"Intervista" Damiano: «il Pd sarà il partito del lavoro»
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lunedì 10 settembre 2007
Pagina 7 - Politica
L'Intervista Cesare Damiano - Il ministro spiega perché correrà alle primarie nella lista numero due con TizianoTreu: «Me l’ha chiesto Veltroni e non faremo una corrente»
«Rischio centrismo? No, il Pd sarà il partito del lavoro»
di Andrea Carugati/ Roma
«Insieme a Tiziano Treu ho aderito alla lista che sostiene Veltroni che si chiama “Ambiente, innovazione e lavoro”. Veltroni mi ha invitato a partecipare a questa lista, in cui ci sono altri esponenti di partito e di governo per raggiungere un obiettivo: allargare la partecipazione al voto del 14 ottobre». Cesare Damiano, ministro del Lavoro, racconta la sua visione del Pd e come questa si tradurrà concretamente il 14 ottobre.
Ministro, perché corre in questa seconda lista?
«Le liste per Veltroni non sono in concorrenza tra loro, ma vogliono raggiungere lo stesso risultato. Non c’è la lista della politica e quella dell’antipolitica, quella del partito e quella contro. Io sono un uomo politico e di partito che intende portare la sua esperienza, con entusiasmo e serenità, per cambiare la politica. Con il 14 ottobre questa esperienza della lista per me si conclude: non è la premessa per costruire correnti o qualcosa di simile. Eletto il segretario, tutti tireremo nella stessa direzione. O almeno io mi auguro che questo accada».
Una scelta in tandem con Treu. Perché?
«Entriamo in lista come “coppia di fatto”: abbiamo cominciato a lavorare insieme sui temi del lavoro fin da dopo il congresso Ds di Pesaro del 2001, quando Piero Fassino mi chiese di diventare responsabile lavoro dei Ds. Con Treu, che era responsabile lavoro della Margherita, abbiamo dimostrato che una fusione tra storie e esperienze diverse è possibile, che sui contenuti si possono trovare i compromessi necessari. La nostra scelta significa questo: portare la nostra esperienza nel Pd. Mi auguro che il nuovo partito abbia una radice saldamente piantata sui temi del lavoro. Se così non fosse non potrei farne parte».
Capisco l’attenzione ai temi del lavoro. Ma perché la seconda lista e non la prima?
«Veltroni ce lo ha chiesto ed ha trovato terreno fertile. Vogliamo pescare fuori dal recinto, in un mondo, quello del lavoro, che nell’ultimo periodo ha mostrato crescente freddezza verso la politica. Abbiamo già avuto molti riscontri positivi».
Eppure questa lista era nata con una forte connotazione ambientalista...
«Strada facendo si sono precisati i contorni, la lista si è arricchita. Forse ci sarà anche Giuliano Amato. Questo si è reso possibile anche perché, nel frattempo, sono successe delle cose: ad esempio il protocollo del 23 luglio su pensioni e welfare, che è perfettamente coerente con l’elaborazione politica e culturale del Pd sui temi del lavoro. Quel protocollo, che va interamente applicato e portato nella finanziaria, è la concretizzazione di una parte importante dei contenuti che dovranno caratterizzare il Pd: ad esempio conciliare crescita, sviluppo e competitività con la ridefinizione dei diritti e delle tutele del lavoro».
Lei dice che il protocollo va interamente applicato. Non tutti nella coalizione la pensano così...
«Il Parlamento è sovrano, ma il governo ha il dovere di mantenere l’integrità di quel protocollo negoziato con 40 parti sociali, le uniche in grado di cambiarne i contenuti. Io dico: attenzione a mantenere la rotta, perché cambiare in un senso significa stimolare altri cambiamenti nel senso opposto: così potrebbe saltare l’equilibrio e venire meno la forte ispirazione sociale a vantaggio dei più deboli».
Ritiene che finora il lavoro abbia avuto un peso nella discussione sulle primarie?
«Il lavoro fatica sempre a far sentire la sua voce. Ma non c’è dubbio che il protocollo e la consultazione di massa su di esso promossa dai sindacati sono un’occasione importante per mettere al centro questi temi. E poi il 22 settembre ci sarà a Roma il Forum nazionale del lavoro, con Fassino e Rutelli. Credo che ci siano le premesse per far tornare il lavoro al centro del dibattito.
Pensa che il Pd stia puntando eccessivamente verso i ceti moderati?
«C’è stata una fase in cui alcuni paventavano una egemonia dei Ds sul nuovo partito. Ora, all’opposto, altri paventano la scomparsa della parola sinistra. Si mettano d’accordo, perché delle due l’una. Io credo che l’apporto della cultura di sinistra sarà fondamentale nel Pd, senza pretendere alcuna egemonia. Non stiamo costruendo un partito centrista, ma centrale, capace di ispirare profondi cambiamenti nel sistema politico, sia a sinistra che nel centrodestra».
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