3/7/2007 ore: 11:02
"Intervista" Tremonti: «Poche illusioni sui conti»
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Pagina 8 - Economia Il vicepresidente di Forza Italia: assolutamente irrealistica l´ipotesi di una Finanziaria a costo zero in autunno manovra da 24 miliardi" ROMA - A settembre arriverà una manovra da 24 miliardi di euro. «Altro che "Finanziaria zero" o di risarcimento sociale!». Giulio Tremonti, vice presidente di Forza Italia, ex ministro dell´Economia, però, la prende da lontano. Prima riflette sull´Europa, anche - sia chiaro - per parlare dell´Italia. «Nei prossimi 10-15 anni - dice - l´economia sarà la politica prevalente in Europa. Per almeno un decennio non ci sarà Europa politica fuori dall´economia e, in parallelo, sarà l´economia a pesare dall´Europa sulla politica italiana». C´è un nesso, dunque, tra il tramonto del progetto costituzionale con il successivo ripiegamento nel mini-trattato di Lisbona, e l´ultimo richiamo al nostro paese da parte del commissario Joaquin Almunia al rispetto dei vincoli finanziari. «Ha vinto l´Europa dei no sull´Europa dei sì. Ha vinto l´idea anglosassone dell´Europa-mercato sull´idea continentale dell´Europa-politica. Sono caduti i simboli federali: la Costituzione, l´inno, la bandiera, le maggioranze. Per contro l´Europa intergovernativa ha fatto gol con la creazione di una nuova figura semipresidenziale espressione dei governi e non del Parlamento», sostiene Tremonti. Proprio da lei euroscettico vengono queste considerazioni. Ha compiuto un´inversione ad U stando all´opposizione? «Guardi che chi crede nell´Europa non crede che l´Europa sia a modello unico. Non ho mai creduto all´Europa solo monetaria ma sempre nell´Europa. Secondo lei chi nel 2003 ha proposto l´Action plan for growth come variante del piano Delors con debito europeo per investimenti europei, è a favore o contro l´Europa? Chi ha proposto l´euro di carta è a favore o contro l´euro? Ma al di là di questo, sono convinto che alla fine, nel prossimo decennio, l´unica politica sarà quella economica, quella dell´Ecofin». E invece un europeista più tradizionalista, come il ministro Padoa-Schioppa, ha detto che non intende farsi mettere "la camicia di forza da Bruxelles". Sbagliato? «L´Italia ha il terzo debito pubblico del mondo ma non è la terza economia del mondo. In Europa dopo Maastricht e dopo l´euro le politiche economiche sono comuni. Ed è fondamentale che ci sia questo allineamento. Non per ragioni di sudditanza o di invadenza dell´Europa sull´Italia, ma per una ragione unitaria vera: abbiamo una moneta comune. Questo significa che il volume del risparmio o la pensione di un operaio tedesco dipendono anche da quello che si fa sull´enorme debito pubblico italiano, tra l´altro nella prospettiva di tassi di interesse crescenti». Quindi condivide la preoccupazione di Almunia per un allentamento del rigore? «La Commissione difende l´attuale "intelligente" versione del Patto di stabilità e di crescita. Il punto è che il governo italiano si trova in una situazione asimmetrica rispetto al Patto: non corregge il deficit pur essendo il ciclo economico positivo. Non solo: non fa riforme strutturali nuove ma smonta quelle che ci sono». Se fosse al posto di Padoa-Schioppa cosa farebbe? Destinerebbe l´extragettito tutto alla riduzione del debito come chiede Bruxelles? «Io dico che in Europa contano due cose: le idee e il rispetto della parola data. Se non si hanno idee almeno si rispettino i patti». I conti pubblici sembrano tornati a posto. Il piano di rientro dal deficit sta andando avanti e l´Italia sembra strutturalmente sotto il 3 per cento. «Non la vedo così. Vedo diverso. Misuriamo il "risanamento epocale". Nel 2006 deficit 2,4 per cento, nel 2007 deficit 2,5 per cento, nel 2008 deficit 2,2. Non ho mai visto un risanamento in salita o in pianura, ho visto sempre risanamenti in discesa». Considera possibile che a settembre, con la Finanziaria, non ci sarà, per la prima volta, una manovra correttiva? «Mi pare un´ipotesi assolutamente irrealistica. La mia impressione è che nella Finanziaria ci saranno 20 miliardi, anzi 24, di maggiori tagli o di maggiori tasse. Il Dpef è un documento di previsione e per questo è stato sempre costruito sulla logica del cosiddetto tendenziale. Ovvero della somma tra impegni di spesa attuali più gli impegni di spesa che sono insieme prevedibili e non eliminabili. Il Dpef lascia la logica prudente del tendenziale. Si basa solo gli impegni imposti dalla legge vigente assumendo che tutti gli altri impegni non esistano o che siano finanziabili con più tasse o con meno spese a loro volta politicamente impossibili. In sintesi: questo Dpef sta alla prossima Finanziaria come una cicala sta ad una formica, come se l´estate fosse permanente e l´inverno eventuale. In realtà, andando così le cose, di eventuale sembra che ci sia solo il governo». Per uscire dall´impasse dello scalone pensionistico, si ipotizza il meccanismo degli incentivi a restare al lavoro. La ritiene una soluzione possibile? D´altra parte anche il centrodestra introdusse il superbonus. «Non ho nulla contro gli incentivi. Ma non ci sono i presupposti perché funzionino. Perché ciò accada non devono solo essere competitivi con l´alternativa del lavoro o attrattivi più di altri progetti di vita. Soprattutto quello che è venuto a mancare è il quadro della necessaria fiducia. Chi resta a lavorare tranquillo? Chi si fida di un sistema che non sta in piedi e che ti frega a tradimento?». |