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"McDonald’s" La capitale del lavoro a tempo

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    sabato 22 ottobre 2005


    Pagina 16 Economia & Lavoro



    McDonald’s, la capitale del lavoro a tempo
      24 ore alla settimana per 550t al mese, ma sono sempre di più quelli che restano a lungo

      di Luigina Venturelli / Milano

      MC JOB - Solo pochi anni fa era considerato l’extrema ratio nel mondo del lavoro, quello da accettare in caso di estrema necessità e in attesa di trovare di meglio. Ne era nata l’espressione «Mc job», sinonimo d’impiego a basso indice di specializzazione, soddisfazione e retribuzione. Oggi non più. Il lavoro nel colosso mondiale degli hamburger è sempre quello, ma il panorama di riferimento è tanto cambiato da rendere necessarie nuove gerarchie: è meglio svolgere compiti creativi dibattendosi tra stage gratuiti e collaborazioni mensili o assicurarsi uno stipendio sicuro friggendo patatine?
        A giudicare dal rallentamento del turn over nei Mc-ristoranti pare che la seconda risposta vada per la maggiore. Il ricambio occupazionale annuo si aggira intorno al 20% con notevoli disparità per aree geografiche: se nelle grandi città del Nord si arriva a punte del 40%, nel Sud e nelle Isole la percentuale è tra lo zero e il 5%. «A Milano e Roma la rotazione è molto veloce - spiega il direttore business di Mc Donald’s Italia, Corrado Cagnola - perchè di lavori part-time nella ristorazione per giovani se ne trovano molti. Nel Meridione, invece, impieghiamo soprattutto dipendenti storici che con i nostri stipendi hanno anche messo su famiglia e acceso un mutuo per la casa».
          Così il tempo di permanenza medio dei lavoratori è passato dai 12 mesi dei primi Novanta ai 3-4 anni di oggi. «C’è stato un lento assestamento del personale - racconta Luciana Bruno, dipendente di Roma e delegata Filcams Cgil - i ragazzi tendono a restare almeno il tempo necessario per completare l’apprendistato, perchè da Mc Donald’s i contratti sono in regola e fuori il lavoro è una chimera. Iniziano con il part-time da affiancare agli studi e poi magari restano, come è successo a me: ero iscritta all’università, ma gli orari e le mansioni da Mc Donald’s erano troppe impegnativi, così - stante anche una particolare situazione familiare - ho dovuto scegliere. E ho scelto un lavoro sicuro».
            In tutta Italia ci sono 330 fast-food Mc Donald’s che impiegano 12mila dipendenti diretti, di cui 8mila part-time e 4mila full-time. Il contratto d’ingresso nella catena è quello di apprendistato, che per 24 ore settimanali assicura per tre anni una retribuzione di 450 euro, con pochi contributi e la malattia pagata solo per tre giorni e per tre eventi patogeni all’anno. Dopo di che si arriva al contratto a tempo indeterminato e a 550 euro mensili: un passaggio che l’azienda assicura, «confermiamo il 99% degli apprendisti che ne fanno richiesta, dato l’impegno che mettiamo nella formazione del personale», ma che i lavoratori non danno affatto per scontato.
              «Al momento della conferma iniziano a renderti la vita difficile per farti andare via, ti danno i turni più scomodi, i permessi quando non ti servono, le mansioni più pesanti» racconta Lorenzo, dipendente in un fast-food della periferia milanese. «La flessibilità è tutta a favore dell’azienda e i giovani vengono gestiti senza problemi perchè non conoscono i loro diritti. La politica del lavoro è il più possibile di passaggio, per questo siamo sempre in carenza d’organico» ribadisce Anna, da 5 anni in un ristorante di Torino.
                Un discorso diverso vale per quanti credono davvero nell’americanissima filosofia Mc Donald’s: entra nell’equipaggio, se sei disposto a lavorare duramente, un giorno potrai diventare store manager! Sono i dipendenti a tempo pieno, i responsabili e i vice-responsabili dei singoli fast-food cui spetta la vigilanza sulle altrui mansioni per quasi mille euro al mese, per loro l’azienda prevede tre diversi corsi di formazione, in alcuni casi comprensivi di due settimane all’estero. «Questa faccenda della crescita professionale nel sistema Mc Donald’s funziona davvero - sostengono i dipendenti - l’azienda premia chi fa lavorare gli altri in modo sempre più veloce ed efficente, non importa in che modo: dando permessi retribuiti solo a chi è sempre disponibile per i notturni, assicurando le mansioni più piacevoli a chi è disposto a cambiare i turni da un giorno all’altro, discriminando i più deboli».
                  L’elasticità nella gestione del personale è del resto caratteristica fisiologica di Mc Donald’s: «I ritmi molto veloci del servizio rispecchiano una nostra esigenza primaria - spiega ancora Cagnola - per questo chiediamo ai nostri ragazzi di essere dinamici, anche nella turnazione tra le mansioni: stare sempre in sala, alla cassa o in cucina sarebbe noioso anche per loro». Di diverso parere le organizzazioni sindacali: «Le leggi interne di Mc Donald’s non sono immutabili come il diritto canonico - ribatte Gabriele Guglielmi, della segreteria nazionale Filcams Cgil - e spesso contrastano con la nostra legislazione nazionale: mischiano le mansioni, impongono flessibilità assoluta sugli orari, non adottano una contrattazione aziendale». E sì che i fast-food italiani sono gli unici sindacalizzati nel globale panorama Mc Donald’s. Provvidenziale eredità delle catene preesistenti come Burghy, acquistate anni fa per riuscire a sfondare nella difficile ristorazione del Belpaese.

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