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Weinberg: «A Ppr il 100% di Gucci»
 I francesi pronti ad aumentare la quota nel 2004 MICHELE CALCATERRA
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - È tranquillo Serge Weinberg, presidente di Ppr (Pinault PrintempsRedoute), il gruppo francese controllato da Francois Pinault presente nella grande distribuzione (Printemps, Fnac, Conforama) e nel lusso a partire dal marchio Gucci. La congiuntura è in graduale miglioramento e il lavoro svolto da un anno a questa parte di riposizionamento e di ristrutturazione del gruppo sta dando buoni risultati. In aggiunta, l'acquisizione del 100% di Gucci è cosa praticamente fatta: c'è tempo fino alla primavera del 2004 per concludere l'operazione ma le risorse finanziarie necessarie sono fin da ora largamente disponibili, così come sembra ormai prossimo un accordo con Domenico De Sole e Tom Ford per quanto riguarda i loro contratti in scadenza rispettivamente nel marzo e nel giugno del 2004. Signor presidente, nessuna difficoltà su Gucci? Direi di no. La situazione è in sensibile miglioramento nel settore del lusso e il marchio Gucci è un importante "giacimento" di risorse con una redditività molto elevata. Inoltre, il polo costruito attorno a Gucci, vale a dire Ysl, Bottega Veneta, Boucheron e Sergio Rossi sta crescendo bene. Circolano però frequentemente indiscrezioni su rapporti non proprio idilliaci tra lei, De Sole e Tom Ford. Si dice anche che De Sole potrebbe rimpiazzarla. È così? Non mi risulta e aggiungo che i nostri rapporti sono buoni. Mentre se lei si riferisce ai contratti in scadenza, ci stiamo lavorando insieme, non abbiamo ancora concluso alcun accordo, ma credo che una intesa potrebbe essere raggiunta in tempi brevi. E per quanto riguarda l'acquisizione del 100% di Gucci? Al momento controlliamo oltre il 67% del capitale. Dovremo arrivare al 100% entro l'aprile 2004, ma per quanto concerne il finanziamento della quota restante non ci sono problemi, tenuto conto del fatto che il 30% di Gucci vale attorno a 2,13 miliardi di euro e che Ppr dispone di liquidità per 5 miliardi. E questo senza contare la probabile cessione prima di allora della controllata Rexel che è valutata - se si tiene conto della sola capitalizzazione borsistica e del debito - qualcosa come 3 miliardi di euro. Ritirerete il titolo Gucci dalla Borsa? Se avremo il 100%, certamente. Quali le prospettive nel lusso? Prevedete nuove acquisizioni? No, non ci sono progetti di acquisizione a breve. Il nostro primo obiettivo è infatti quello di rendere queste società redditizie. Oltre a Gucci, la sola che produce un buon ritorno è Ysl beauté, con un 7% di rendimento. Quanto tempo impiegherete a rendere il settore più redditizio? Difficile dire, perché non si tratta di un discorso omogeneo. Il potenziale è diverso per ogni società e ogni marchio. Veniamo al gruppo. Da un anno a questa parte vi state ricentrando sulla grande distribuzione, che genera l'80% del fatturato e il 60% dei risultati e sul lusso. Perché siete usciti dal settore finanziario, cedendo il controllo di Finaref? Per una serie di circostanze: il crollo della Borsa, un differenziale tra tassi attivi e passivi sempre più limitato, la crescente concorrenza delle banche nel credito al consumo, le misure restrittive varate nel settore, infine il fatto che la controparte ci offriva un prezzo più che interessante (valutando 3,6 miliardi di euro il 100% della società). Non siamo però completamente usciti da Finaref. Oggi controlliamo il 39% del capitale, che scenderà a breve al 10 per cento. Perché la vendita di altre partecipate come Guilbert? Perché non rientravano più nei nostri piani strategici e perché grazie a queste alienazioni abbiamo potuto finanziare altri investimenti. In totale abbiamo ceduto Finaref, Guilbert per 1,7 miliardi di euro, Pinault bois et materiaux per 585 milioni ed è in vendita anche Rexel. Dopo di che il processo di rifocalizzazione del gruppo sarà pressoché ultimato. E per quanto riguarda l'Italia? Stiamo crescendo, grazie al buon andamento di Emmezeta e della Fnac. Proseguiremo nello sviluppo perché è un mercato strategico per noi. In Italia contiamo oggi su 50 punti vendita, diamo lavoro a circa 4mila addetti, nel 2002 abbiamo fatturato 750 milioni di euro e 359 nel primo semestre di quest'anno.
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