5/6/2006 ore: 10:20

"Intervista" T.Boeri: «la precarietà fa male all’economia»

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    domenica 4 giugno 2006
      Pagina 15 - Economia & Lavoro

      L'Intervista
      aTito Boeri

      Secondo l’economista, non offrire prospettive di lungo periodo significa non investire nel capitale umano e impedire la crescita della produttivit?
        ?Non ? solo un problema di equit?,
        la precariet? fa male all’economia?
          di Roberto Rossi
          inviato a Trento
            Tito Boeri, economista alla Bocconi, usa carta e penna per spiegare che flessibilit? non fa rima con precariet?. Carte e penna per spiegare, seduto in un bar di Trento, dove ha organizzato il Festival dell’Economia, che la flessibilit? ? conveniente, per l’imprenditore, per chi entra nel mercato del lavoro, e che il dibattito sulla Legge Biagi in realt? ? sterile perch? sul mercato di Legge 30 se ne ? vista ben poca.

            Boeri l’ha stupita che il governatore della Banca d’Italia nelle sue considerazioni finali abbia lanciato un monito contro la precariet??
              ?No, per niente. Non ? solo un problema di equit?, ma ? anche un problema di efficienza?.

              Non ? solo un problema politico quindi?
                ?? soprattutto un problema economico. Dare ai giovani una prospettiva di breve periodo significa non investire in capitale umano. Significa impedire la crescita della produttivit?. In Italia da anni assistiamo a un blocco della produttivit? e questo ? un problema macroeconomico?.

                Perch? secondo lei in Italia la flessibilit? ? diventata sinonimo di precariet??
                  ?Perch? abbiamo introdotto una serie di figure contrattuali, incentivandole anche fiscalmente, come per i co.co.co, che, da una parte, hanno certamente reso pi? facile il primo ingresso nel mercato del lavoro, come ? stato dimostrato dal calo strutturale della disoccupazione giovanile (circa 6 punti tra il 1998 e il 2005), ma allo stesso tempo hanno creato una sorta di mercato del lavoro secondario. E tra questi il passaggio ? incerto, senza percorsi stabiliti. Specie dove ? particolarmente debole come al Sud?.

                  Ma esiste il mito della buona flessibilit??
                    ?Non so se esiste il mito. Sono certo che la flessibilit? sia necessaria. Serve a diminuire la disoccupazione giovanile, a creare maggiori opportunit? di impiego?.

                    Presenta anche dei rischi notevoli.
                      ?Ne sono consapevole. Quel mercato del lavoro parallelo citato in precedenza ne ? un esempio. E se non si pongono delle correzioni nel lungo periodo avremo problemi di sostenibilit?.

                      Di che tipo?
                        ?Penso soprattutto a quelli di copertura previdenziale. Un co.co.co. che lavora per pi? di quarant’anni con la stessa forma di contratto difficilmente arriver? a una pensione di 5mila euro l’anno. Non avr? cio? contributi sufficienti per alimentare una pensione superiore ai minimi sociali. Secondo i dati di Banca d’Italia, c’? quasi un 10 per cento di lavoratori atipici che riceve meno di 4 euro all’ora e che magari presenta frequenti periodi di disoccupazione non coperti da assicurazioni, ammortizzatori sociali e contribuzioni figurative?.

                        Come si esce da questo circuito flessibilit?-precariet??
                          ?Facendo in modo che la flessibilit? venga applicata soltanto all’ingresso del mercato del lavoro ed evitare le discontinuit? tipiche dell’attuale sistema. Chi viene assunto, con un contratto a tempo indeterminato, dovrebbe essere soggetto a un periodo di prova di sei mesi. Serve a non scoraggiare il datore di lavoro che vuole essere garantito circa le qualit? del lavoratore. Successivamente, dal sesto mese al terzo anno dopo l’assunzione, il lavoratore ? coinvolto in un periodo di inserimento in cui viene tutelato dall’articolo 18 per quanto riguarda il licenziamento disciplinare e discriminatorio e dalla protezione indennitaria nel caso di licenziamento economico. ? questo il periodo in cui datore di lavoro e lavoratore investono in capitale umano specifico all’azienda. Al termine del terzo anno, la cosiddetta tutela reale (reintegra) viene estesa anche ai licenziamenti economici?.

                          E che vantaggio avrebbe l’imprenditore?
                            ?Di aver investito nel capitale umano. A questo punto sarebbe molto costoso separarsi da un lavoratore formato. Al tempo stesso, allungando i tempi di inserimento, questa forte protezione dell’impiego non ? tale da dissuadere il datore dall’assumere. Naturalmente queste misure si sposerebbero con l’introduzione di un salario minimo, con un incremento dei contributi per chi assume con contratti a termine che servirebbe per coprire i costi di disoccupazione pagati agli ex-dipendenti il cui contratto non sia stato rinnovato?.

                            Vuol dire superare la l egge Biagi?
                              ?Mah, di Legge Biagi c’? ben poco oggi sul mercato?.

                              Il suo pensa sia un percorso che possa trovare sostegno nel sindacato?
                                ?Epifani l’ha definita una “proposta organica” e Savino Pezzotta si era detto interessato. Sono fiducioso?.

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