"Legge Biagi 1" Primi passi

giovedì 14 marzo 2004
Legge Biagi, primi passi verso la flessibilità possibile
L’approvazione del decreto attuativo nel settembre del 2003
ROMA - Marco Biagi è stato ucciso due anni fa, il 19 marzo 2002, la riforma del mercato del lavoro che prende il nome del consulente del governo vittima delle Brigate rosse è del 14 febbraio 2003 (legge 30) e il decreto attuativo è del 10 settembre 2003 (numero 276). Non solo. Lo stesso decreto prevede ben 43 rinvii alla contrattazione con le parti sociali e con le Regioni e gli enti locali per rendere operativi molti degli strumenti previsti. Insomma: è presto per fare un bilancio di quella che, insieme con il riordino della scuola, è la più importante riforma fatta dal governo. Un provvedimento sul quale si è spaccato il sindacato, con la Cgil che continua a considerarlo negativamente, e che invece ha fatto dire al presidente della Confindustria, Antonio D’Amato, che si tratta della riforma che rende il mercato del lavoro italiano «il più flessibile d’Europa».
TROPPE NORME - Se un bilancio è prematuro, si possono però azzardare alcune prime valutazioni. La riforma si sta rivelando complicata da attuare. C’è un eccesso di norme, hanno osservato molti studiosi. La legge delega 30 è fatta di 10 articoli, il decreto 276 di 86. E a questi si dovranno sommare le regole che scaturiranno dal processo di contrattazione. «Il paradosso - commenta Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro, senatore della Margherita - è che una riforma che voleva deregolamentare il mercato del lavoro ha introdotto una mole di norme così pesante come non si era mai visto». Il rischio è che si alimenti un forte contenzioso, a tutti i livelli. Dalle cause individuali a quelle già promosse da alcune Regioni (e sulle quali dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale) che, ai sensi del nuovo titolo V della Costituzione, reclamano la competenza esclusiva su alcune materie trattate dalla riforma. Ma queste difficoltà sono state messe nel conto dal governo, il quale resta convinto che, dopo il periodo di rodaggio, la riforma produrrà i risultati attesi, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e quindi l’aumento dell’occupazione. Del resto, osserva il sottosegretario al Lavoro, Maurizio Sacconi, anche la riforma Treu del ’97 (la prima a introdurre la flessibilità) entrò a regime solo alcuni anni dopo.
IL NUOVO COLLOCAMENTO - La riforma apre il collocamento ai privati. In pratica alle agenzie di lavoro interinale. Manca però il decreto ministeriale che deve passare al confronto con le Regioni, alcune delle quali, appunto, si oppongono. Grande novità è la «borsa telematica del lavoro». Una rete internet dove far confluire liberamente tutte le richieste e le offerte di lavoro provenienti da collocatori pubblici e privati, dalle imprese e dai singoli lavoratori. Affinché il progetto diventi realtà bisogna far dialogare le reti regionali e degli altri soggetti secondo standard comuni. A questo fine i ministeri del Lavoro e dell’Innovazione stanno mettendo a punto un decreto con le specifiche tecniche da seguire.
I NUOVI CONTRATTI - Pienamente operativo è il nuovo part-time. Il ministero ha già emanato una circolare per spiegare le nuove norme di flessibilità degli orari. Obiettivo: far aumentare il ricorso a questa forma di lavoro ancora poco utilizzata rispetto alla media europea. Utilizzabile anche il lavoro ripartito o job sharing (due lavoratori si dividono lo stesso posto). Il lavoro intermittente o «a chiamata» è operativo per i disoccupati con meno di 25 anni e più di 45 (un decreto ministeriale ha definito l’indennità di disponibilità da corrispondere) mentre negli altri casi non può partire perché manca il previsto accordo tra sindacati e imprese. Mancano gli accordi anche per il nuovo apprendistato mentre non ci sono problemi per i «contratti di inserimento» che sostituiranno i contratti di formazione lavoro. Altra novità è quella delle prestazioni occasionali (giardinaggio, baby sitter, lezioni private, eccetera) utilizzabili attraverso buoni da acquistare alla posta e con i quali pagare il lavoratore. Potrà partire solo dopo il necessario decreto ministeriale. In attesa di decollo anche lo staff leasing , cioè il lavoro interinale a tempo indeterminato: mancano le necessarie autorizzazioni alle agenzie.
I CO.CO.CO. - Dovrebbero trasformarsi in lavori «a progetto» oppure in rapporti di lavoro dipendente a tutti gli effetti. Obiettivo della riforma è proprio quello di impedire che dietro le collaborazioni coordinate e continuative si nascondano ancora rapporti di lavoro subordinati (con conseguente elusione contributiva). Nella pratica la novità sta incontrando parecchie resistenze. Le imprese non vogliono perdere i vantaggi dei vecchi co.co.co. e già sono stati raggiunti significativi accordi con i sindacati dove, in cambio di alcune concessioni salariali o normative, viene prorogata la validità delle collaborazioni in deroga (autorizzata dalla riforma) alla scadenza del 24 ottobre 2004 prevista dalla stessa legge.
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Enrico Marro
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 Economia
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