14/7/2004 ore: 10:52

"Legge Biagi 1" Lavoro a tripla chiamata

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        sezione: NORME E TRIBUTI
        data: 2004-07-14 - pag: 23
        autore: ENZO DE FUSCO
        LEGGE BIAGI • L’interpretazione fornita dal ministero del Welfare ha esteso l’applicabilità delle disposizioni durante le ferie e nei fine settimana
        Lavoro a tripla chiamata
        Al «canale» dell’età e a quello individuato dalle parti sociali si aggiungono i periodi festivi
        Spunta una terza possibilità per le aziende di avviare il lavoro a chiamata oltre a quella prevista nel rispetto delle condizioni anagrafiche dei lavoratori e delle prestazioni saltuarie individuate dai contratti collettivi.
        Infatti, il job on call è da subito ammesso anche nei periodi predeterminati della settimana, del mese o dell’anno anche se, in questi casi, sussistono dubbi sul trattamento economico da riconoscere ai lavoratori (articolo 37, comma 1 del decreto legislativo 276/03).
        I casi ammessi. Le opinioni finora espresse sull’argomento hanno consolidato la tesi secondo cui è senz’altro possibile avviare questo modello contrattuale in base a due possibilità: quella soggettiva e quella oggettiva.
        Nel primo caso, la strada è già stata tracciata dal legislatore secondo cui il lavoratore destinatario deve essere disoccupato con meno di 25 anni o avere più di 45 anni purché espulso dal ciclo produttivo, ovvero iscritto alle liste di mobilità e collocamento.
        Il secondo caso, invece, prevede l’individuazione da parte della contrattazione collettiva delle prestazioni che legittimano il nuovo rapporto.
        Sul punto, sembrerebbe che il solo contratto a regolamentare la fattispecie sia stato il Ccnl degli alimentari piccola industria (accordo 6 maggio 2004) in cui, tuttavia, non si ricavano molte informazioni se non quelle che le prestazioni discontinue devono riguardare «esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, per le quali non sia possibile stipulare contratti a tempo parziale, per l’impossibilità o comunque la difficoltà di predeterminare i periodi di prestazione lavorativa».
        La terza ipotesi. Le prime analisi del provvedimento all’indomani dell’approvazione del decreto 276/03 riguardavano proprio l’esatta applicazione della norma contenuta nell’articolo 37 che individua alcuni periodi predeterminati in cui svolgere il lavoro a chiamata.
        Il dubbio consisteva nel fatto se, per avviare il rapporto di lavoro, tale opportunità costituiva un’ipotesi aggiuntiva a quelle sopra evidenziate, oppure se la norma intendeva regolamentare solo un particolare caso di riconoscimento dell’indennità di disponibilità. Proprio su questo aspetto è intervenuto il ministero con il documento firmato il 12 luglio scorso di risposta a un quesito formulato da un’associazione di categoria.
        Gli effetti del chiarimento. In base alla nota del Welfare, dunque, le aziende appartenenti a qualunque settore economico potranno avviare il contratto a chiamata nel fine settimana, nei periodi di ferie estive e delle vacanze natalizie e pasquali senza aspettare interventi dei contratti collettivi (articolo 36 del decreto 276/03).
        Dal tenore della norma, tuttavia, si ritiene che questa terza possibilità di avvio sia ammessa solo nel caso in cui la forma contrattuale utilizzata dalle parti preveda il riconoscimento dell’indennità di disponibilità; vale a dire, quindi, nel caso in cui il lavoratore si vincoli a rispondere alla chiamata così come previsto dall’articolo 36.
        A questa conclusione si giunge dal momento che l’articolo 37 nel dare per scontato la sussistenza del diritto all’indennità, si preoccupa esclusivamente di disciplinarne le modalità di erogazione; ossia, solo nel caso in cui ci sia l’effettiva chiamata del datore di lavoro.
        Conseguentemente questo vuol dire che se il datore di lavoro si avvale del job on call nei periodi predeterminati deve corrispondere al lavoratore oltre la normale retribuzione calcolata in base al principio di non discriminazione, anche l’indennità di disponibilità prevista dal Dm 10 marzo 2004 o, se superiore, quella prevista dai contratti collettivi. Anche se questa interpretazione sembra non essere coerente con la natura dell’emolumento, che invece va riconosciuto solo nel periodo in cui il lavoratore attende di essere chiamato, appare, però, aderente alla lettera della norma che sembra voler distinguere la previsione dell’articolo 37 dal resto delle disposizioni.
        Peraltro, il fatto che questo passaggio legislativo sia peculiare lo ammette lo stesso ministero laddove specifica che la previsione dell’articolo 37, comma 1 è una «deroga al principio generale».
        A questo punto è indispensabile che vengano fornite istruzioni ai Centri per l’impiego che, in alcuni casi, rifiutano le comunicazioni di assunzione da parte dei datori di lavoro per l’assenza di indicazioni ministeriali.

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