"GiustiziaUltima" Il ricordo dell'ambasciatore Toscano
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marted? 12 dicembre 2006
Pagina 20 - Esteri
Il ricordo dell?ambasciatore Toscano: nel ?74 offr? rifugio ai dissidenti nella residenza italiana di Santiago
?Noi, giovani diplomatici italiani cos? salvammo gli oppositori del golpe?
il cile diviso in due In quei giorni la vera divisione non era tanto tra destra e sinistra Ma tra assassini e gente per bene Gente che giurava: non torturer? mai
ROMA - Trent?anni fa, all?epoca del golpe di Pinochet, la nostra ambasciata a Santiago divenne rifugio e salvezza per circa seicento cileni che altrimenti sarebbero stati scannati nelle segrete della Giunta. Se oggi in Cile l?Italia ? ricordata anche per questo, ci? si deve al personale di quell?ambasciata, in particolare ai diplomatici, all?epoca di secondo piano, che si trovarono a decidere cosa fare. Con uno di loro, l?attuale ambasciatore a Teheran Roberto Toscano, rileggiamo questa pagina che ci fa onore.
Come arrivaste alla scelta di accogliere nell?ambasciata quelle centinaia di cileni?
?Non fu una precisa decisione politica: capit?. Ci capit?. Al momento del colpo di stato l?ambasciata era retta da un giovane incaricato d?affari, Piero De Masi. Con lui, due diplomatici ancora pi? giovani: Damiano Spinola ed io. Cominciammo ad aiutare gli italiani in pericolo, com?era nelle nostre funzioni "normali". Poi aprimmo i cancelli ad alcuni di discendenza italiana. Infine i cileni cominciarono ad auto-rifugiarsi saltando il muro della residenza.
Altri diplomatici avrebbero sigillato l?ambasciata col filo spinato, come accadde nel 1975 in Argentina, subito dopo il golpe.
?Ricorda quel documentario di Rochlitz, The Righteous Enemy? Vi appare il nostro console a Salonicco durante la Seconda guerra mondiale. Quando il regista gli chiede perch? avesse rilasciato passaporti italiani a tanti ebrei che di italiano avevano niente, lui risponde: lei li avrebbe lasciati deportare??.
Chi indirizzava i cileni all?ambasciata italiana?
?I primi arrivi furono casuali ma presto intuimmo una certa regia. Veniva al mio ufficio una suora italiana, Valeria Valentin, morta pochi anni fa: lasciava pacchi e lettere che dovevo portare agli asilados, i rifugiati. Ma veniva un po? troppo spesso, cos? capii che non solo aveva indirizzato da noi la gente in pericolo ma li aveva accompagnati, e persino aiutati a saltare il muro?.
Agiva da sola?
?No, era parte di una rete di religiosi e laici. Conobbi l?"organizzazione" solo pochi giorni prima di lasciare il Cile, quando suor Valeria mi condusse dal vescovo Ariztia, che mi abbracci? e mi ringrazi? per tutto quello che l?Italia aveva fatto?.
Come si viveva nell?ambasciata insieme ai rifugiati che in alcune fasi arrivarono a sommare fino alle 150 persone?
?La residenza era grande e trattavamo bene i nostri rifugiati. De Masi cercava di gestire l?ambasciata con il massimo di "normalit?". Livia Meloni trovava i fondi per la mensa nelle pieghe del bilancio dell?ambasciata. L?archivista Cesare Rampioni contrabbandava bambini nella sua macchina e sospetto che abbia rischiato anche qualche pallottola indicando ad alcuni il lato migliore per saltare il muro?.
E poi, una notte del novembre ‘74, vi gettarono all?interno dell?ambasciata il corpo d?una ragazza uccisa.
?Sembrava un bambino tanto era piccola e smagrita. Chiesi ai rifugiati di sfilare davanti al corpo. Qualcuno la riconobbe: Lumi Videla, moglie di un dirigente del Mir. Poco giorni dopo arriv? una lettera microfilmata del Mir che ricostruiva quello che era avvenuto. In seguito all?uccisione del marito la Videla era stata catturata e condotta nel centro di tortura di Villa Grimaldi, dove nello stesso periodo fu detenuta e torturata la figlia di un generale leale ad Allende, l?attuale presidentessa del Cile Michelle Bachelet?.
Il regime voleva far credere che la Videla fosse stata uccisa in una rissa dentro l?ambasciata. Come reagirono i militari quando smontaste questa versione?
?Smentendo i militari li avevo implicitamente accusati d?essere stati loro i colpevoli di quell?omicidio. Lasciai il Cile pochi giorni dopo: essendo diventato un "nemico della giunta" ero ormai neutralizzato, e quindi inutile?.
Lei ha scritto un libro in cui sostiene che l?etica non ? irrilevante nelle relazioni internazionali. Tesi controcorrente. Cominci? a maturarla nel Cile di quei mesi?
?Il Cile mi insegn? che anche se etica e politica non coincidono, qualsiasi scelta politica va sottoposta a un vaglio morale. Me lo insegn? mettendomi a confronto con persone che facevano scelte etiche perfino opposte a quelle politiche. In Cile la linea di confine pi? importante non fu quella che divideva chi era di destra da chi di sinistra, ma un?altra: di qua gli assassini, i loro complici e quanti restavano passivi, conniventi; di l? la gente perbene. Mi torna in mente ci? che mi confid? un rifugiato cileno dell?ultrasinistra: mentre lo torturavano si era reso conto che se le cose fossero andate diversamente avrebbe potuto essere lui nei panni del suo aguzzino. Giur? a se stesso: torturatore, mai?.
(g.r.)
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