21/2/2007 ore: 10:43

"Lavoro" «Farò una legge sugli ammortizzatori sociali»

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    mercoledì 21 febbraio 2007

    Pagina 33 - Economia


    IL MINISTRO DAMIANO

    «Farò una legge sugli
    ammortizzatori sociali»

    Antonia Jacchia


    Precari, co. co. pro, a termine: un universo di lavori poveri, insicuri, a bassa considerazione sociale che sfiora i due milioni di persone. Ma se il governo rimanesse in carica cinque anni e ci ritrovassimo nel 2011 cosa sarebbe cambiato e come? Per Bruno Manghi «ci vuole un po' di fortuna» e soprattutto «aziende all'altezza, se cresce il sistema delle imprese anche l'occupazione migliora, se questo non avviene potremmo abolire gli abusi ma non basta».

    Il ministro del Lavoro Cesare Damiano (foto) che assieme al sociologo ha partecipato ieri al dibattito sul «lavoro debole» — l'ultimo del ciclo organizzato dalla Fondazione «Corriere della Sera» sul tema «Italia. Una Repubblica fondata sul lavoro» — ha dichiarato le sue intenzioni per il 2011. E quella di maggior peso è una legge sugli ammortizzatori sociali «da realizzare in più tappe. La differenza tra la flessibilità italiana e quella tutelata della Danimarca — ha spiegato il ministro — è che qui se un apprendista dopo tre mesi rimane a casa è in balia di se stesso mentre a Copenaghen viene assistito». Quindi si deve migliorare l'indennità di disoccupazione. «A un patto, quello della formazione per il reimpiego, altrimenti si esce dalla regolamentazione». Da aggiungere a «contributi figurativi» e «riunificazioni delle varie casse di previdenza».

    E poi proseguire nel percorso tracciato: «confermare cioè che questo governo fa costare meno il lavoro, con il cuneo fiscale ma lo aggancia al contratto a tempo indeterminato per evitare lavori marginali sottopagati. Ma fa anche una battaglia di civiltà contro il lavoro nero, allarga le tutele per il lavoro parasubordinato, vuole accrescere la cultura della civiltà del lavoro tanto da farla diventare materia di studio nelle superiori e all'università». Un voto al governo Prodi? «Diciamo che se la cava» risponde Manghi.

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