, ma soprattutto con una gamma di prodotti di primo prezzo europea. «Per ora abbiamo un marchio in comune con Leclerc, si chiama Eco+ e conta già un centinaio di referenze nell’alimentare e 180 nel non food, ma è allo studio un marchio comune europeo per tutte le catene della supercentrale Coopernic e i suoi 17 mila punti vendita» anticipa De Berardinis. Occhio ai prezzi. Tra le due catene si combatte a tutto campo su quelli che sono considerati i temi caldi per il consumatore, dalla qualità alla sicurezza, all’ecologia. E a colpo si risponde sul colpo. La Coop lancia il progetto Kyoto? Al Conad ribattono con il fotovoltaico. La cooperativa di Forlì ha appena inaugurato un magazzino dotato di un impianto fotovoltaico di 1.200 metri quadrati che garantisce una parte significativa del fabbisogno energetico del centro di distribuzione, e consente di ridurre di oltre 100 tonnellate l’anno l’emissione di CO2. «Vogliamo diffondere questi impianti in tutti i centri di distribuzione» promette De Berardinis. Ma cosa accade nella disfida Coop-Conad quando si passa alla cassa? Secondo l’indagine di Altroconsumo, che nel 2006 ha messo a confronto i prezzi di 150 prodotti di marca, freschi e confezionati, in 559 supermercati e 95 ipermercati di 39 città italiane, c’è un testa a testa sugli iper, mentre nei super si conferma un vantaggio della Coop, con prezzi più bassi del 2,9 per cento nel 2005 e dell’1,4 nel 2006. «Il Conad sta recuperando terreno, anche se nei supermercati sono entrambi lontani dal leader Esselunga» spiega Michele Cavuoti, curatore delle ricerche di Altroconsumo. Fuori dal carrello. Ma da qualche tempo, a livello internazionale, la competizione si sta spostando fuori dalla spesa classica. «I cugini della Coop inglese mi confermano che le buste della spesa coprono solo il 46 per cento del loro fatturato, tutto il resto viene da nuovi settori come viaggi, farmaci, assicurazioni e persino funerali» dice Tassinari. «Vincerà chi saprà imporsi fuori dal carrello». Così anche le due italiche «rosse» («Ma noi siamo manager, non politici» protestano Tassinari e De Berardinis) sono impegnate a ritagliarsi punti di forza sulle nuove frontiere, e destinate a scontrarsi di nuovo. Con un’unica eccezione, almeno per il momento: le benzine. Perché mentre la Coop, alla luce delle liberalizzazioni della riforma Bersani anche sulla vendita del carburante, sta ancora «valutando se valga la pena studiare una strategia», al Conad hanno progetti ambiziosi, sfruttando la competenza (e le raffinerie) del socio francese Leclerc. Dopo Gallicano, in provincia di Lucca, dove vendono benzina scontata tra 7 e 10 centesimi al litro, hanno appena aperto un impianto a Trentola, Caserta. «La nostra insegna vuole avere il prezzo più basso sulle singole piazze» spiega De Berardinis, la cui squadra sta già lavorando sui biocarburanti. Per il resto è tutto un inseguirsi, anche se la Coop su alcuni filoni è la lepre. Nei farmaci per esempio conta già 49 corner Coop Salute, che toccano 15 milioni di euro di fatturato, e prevede di arrivare a 90 nel 2007. Ma soprattutto ha un piano nei medicinali a marchio. «Entro l’anno lanceremo l’aspirina e la tachipirina Coop, e sulla base di questa esperienza industriale decideremo se fare da soli o in partnership con industrie farmaceutiche» rivela Tassinari. Insomma, progetti più ambiziosi del Conad, che cerca di distinguersi con parafarmacie di grandi dimensioni inserite nelle gallerie commerciali, oltre che negli iper (oggi siamo a quota 7) e nei supermercati (previsti 50 punti vendita). Anche sui libri la Coop è avanti: nel 2006 ha costituito una società, la Librerie Coop, e prevede con la sua catena di arrivare a 8 negozi a fine anno. Ma il Conad, che per ora ha solo reparti nei punti vendita, studia il recupero. Spiega De Berardinis: «Stiamo lavorando con Leclerc che ha una sua catena chiamata Espace culturelle per riproporre in Italia quel formato: nel secondo semestre 2007 apriremo due cantieri prova». E sui telefoni, passione e tormento (economico) degli italiani? Qui tutte e due stanno lavorando pancia a terra, per arrivare prima. «Molto dipende dalle normative e dalle autorizzazioni che avremo, di certo non saremo un semplice rivenditore di traffico a sconto, ma un vero operatore telefonico virtuale, con una propria politica di marchio» azzarda Tassinari, che ha scelto la Tim come partner. Mentre al Conad ufficialmente non hanno ancora definito il socio telefonico e trattano «anche» con la Vodafone. «Di certo partiremo subito dopo l’estate, con una procedura molto semplice: il cliente paga alla cassa la ricarica, ottiene uno scontrino con un codice con il quale attiva il credito» spiega De Berardinis, che sulla base dell’esperienza della Coop Suisse non esclude un proprio brand telefonico. Insomma, parenti serpenti no, ma certo concorrenti accaniti. Persino sui gossip. Nelle ultime settimane si incrociavano voci che davano per certo l’approdo al Conad di Sergio Foti, direttore generale vendite della Unilever, e quelle che lo vedevano al contrario prossimo braccio destro di Tassinari alla Coop. Foti probabilmente non andrà né alla Coop né al Conad e farà altro, ma la guerra continua. |