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domenica 14 gennaio 2007
Pagina 2 - Politica
Finocchiaro: ha vinto il pragmatismo di Prodi
«LA COALIZIONE ESCE più coesa perché c’è stata una discussione vera e anche su capitoli importanti dell’agenda delle riforme si è trovato un punto comune». Per Anna Finocchiaro, capogruppo dell’Ulivo in Senato, da Caserta vengono segnali positivi. «È emersa la voglia di cambiare il Paese»
di Maria Zegarelli/ Roma
Un problema c’è, lo ammette. «La comunicazione». In realtà, anche un altro ce ne sarebbe: la legge sulle unioni civili. Ma per il resto, Anna Finocchiaro, ds, capogruppo dell’Ulivo in Senato, si dice convinta dai risultati del conclave di Caserta.
Presidente, Prodi ha detto che dopo Caserta la maggioranza è più coesa. Leggendo i giornali si intuisce altro. Lei che lettura ne dà?
«Ne dò una lettura positiva, compresa la fine del tormentone “riformisti contro radicali”. Partiamo dal giudizio strettamente politico: la maggioranza esce più coesa perché c’è stata una discussione vera e anche su capitoli importanti dell’agenda delle riforme si è trovato un punto comune. Il primo è quello che riguarda la riforma della previdenza, che è partito con una “cifra” interessante e che per altro corrisponde al modo più innovativo di affrontare la questione: non è solo un fatto contabile ma va inserita in un quadro più ampio di misure che riguardano il lavoro, la sua precarietà e quindi la sua stabilizzazione, il supporto che può venire alle imprese da ammortizzatori sociali - che coprano il periodo di assenza di lavoro aiutando un processo di innovazione - e, infine un approccio che parta da un altro punto di vista».
Quale?
«Da come fare affinché le giovani generazioni, che hanno lavorato in questi anni in un regime di flessibilità diventato precarietà, possano al momento della pensione guardare con tranquillità al futuro pensando di poter avere una vita dignitosa e serena. Parliamo cioè di welfare, di ammortizzatori, di diritti, di un sistema di regole che aiuta anche l’impresa e di un forte impegno sulla formazione professionale. In questo quadro i tempi ribaditi da Prodi sono quelli già segnati in sede di concertazione con i sindacati: 31 marzo».
Da Caserta ci si aspettava un annuncio sulle liberalizzazioni. Che non c’è stato.
«Quello delle liberalizzazioni è uno dei profili più importanti del programma dell’Unione, anche perché era una promessa fatta cinque anni fa da Berlusconi e mai mantenuta. Le liberalizzazioni devono essere finalizzate alla crescita e alla creazione di nuove opportunità per i soggetti finora esclusi, come i giovani professionisti...»
Appunto, “crescita” era una delle due parole d’ordine del vertice. Bersani aveva pronta la “lenzuolata”, Rutelli ha frenato e ipotizzato la cabina di regia. Alla fine Prodi ha corretto: ci sarà un coordinamento del premier. Le sembra che tutto sia filato liscio?
«Essendo un intervento che copre ambiti molto diversi, che non riguardano soltanto il ministero delle Attività produttive la soluzione trovata da Prodi mi sembra di assoluto buon senso. Bisognerà stringere un nesso, ad esempio, tra i provvedimenti di liberalizzazione che interessano la competenza delle Attività produttive e quello che di innovativo stiamo discutendo, e di cui continueremo a discutere fino a trovare l’accordo, in tema di servizi pubblici locali».
L’altra lettura che se ne dà è che Prodi abbia dovuto mediare tra Ds e Margherita.
«Ribadisco: ritengo assolutamente rassicurante il coordinamento di Prodi. Non credo che sia una mediazione».
Quale era l’eccezionalità di questo lungo consiglio dei ministri in trasferta?
«Basta guardare le materie che c’erano dentro per capirne l’eccezionalità. Cento miliardi per il Sud, con una indicazione molto precisa non solo delle aree di intervento ma anche con una linea programmatica molto chiara: individuare le opere strategicamente importanti, finalizzarle, fino a delineare un quadro in grado di colmare il gap del Mezzogiorno. Poi, se a questi finanziamenti si aggiungono quelli del fondo Fas allora siamo di fronte a uno stanziamento davvero eccezionale. Altri temi: riforma della Finanziaria e riforma delle autorità, come la Consob; federalismo fiscale; attuazione del titolo V della Costituzione che si aspetta da sei anni; riforma dei servizi pubblici locali; misure di accelerazione dei servizi della pubblica amministrazione; il progetto “un’ impresa in un giorno”, fatto straordinario per il nostro paese e, ancora il pacchetto giustizia, che prevede misure per l’accelerazione del processo cile, l’attuazione di ulteriori risorse per far funzionare i tribunali durante le ferie estive. Non mi sembra poco».
Dunque, ci troviamo di fronte a un problema di comunicazione?
«Sì, forse c’è un problema in questo senso. Ma dopo cinque anni di governo di centrodestra, ne preferisco uno che lavori bene e comunichi maluccio a uno che lavora male ma comunica bene».
Vero, non fosse che le elezioni si vincono con i consensi...
«Giusto, ma noi abbiamo vinto le elezioni perché la gente ha sperimentato che la grande promessa berlusconiana non si è tradotta in fatti. Credo che il pragmatismo di Prodi sia saggio. Ammetto, tuttavia, che un maggiore investimento sulla comunicazione bisognerebbe farlo».
A proposito di comunicazione, sembra non essercene affatto tra Rosy Bindi e Barbara Pollastrini sul tema dei pacs, malgrado Caserta. Continua ad essere ottimista?
«Durante la discussione sulla Finanziaria questo tema della unioni civili ha infiammato il dibattito nell’Unione e nell’Ulivo che si è concluso felicemente con un impegno del governo ad adottare entro il 31 gennaio un testo di legge. In ogni caso esiste il Parlamento e l’impegno che anche personalmente mi sono assunta nel mediare tra le diverse posizioni non intendo disattenderlo. Se entro il 31 gennaio arriverà il ddl del governo verrà discusso con gli altri. Il Senato, comunque, ha già avviato la discussione. Non vogliamo spaventare nessuno, ma troveremo una posizione saggia e arriveremo ad un testo di legge unitario».
Facciamo un bilancio: al vertice si poteva fare di più?
«Penso che noi dobbiamo tenere sempre molto tesa la corda dell’ambizione di modernizzare questo paese e non ci dobbiamo accomodare neanche per un attimo. Non perché ci sia un luogo politico che si chiama riformismo, ma perché esiste una necessità del paese di recuperare il ritardo che la separa dal resto d’Europa e ne frena la crescita».
Ma lei farebbe un altro vertice in stile Caserta?
«Farei più consigli dei ministri come questo e soprattutto finirei ciò che abbiamo cominciato. Mi auguro che l’opinione pubblica possa sempre monitorare quello che il governo fa. Noi siamo chiamati alla coerenza e se faremo le cose che abbiamo annunciato la gente capirà».
Roberto Maroni sulle pagine dell’«Unità» ha lasciato intravedere un’apertura sulle riforme. Che ne pensa?
«La leggo come un tentativo di sintonizzarsi verso quella parte degli schieramenti politici, il nostro, che davvero sta iniziando a camminare, come sul federalismo fiscale. Se davvero entro primavera noi avremo un testo e avremo raggiunto un accordo penso che questo possa dare alla Lega una prospettiva che non ha trovato con Berlusconi».
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