"Intervista" A.Caputo: «Le sanzioni ci sono, ma è difficile applicarle»

22 Dicembre 2003
IL GIUSLAVORISTA «Le sanzioni ci sono, ma è difficile applicarle» L’esperto: lo sciopero selvaggio può portare al licenziamento e all’arresto
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intervista Nino Pietropinto
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TORINO CONTROchi non rispetta le modalità di attuazione dello sciopero ci sono sanzioni di varia natura, da quelle comminate dall’azienda, che possono arrivare al licenziamento, a quelle previste dal codice penale. Ma quando ci sono astensioni selvagge, improvvise, fuori dal codice di autoregolamentazione concordato con i sindacati, diventa tutto più complicato. Perchè è difficile individuare le persone fisiche che hanno commesso l’infrazione. Lo dice Antonio Caputo, avvocato esperto in diritto del lavoro e problemi sindacali. «Ci va buon senso da parte di tutti - precisa - altrimenti non si va da nessuna parte e si peggiora la situazione». Quali sono le norme in materia di scioperi? «Ci sono vari tipi di sanzioni. Ma almeno finora non hanno trovato una grande applicazione. Anche perchè da anni vige un codice di autoregolamentazione per i servizi pubblici essenziali che è stato quasi sempre rispettato». Un codice che è completamente saltato negli ultimi giorni per gli autoferrotranvieri, o almeno per una parte di loro. «E’ vero, in alcuni casi non sono state rispettate neppure le fasce di garanzia, previste a tutela di altri lavoratori o utenti in genere». Chi ha fatto ricorso allo sciopero selvaggio che cosa rischia? «Ci sono due tipi di sanzioni. Come quelle comminate dall’azienda, e che prevedono la censura, la diffida, la multa fino alla misura estrema del licenziamento. Ma sono misure individuali, che possono colpire il lavoratore preso singolarmente. Negli scioperi selvaggi non è facile individuare le persone fisiche». E sul piano penale, che cosa può accadere? «Il codice prevede sostanzialmente due tipi di reati. Uno è la “inosservanza di un provvedimento dell’autorità”, l’articolo 650, che è una contravvenzione. Il caso classico è quando il prefetto dispone con un’ordinanza la precettazione degli autisti dell’Atm e quelli fanno sciopero lo stesso. In questo caso possono essere denunciati dallo stesso prefetto, dal magistrato o dall’azienda, che ha l’elenco delle dipendenti obbligati a essere presenti al lavoro: rischiano fino a tre mesi di arresto o un’ammenda fino a 206 euro. E’ una contravvenzione che può essere naturalmente oblazionata». E l’altro reato? «E’ quello più grave di “interruzione di pubblico servizio”, previsto dall’articolo 340 del codice che prevede la reclusione fino ad un anno di carcere. L’inchiesta può essere avviata d’ufficio dalla procura, ma bisogna dire che è un reato poco applicato. Anche perchè, da anni, c’è una sorta di codice di autoregolamentazione che ha evitato il ricorso a sanzioni estreme. A Torino ricordo che l’ultimo procedimento per questo tipo di reato - e riguardava un blocco ferroviario in provincia - risale a molti anni fa e si concluse con l’assoluzione». Ci sono autisti che nei giorni scorsi avrebbero voluto prendere servizio, almeno così hanno raccontato. Si sono presentati ai depositi Atm, ma poi hanno trovato le uscite bloccate da colleghi in sciopero selvaggio. Rischiano anche loro delle sanzioni? «In questo caso, che è poi il picchettaggio, si crea una situazione ancora diversa. E’ quella che il codice chiama la “violenza privata”. Punita anch’essa. Ma non sempre è facile individuare chi ha fatto il blocco davanti al cancello d’uscita dei tram». C’è anche una commissione di garanzia per gli scioperi. Che funzioni ha? «E’ presieduta da un magistrato, esperto di diritto del lavoro, composta da 9 membri. Una sorta di autority in materia di tutela dei servizi essenziali. Che segnala le violazioni e può sanzionare le organizzazioni sindacali che non hanno rispettato le regole. Ma negli episodi di questi giorni siamo in un altro campo. I sindacati sono stati scavalcati. Neppure l’accordo firmato al ministero ha fatto finire gli scioperi selvaggi».
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